COESIONE SOCIALE E FENOMENO MIGRATORIO
Una nuova cultura della solidarietà
Secondo il Consiglio d’Europa, è coesione sociale la capacità di una società di assicurare il benessere a ogni singolo componente, assottigliando o elidendo disparità attribuibili a condizioni sociali, economiche, culturali ed etniche.
Chi ha altro credo, chi appartiene ad altra etnia, chi segue tradizioni e modelli di vita diversi dai più spaventa. L’obiettivo della coesione è lontano dall’essere traguardato.
Ostacolo è, tra gli altri, l’approccio al fenomeno migratorio.
Secondo gli ultimi dati Istat, al 31 dicembre 2019 risultano regolarmente residenti in Italia 5.039.637 cittadini stranieri.
Diversi i progetti virtuosi volti all’integrazione e attuati da diverse amministrazioni comunali nel corso degli anni.
Le politiche di intervento del Servizio sociale per l’integrazione della popolazione migrante non sono state nella direzione di istituire servizi dedicati, ma di favorire l’accesso degli stranieri a quelli già istituiti sul piano nazionale. L’intenzione è creare reti sociali solide, nel rispetto dei diritti fondamentali e della parità di trattamento.
Ma le diverse identità continuano a faticare nel dialogo. Non mancano tensioni che sfociano in atti discriminatori, spesso violenti, e in una segregazione sociale ed urbana.
Da un’indagine svolta dal Dipartimento di Statistica e Matematica applicata all’Economia dell’Università di Pisa (che ha preso in esame 500 soggetti tra dirigenti scolastici, enti locali, medici, Forze dell’Ordine, ecc.) è emerso che i principali ostacoli all’integrazione sono crisi economica e mancanza di lavoro.
Tanti i pregiudizi emersi. C’è chi reputa necessario creare classi composte da soli studenti stranieri, chi riconosce priorità agli italiani nel diritto al lavoro, chi si mostra geloso delle proprie radici culturali e non tollera contaminazioni. C’è, però, anche chi riconosce l’ingiustizia delle condizioni lavorative e di vita alle quali spesso gli stranieri sono costretti.
È che va ridisegnato il concetto di cittadinanza.
Le aperture alla solidarietà restano vuoti proclami se non accompagnati da opere di reale integrazione sociale e lavorativa, verso un nuovo equilibrio, con abbattimento delle discriminazioni e valorizzazione delle diversità culturali.
Occorre individuare con accortezza le aree di criticità sociale, per garantire interventi mirati ed equamente distribuiti.
In particolare servirebbe:
– inserire nei piani urbanistici strumenti specifici per contrastare la formazione di quartieri ghetto, con riqualificazione delle periferie;
– implementare il numero degli assistenti sociali e potenziarne il ruolo attivo per fasce territoriali, per consentire una mappatura efficace e costantemente aggiornata di tutti i cittadini italiani e non, che versano in condizioni di disagio economico e sociale, garantendo interventi tempestivi;
– programmare maggiori investimenti nelle politiche sociali per l’integrazione, che promuovano la conoscenza reciproca tra cittadini italiani e stranieri;
– rivedere i piani formativi fin dalla Scuola Primaria, per promuovere la coesione e l’inclusione di studenti di diversa etnia e credo religioso e in aderenza al moderno approccio multiculturalista;
– realizzare eventi e percorsi formativi e informativi per gli operatori sociali, sanitari, scolastici e per le categorie professionali;
– incentivare attività ricreative, culturali, sportive che favoriscano l’integrazione tra diverse etnie in chiave di condivisione;
– facilitare l’accesso al Social Housing alle famiglie extracomunitarie legalmente residenti in Italia che versano in condizioni di disagio economico.
Va ri-creata e promossa una ‘cultura alla Solidarietà’ ed in questo Famiglia e Scuola rivestono un ruolo fondamentale.
Lo straniero non sia un ospite, ma protagonista attivo alla vita pubblica di un Paese nuovo nel sentimento inclusivo.
Fonti:
provincia.pisa.it
lumsasantasilvia.it
istat.it
espanet-italia.net