
25 aprile, dal 1945 al 2025
Il 25 aprile si è data memoria, come ogni anno, a un momento saliente della storia del nostro Paese.
Oggi facciamo festa. Per noi è vacanza. Ma non se ne coglie sempre bene il senso, e non se ne riesce sempre a trarre l’insegnamento più importante. Al tempo si seppe dare concretezza alla voglia di creare qualcosa di diverso.
Un poeta tedesco dice, del popolo italiano, che è stato sempre in grado di salire sul catto dei vincitori. Si trascura però di ricordare il perché e il come.
Noi celebriamo la liberazione d’Italia con particolare trasporto, perché quell’occorrenza ricorda molto la missione di Meritocrazia Italia, una missione fatta di persone che non si arrendono a una realtà che non va bene, che non vogliono essere meri spettatori, lettori di notizie scritte da altri.
Vogliamo tornare a essere protagonisti e creare spazio per un pensiero libero dai vincoli delle ideologie.
Un risultato che può raggiungere solo chi ci crede, con costanza e fiducia.
Il Comitato Nazionale per la Liberazione non si arrese allo stato delle cose. Circa duecentomila uomini si schierarono con le forze americane per riportare a libertà il nostro territorio. Ci fu una battaglia quartiere per quartiere. Tante le vite sacrificate. 1830 vittime a Marzabotto. 335 civili a Roma, nelle fosse ardeatine.
Oggi non troviamo il tempo neppure per leggere per intero un articolo di giornale.
Fa pensare l’arresto di Mussolini. Fu portato dapprima sull’isola di Ponza, per dieci giorni. Non a Ventotene, come inizialmente programmato, per la presenza di tanti detenuti di diversa ideologia arrestati per suo ordine. A Ponza incontrò Pietro Nenni, che era stato suo amico di infanzia e con il quale aveva condiviso il periodo del socialismo, un socialismo di sinistra. L’ideologia può cambiare ed essere asservita a interessi diversi.
La Storia ci fa capire quanto sia poco utile mettere punti fermi alle proprie idee.
I punti di vista possono essere tanti, e cambiare nel tempo. Ci si può pentire di certe battaglie, di solo principio.
Neppure da sottovalutare è il ruolo rivestito dalle donne della resistenza, che rischiarono la vita aiutando a nascondere i ricercati, facendo propaganda antifascista, recuperando i beni di prima necessità e dando supporto a persone in difficoltà che neppure conoscevano. Presero il posto degli uomini, impegnati in guerra, in tante attività a loro riservate. Tutto per consegnare la libertà a chi oggi parla di democrazia.
Alla fine, fu la reazione del Popolo a portare alla Carta costituzionale, la Carta del sacrificio, delle libertà e dei diritti, oltre ogni ideologia.
Non ci sarebbe mai stata Costituzione senza 25 aprile.
Ma per quel 25 aprile è stata necessaria l’opera di tantissimi che scelsero di mettere la missione davanti alla propria stessa vita, contro l’oppressore e con voglia di rendere giustizia a beneficio di sarebbe venuto dopo, consapevoli che non avrebbero potuto vivere la bellezza della vittoria perché quasi sicuramente non sarebbero sopravvissuti alla battaglia.
Su questo va tarato il concetto di libertà.
Grazie a quel sacrificio, oggi combattere per la libertà perduta è molto più semplice di allora. Bastano piccoli gesti. Basta lavorare sul proprio quotidiano.
Quest’impegno, però, non deve essere vissuto come un’ossessione. Non riusciremmo a cogliere il messaggio lanciato quel 25 aprile e resteremo esposti al trionfo del nichilismo, con annientamento del pensiero divergente. Che poi è quello che un po’ sta già accadendo. Basti pensare all’omologazione sociale che emerge dall’uso dei social.
Vogliamo essere il nuovo comitato di liberazione, per riportare buon senso in una realtà che, per ora, un senso non sembra più averlo.