Avanzamento PNRR
Tra rallentamenti e nuove prospettive
Il conseguimento nei tempi previsti dei 44 traguardi (milestone: adozione di norme, conclusione di accordi, aggiudicazione di appalti, avvio di sistemi informativi) e dell’unico obiettivo (target1: assunzione degli addetti nell’ufficio per il processo) previsti per il primo semestre 2022 ha aperto la strada alla erogazione da parte dell’Unione europea della seconda rata dei 191,5 miliardi di risorse del Next Generation Eu.
La tabella di marcia del Piano prevede ora che il Paese raggiunga entro dicembre altri 55 obiettivi, portando a 100 quelli totali del 2022, così da poter accedere alla terza tranche di fondi, pari a 21,8 miliardi (dei quali saranno effettivamente erogati 19).
Se le milestone sono state raggiunte, preoccupazione destano invece i traguardi e gli obiettivi intermedi, a carattere interno, che pure avrebbero dovuto essere conseguiti entro la fine del mese di giugno.
Ci si riferisce ai 70 obiettivi intermedi nazionali e agli ulteriori 55 legati ai progetti finanziati con il Fondo complementare del Next Generation Eu.
Su questo versante ancora timidi sono i passi compiuti nell’avvio di riforme da cui si attendono risultati di maggiore rilievo nel prossimo futuro (la riforma dell’amministrazione finanziaria e di quella fiscale, la riforma del catasto, il miglioramento della competitività del sistema produttivo, la riforma del quadro di revisione della spesa pubblica). I dati resi pubblici relativi ai progetti complementari indicano che solo poco più del 50% delle somme stanziate sono state impegnate e pagate.
Pur registrandosi segnali positivi, persistono, dunque, lentezze nell’attuazione.
Lenta è stata l’implementazione all’interno delle singole amministrazioni delle strutture tecniche di coordinamento delle attività del PNRR; pur essendo stati adottati i relativi atti regolamentari, non tempestivamente si è proceduto a completare le dotazioni organiche delle strutture, soprattutto in relazione ai profili dirigenziali; ancora limitata è la disponibilità di strutture tecniche a sostegno delle capacità progettuali delle amministrazioni territoriali, il cui rafforzamento è stato frustrato dalle mancate assunzioni programmate con i due bandi per il Sud che non hanno sortito gli esiti sperati, così come non si è proceduto ancora ad aggiudicare il bando per il 5G dopo l’insuccesso del primo.
Anche la fase dell’efficientamento energetico legata ai bonus edilizi ha da ultimo subito una brusca battuta d’arresto.
Nel caso degli enti locali del Mezzogiorno, questi rallentamenti sono stati accentuati dalla concentrazione temporale dei bandi di selezione dei progetti e di assegnazione delle risorse e da una situazione pregressa di dissesto e di penuria di dirigenti tecnici da cui gli stessi enti provenivano.
Per altro verso, l’accelerazione della capacità di progettazione e di attuazione delle opere e di utilizzo dei fondi è una condizione necessaria, ma non sufficiente per il pieno successo del PNRR.
Alla fine, quello che conterà per il futuro del Paese saranno la qualità e l’efficacia degli interventi realizzati nell’ambito del Piano.
In questa prospettiva si programmino per tempo le misure necessarie
– a consentire un’autonomia energetica del Paese mediante l’utilizzo di fonti di energia rinnovabile, con conseguente riduzione delle emissioni climalteranti le cui ricadute pratiche si sono fatte prepotentemente sentire con la siccità a oggi dilagante in tutta la Penisola;
– a rafforzare, a regime, la capacità tecnica e amministrativa degli enti pubblici, veri protagonisti della fase attuativa del Recovery, anche tenendo conto dell’elevato numero di opere da realizzare concentrate in lasso di tempo ristretto e della difficoltà a reperire addetti qualificati e manodopera (sulla cui penuria ha inciso non poco il reddito di cittadinanza);
– a far fronte alle prevedibili implicazioni dell’ulteriore aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia sui costi di attuazione del PNRR neutralizzando anche le manovre speculative che hanno contribuito ad incrementarne i costi;
– a ridurre la pressione fiscale sulle aziende;
– a ridisegnare le vigenti politiche attive del lavoro per consentire una reale ripartenza dell’economia del Paese.
Si programmi per tempo, dunque, e si investa in interventi strutturali in grado di ridisegnare realmente la fisionomia del Paese, abbandonando le ormai anacronistiche logiche emergenziali.