Cancellazione Anpal: non sia un ritorno al passato

Cancellazione Anpal: non sia un ritorno al passato

La cancellazione dell’Agenzia nazionale per le politiche attive sul lavoro è una mossa che non stupisce.
Del resto, dalla sua istituzione a oggi, non ha prodotto quel rilancio del mercato del lavoro tanto auspicato. Non è riuscita a colmare quel vuoto di indirizzo e di matching indispensabili all’attuazione di adeguate politiche attive sul lavoro.

Da ultime analisi Istat, il livello di disoccupazione complessivo si attesta al 7,2%, dato confortante rispetto al passato, il livello di disoccupazione giovanile è pari al 20,1%, mentre, soprattutto al sud, tra donne e giovani è in forte aumento il numero degli inattivi. Resta palese, dunque, che il tentativo di accentrare le politiche attive sul lavoro sia stato fallimentare, producendo esso stesso (rammentiamo il caso dei navigator) precarietà.

Per vero, il precedente sistema affidato a Regioni e province di era rivelato altrettanto deficitario e, dati alla mano, replicava, nella migliore delle ipotesi, i numeri attualmente prodotti. La complessità del mercato del lavoro, con un’Italia a più velocità, merita risposte ispirate a una visione nuova.
Un ritorno al passato sarebbe la consacrazione di una resa.

Meritocrazia Italia da tempo chiede politiche attive nuove, ragionando su modelli che possano essere di indirizzo e gestione e abbandonando le logiche attuali che si fondano semplicemente su domanda e offerta ex post. Il sistema dovrebbe essere basato sulle analisi delle prospettive, traversale, coinvolgendo scuola, Università, scuole professionali, mondo datoriale e lavoratori.
Tale processo è ancor più indispensabile in un mercato in forte trasformazione, dove occorrono nuove competenze: globalizzazione, digitale e IA trasformeranno fortemente la domanda attuale nei prossimi anni, con un’offerta già oggi inadeguata (visto che 4 datori su 6 dichiarano di non riuscire a trovare figure necessarie in sede di recruiting).
Non è solo un problema di formazione scolastica o professionale, che pur esiste, ma anche l’aver smesso da tempo di investire in formazione nelle sedi aziendali.

Si colga, dunque, per non fare un salto nel vuoto, l’occasione di confronto sull’autonomia differenziata per dotare le sedi territoriali di strumenti e professionalità adeguati a gestire in modo proattivo il mercato del lavoro e ciò in via preliminare. Meritocrazia Italia torna a chiedere un tavolo di confronto, partendo dall’idea di un “patto generazionale” e di un nuovo “patto sociale”.
I modelli di matching e le politiche attive, infatti, necessitano di essere condivisi, mettendo in dialogo il sistema formativo, nel suo insieme, il mondo datoriale, e le sigle sindacali maggiormente rappresentative. In tale sede dovrebbero essere previsti anche principi perequativi al fine di cercare, con una pianificazione seria e scadenzata, di colmare il divario occupazionale tra nord e sud, con particolare attenzione alle aree interne, di genere e giovanile.

Meritocrazia invita:
– all’apertura di un tavolo di confronto per la creazione di nuovi modelli di politiche attive sul lavoro;
– alla stesura di un patto sociale perequativo in grado di colmare il divario occupazionale nelle aree più depresse del paese con particolare attenzione al mondo al femminile ed ai giovani;
– a creare strumenti di analisi in grado di indirizzare, rispetto alle esigenze del mondo del lavoro, nella formazione ex ante.

Stop war.



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