COESIONE SOCIALE: IL ‘CASO BASILICATA’
Nel novero degli obiettivi primari per lo sviluppo del Paese, ruolo determinante è svolto dalla coesione sociale, economica e territoriale.
L’incidenza di tale fattore è stata lungamente tralasciata dalle scelte politiche degli ultimi venti anni. Improntate a logiche che hanno favorito un aumento delle disuguaglianze sociali e territoriali, queste non hanno fatto altro che acuire il divario tra le regioni settentrionali, meridionali e le aree interne del Paese, con ricadute significative sullo scenario nazionale ed internazionale.
Emblematico è, al riguardo, il ‘caso Basilicata’, identificato all’incirca trent’anni orsono nell’ambito di una più ampia ricerca sulle Regioni italiane che, nell’esaminare l’evoluzione istituzionale degli enti a partire dalla loro creazione, rilevò, nella capacità acquisita dalle Istituzioni Regionali di prendere decisioni e dare attuazione alle stesse, un risultato inaspettato per una realtà così piccola, economicamente sottosviluppata e soventemente tratteggiata nella produzione letteraria del dopoguerra, cominciando dalla celebre opera di Carlo Levi ‘Cristo si è fermato a Eboli’, come una terra dimenticata da Dio e dalla storia.
Ma ciò che nel 1987 lasciava senza risposta era l’interrogativo relativo alla possibilità che il rendimento istituzionale lucano producesse sviluppo, nelle dimensioni multiple in cui viene caratterizzato il suo concetto moderno.
A partire dagli anni ’90, dopo l’introduzione della Politica Regionale Europea di coesione, si sono susseguiti avvenimenti importanti: il radicamento dell’industria Fiat a Melfi, la scoperta del petrolio, la conservazione delle risorse idriche e naturali e la sfida portata in Basilicata dalla globalizzazione dei mercati e dal cambiamento del quadro politico italiano.
A distanza di trent’anni, il mondo è cambiato.
I risultati riportati forse non sono sufficienti per organizzare una risposta efficace alle nuove sfide create dalla crisi economica nell’epoca della globalizzazione e dai nuovi equilibri internazionali.
Nel febbraio del 2020, si è svolto in Regione il primo incontro con il Partenariato istituzionale, economico e sociale per la definizione della nuova programmazione 2021-2027 regionale cofinanziata dai fondi FESR e FSE Plus, deliberando l’avvio della Programmazione della Politica di Coesione 2021-2027 e stabilendo i principali adempimenti e fasi. Con le nuove Politiche di Coesione, si rinnova l’ambizione di rilanciare l’attenzione su grandi traguardi europei sintetizzati in modo evocativo dai titoli dei cinque obiettivi di policy proposti (un’Europa più intelligente, più verde, più connessa, più sociale, più vicina ai cittadini).
In tale contesto, la politica mantiene i suoi caratteri multitematici e, attraverso la declinazione degli obiettivi specifici dei regolamenti di Fondo (FESR e FSE+), presenta un largo campo di potenzialità di intervento.
Gli obiettivi specifici stabiliti nelle proposte di Regolamento dei fondi per i cinque obiettivi di policy tracciano il principale perimetro per individuare le opzioni di programmazione e affrontare le sfide in materia di tenuta del territorio e tutela delle risorse naturali.
Dal Partenariato sono inoltre giunti stimoli utili per la conoscenza del territorio che hanno consentito di tarare gli interventi e migliorare le opportunità professionali e occupazionali.
Un obiettivo, quello del lavoro, che viaggerà di pari passo con quello dell’inclusione e che necessita di una messa a sistema con il modello occupazione, essendo la sfida quella di realizzare maggiore integrazione tra politiche attive del lavoro e politiche sociali. A tal fine, è necessario che la Politica di Coesione non si sostituisca alla programmazione ordinaria, ma la rafforzi laddove ci siano delle criticità. A tutto ciò si somma l’urgenza di definire strategie di sviluppo sostenibile, coordinare gli interventi tra il livello europeo e quello nazionale, ma anche tra il livello nazionale e quello locale, nonché dialogare per trovare un accordo.
La missione 5 del PNRR, ‘Inclusione e Coesione’, nelle sue 3 componenti: ‘Politiche per il Lavoro’; ‘Infrastrutture sociali, Famiglie, Comunità e Terzo Settore’; e ‘Interventi speciali di coesione territoriale’, traccia indubbiamente nuove linee di interventi da seguire, integrando quelle esistenti a livello Regionale con una visione Internazionale più orientata al valorizzare i giovani e le loro problematiche (NEET) al potenziamento delle infrastrutture ed al rilancio delle aree interne con il Piano Sud 2030. Ma ciò non basta. Solo corredando il tutto con un Piano di sviluppo locale, si potrebbe realmente rafforzare e concretizzare la coesione sociale, rappresentando questo uno strumento volto a contrastare l’emarginazione di persone e territori.