Alluvioni e pulizia dei fiumi
Si dia ascolto al grido di allarmeResta inascoltato il grido di allarme di chi cerca di proteggere il Paese dal consumo del territorio, dalla cementificazione selvaggia delle speculazioni edilizie e dalle grandi opere stradali. Resta inascoltato chi chiede che si investa in manutenzione delle strade, specie provinciali.
Negli anni Ottanta l’attività di pulizia trasformava i fiumi in cave mobili per il recupero di materiali per l’edilizia a basso costo, con conseguenze disastrose per l’habitat naturale, ma da allora sono stati fatti passi in avanti e oggi il vero ostacolo sono i costi e la frammentazione degli interventi, che spesso gravitano sulle casse dei comuni.
Dall’altro lato, gli eventi sembrano sempre più equatoriali, non soltanto in ambito agricolo, con l’invasione di nuove tipologie di insetti nord africani, ma anche in termini di precipitazioni.
Eppure il tema del cambiamento climatico non è ancora affrontato davvero, nonostante nell’ultimo anno, in alcune zone d’Italia, si sia passati in pochi giorni da una siccità estrema a una quantità ingestibile e devastante di pioggia in poche ore, pari a quella caduta in sei mesi negli anni passati.
Bisognerebbe usare i mesi di siccità come opportunità per pulire i fiumi e i torrenti, ma con fornitori già selezionati prima, e non ridursi a tamponare, quando possibile, l’emergenza.
Le più efficaci azioni di prevenzione restano la creazione di vasche di laminazione o l’identificazione di nuove aree golenali, entrambe caldeggiate da anni dagli ambientalisti.
Le prime sono dei serbatoi di stoccaggio temporaneo delle acque di pioggia, raccolte da una superficie impermeabile (strade, parcheggi, tetti, coperture in genere, magazzini, marciapiedi,…) durante un evento meteorico. La loro funzione è quella di regolare la portata di pioggia scaricata verso un recettore finale (pubblica fognatura, fossato, corso idrico,…) in maniera che sia convogliata una portata non superiore a un limite stabilito dagli enti territoriali e/o gestori del servizio fognatura.
Nelle vasche di laminazione a gravità l’acqua è convogliata nel serbatoio mediante una tubazione di ingresso e viene scaricata verso il corpo recettore attraverso una tubazione di uscita, posta sul fondo del serbatoio. Il diametro di quest’ultima è tale per cui la portata massima di scarico è sempre inferiore a quella che è possibile immettere nel corpo recettore. In questa maniera, in caso di forti precipitazioni, l’acqua che eccede la portata di scarico si accumula temporaneamente nel serbatoio e verrà rilasciata in un arco temporale più lungo o può essere immagazzinata per altri usi (pulizia, agricolo, ecc).
Le seconde non sono altro che zone di terreno pianeggiante adiacente al letto di magra di un corso d’acqua, che viene sommersa quando le acque sono alte.
Si chiama anche ‘argine di golena’ lo spazio esistente tra l’argine e il letto di magra, quando il corso d’acqua è arginato.
Le prime hanno un costo e vanno ben progettate soprattutto identificando i settori urbani strategici per la loro funzione. Mentre le seconde non hanno un costo diretto, ma, vista l’ampiezza, sottraggono spazio edificabile ai Comuni.
Serve un nuovo intervento normativo a presidio della sicurezza del territorio, che induca le Regioni a combattere il consumo del territorio, blocchi l’edificabilità delle aree golenali o terreni alluvionali in classe, e preveda risorse per l’analisi, la progettazione e la realizzazione di vasche di laminazione urbane o a cielo aperto.