Cannabis light: MI chiede di tener conto anche delle esigenze di un comparto in crescita

Cannabis light: MI chiede di tener conto anche delle esigenze di un comparto in crescita

Nello scorso mese di giugno è stata presentata la relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze 2024 (dati raccolti nel 2023), prevista dal d.P.R. n. 309 del 1990, dalla quale emerge che le violazioni per possesso di sostanze stupefacenti per uso personale nel corso del 2023 sono state 34.679 e hanno riguardato 32.346 persone; quanto alla componente economica, alla cannabis è riconducibile il 40% degli oltre 16 miliardi di valore del mercato delle droghe illecite, pari a circa 6,5 miliardi.

Se alcune proposte a favore della legalizzazione addirittura propongono il monopolio di stato a garanzia di dosaggi e principi attivi, il Governo si schiera in continuità con le proprie politiche per un giro di vite sulla fattispecie.
Per queste ragioni, è stata inserita nell’agenda dei lavori alla Camera dei deputati, una mozione dei primi di dicembre sulla base della quale i proponenti hanno sostanzialmente evidenziato come nel nostro Paese viga un quadro normativo a vocazione punitiva, che risale agli anni ’80 e che è stato ulteriormente inasprito nel corso degli anni, con estensione non solo al commercio illecito ma anche al consumo personale di droga, prescindendo da una valutazione obiettiva e scientifica sulla effettiva pericolosità sociale e sanitaria delle diverse droghe o sostanze, soggette a una continua revisione della loro classificazione, assai spesso per ragioni ideologiche o propagandistiche invece che per ragioni scientifiche, di salute pubblica o di effettiva pericolosità sociale.
Invero la tematica apre un dibattito antico e che ciclicamente ritorna, il quale orbita attorno a due assi principali. Da un lato, infatti, c’è chi rileva come si debba normare l’accessibilità ai prodotti derivati dalla cannabis, largamente usati per finalità terapeutiche; dall’altro, non bisogna trascurare la responsabilizzazione dei fruitori sulle conseguenze che l’utilizzo della stessa può determinare nella psiche, specie dei soggetti emotivamente fragili o con disturbi, al fine di permettere una valutazione in chiave comparativa e in un’ottica di bilanciamento tra vantaggi e effetti collaterali. Decisamente più problematico sarebbe immaginare tale approccio per un uso esclusivamente ricreativo, e ciò in quanto anche la cannabis crea dipendenza, talvolta rappresentando il prodromo del passaggio a sostanze più forti; a margine si potrebbe stagliare all’orizzonte la probabile evenienza che, pur a fronte di aperture normative, ciò non sarebbe sufficiente a sradicare la signoria della criminalità organizzata sui canali di accesso con ciò incidendo negativamente anche in termini di ordine pubblico (non si può sottovalutare il possibile effetto indotto di addirittura rimpinguare le casse della criminalità organizzata se questa, a fronte delle novità normative, offrisse prezzi più vantaggiosi sbaragliando la concorrenza legale).
Di converso, tra i fautori della liberalizzazione il punto cruciale attiene proprio ai necessari rapporti del mercato delle sostanze stupefacenti e psicotrope con la criminalità organizzata, per cui si sostiene in ultima analisi che liberalizzando la cannabis si sottrarrebbe alle mafie il 20% del loro fatturato a fronte di una sostanziale innocuità laddove l’uso lecito fosse consentito con una specifica delimitazione spaziale in contesti determinati verosimilmente privati.

Meritocrazia Italia chiede prudenza e che il tema venga affrontato con l’adeguata lungimiranza, a tutela delle imprese e della filiera produttiva di un settore commerciale in crescita, la cui frustrazione si palesa inefficace a contrastare significativamente il fenomeno delle dipendenze, troppo vasto e troppo delicato per essere riduttivamente limitato alle restrizioni sulla cannabis light. La cannabis light in Italia contiene livelli di THC significativamente inferiori rispetto a molti altri Paesi europei (la l. n. 242 del 2016 ha permesso la coltivazione e la vendita di cannabis con THC inferiore allo 0,2%, con un limite di tolleranza fino allo 0,6%, aprendo così un mercato legale e regolamentato per questi prodotti, escludendo espressamente dalla vendita prodotti che contengano THC in concentrazioni tali da poter determinare un effetto drogante), per cui trascurare le ripercussioni economiche di una politica eccessivamente restrittiva comprometterebbe il profilo occupazionale e quello degli investimenti, incrementando il contenzioso nei confronti dello Stato.
Stop war.



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