CAPACITA’ POLITICA E RIGORE ETICO
Il 1968 ha segnato l’avvio di una trasformazione probabilmente ancora in corso, stravolgendo le coordinate della modernità. Con forza, i più giovani hanno dato voce all’esigenza di cambiare il mondo e abbattere le ipocrisie del sociale. La classe femminile ha mosso i primi passi verso il riconoscimento della propria pari dignità. In risposta, il capitalismo lusinga da sempre con promesse di auto-realizzazione personale e promuove la forza di logiche individualistiche, d’esaltazione dell’“io”. Riduce le relazioni sociali a quella dimensione estetica oggi favorita dalle dinamiche di Rete, che falsano i sentimenti e alterano il vero.
Le esperienze del passato insegnano e forniscono armi nuove alla battaglia per il miglioramento della qualità della vita di tutti.
Il narcisismo dei leader politici procura un isolamento identitario che riporta le attenzioni sul singolo individuo e fa perdere di vista il senso della missione. Si assiste sempre più di frequente ad aggressivi attacchi personali nei confronti di questo o quel politico, capro espiatorio dell’insoddisfazione diffusa dei cittadini. Il fenomeno si è amplificato dopo i fatti del 2008, all’origine della crisi finanziaria globale.
La ricerca affannosa del comune nemico da abbattere svilisce la funzione dei partiti politici come spazio di riflessione e laboratorio di idee.
Già nel 1931, in “Etica e Politica”, Benedetto Croce osservava che «È strano che, laddove nessuno, quando si tratti di curare i propri malanni o sottoporsi a un’operazione chirurgica, chiede un onesto uomo, e neppure un onest’uomo filosofo o scienziato, ma tutti chiedono e cercano e si procurano medici e chirurghi, onesti o disonesti che siano, purché abili in medicina e chirurgia, forniti di occhio clinico e di abilità operatoria, nelle cose della politica si chiedano invece, non uomini politici, ma onest’uomini, forniti tutt’al più di attitudini di altra natura». La capacità sembra passare in secondo piano rispetto all’integrità morale del singolo. Eppure l’incompetenza dei dirigenti è sempre foriera di tensioni e malessere sociale e impedisce di sanare il malcontento collettivo.
Il Popolo ha un ruolo determinante nel processo di affermazione democratica, ma non può traguardare il risultato del progresso sociale limitandosi a farsi giudice dell’impronta morale della guida scelta. Il compito è molto più delicato. È quello di scegliere i propri rappresentati con rigore di giudizio e consapevolezza, prestando attenzione alle capacità tecniche quanto al rigore etico.
La lotta senza frontiere all’illegalità e alla corruzione merita supporto sempre, ma non quando è strumentalmente condotta al solo fine di generare consenso democratico. Non quando alimenta un pericoloso sentimento giustizialista. Non quando non è parte integrante di un piano di fattiva attenzione per tutti i problemi dei cittadini.
Lamentela e autocompiacimento costano meno fatica che agire. Per crescere servono conoscenza, motivazione e costanza.
Come insegna Papa Francesco, «[i]l cammino è metafora che rivela il senso della vita umana, di una vita che non basta a se stessa, ma è sempre in cerca di qualcosa di ulteriore. [….] Occorre rinunciare a tante strade per scegliere quella che conduce alla meta e ravvivare la memoria per non smarrirla. […] Camminare richiede l’umiltà di tornare sui propri passi, quando è necessario, e la cura per i compagni di viaggio, perché solo insieme si cammina bene. Camminare, insomma, esige una conversione continua di sé».