COESIONE SOCIALE: STUDIO E PROGETTI
Negli ultimi venti anni, il concetto di coesione sociale è stato oggetto di crescente attenzione da parte del mondo accademico e politico. Probabilmente, il suo successo è imputabile al fatto che permette di rispondere a una domanda fondamentale sia per le scienze sociali sia per la politica: come è possibile l’esistenza della società e il suo continuo riprodursi? Detto in altre parole: cos’è che mantiene i singoli individui coesi permettendo l’esistenza della società?
Questi interrogativi riconducono alle origini della sociologia, precisamente a Durkheim, uno dei primi studiosi ad interrogarsi sul tema dell’ordine sociale. Le sue riflessioni risalgono a un’epoca di profondi cambiamenti strutturali, che segnarono il passaggio da un mondo tradizionale ad uno moderno. Non è un caso che il tema della coesione sociale sia al centro dell’attenzione ogni volta che la società è attraversata da mutamenti che ne scuotono le fondamenta. È in queste circostanze che si ripropone il tema della stabilità e della preservazione degli assetti sociali.
Durkheim (1893) individua due forme di solidarietà – meccanica ed organica – associate a due società diverse, una di tipo tradizionale, l’altra di tipo moderno.
La prima è una ‘solidarietà’ che si basa sulla somiglianza fra individui che condividono lo stesso sistema valoriale, gli stessi orizzonti interpretativi, le stesse rappresentazioni. È quindi una solidarietà che funziona in modo naturale, pertanto sarebbe meccanica. La seconda forma di solidarietà è costitutiva delle società moderne. Per alcuni versi, è l’esatto contrario di quella precedente in quanto non si basa sulla somiglianza fra individui, ma sulle differenze che sussistono fra loro. L’intervento statale è visto come un limite alla libertà di scelta dell’individuo, da ridurre al minimo, tanto da privatizzare anche i servizi sociali attraverso reti di volontariato, che dovrebbero divenire l’unica forma di assistenza. In questo quadro le istituzioni non giocherebbero nessun ruolo nel favorire l’ordine sociale, che è totalmente demandato al mercato, al comportamento degli individui e alle istituzioni private, come la famiglia, le associazioni, le istituzioni ecclesiastiche.
Al fine di rendere coerente la misurazione dei valori di coesione sociale si prendono a esame alcuni dati empirici provenienti dai territori prendendo a riferimento un indicatore composito costituto da relazioni sociali, economia, parità di genere, cultura, inclusione sociale e non discriminazione, ambiente e fiducia. Tutti ingredienti che riescono o quantomeno provano a misurare il valore di coesione in un determinato territorio.
Analizzando i dati, si evince che i valori più alti si registrano in Trentino-Alto Adige e in Friuli-Venezia Giulia; sono positivi nel Nord Italia (pur con delle flessioni), per poi diminuire e diventare negativi passando dal Centro al Sud, dove troviamo le regioni più in difficoltà (Campania e Sicilia). Per quanto riguarda l’indicatore economia si osservano i valori più alti in Trentino-Alto Adige e nel Veneto; nel resto del Nord e Centro Nord i valori sono sempre positivi, ma tendono a diminuire; decrescono diventando sempre più negativi dal Centro al Sud, dove troviamo le regioni più in difficoltà, che anche in questo caso sono Campania e Sicilia. È interessante notare che la Liguria, sebbene sia al Nord, abbia un rango basso (e quindi ha valori negativi). In termini di parità di genere, i valori più alti si registrano in Emilia-Romagna e Toscana; nel resto del Nord Italia sono positivi, ma tendono a diminuire, con lo stesso andamento di diminuzione da Nord a Sud individuato per gli indicatori precedenti. È interessante notare come la Valle d’Aosta, sebbene sia una regione del Nord, abbia valori negativi, che la portano a essere una delle Regioni più in difficoltà in merito all’attenzione alla parità di genere. L’indicatore cultura restituisce una rappresentazione dell’Italia un po’ diversa dalle analisi precedenti. La Regione con il valore più alto è il Lazio, seguita dall’Umbria. Il Nord ha valori bassi, anche se sempre positivi, mentre il Sud ha valori sempre più negativi, con la Sicilia e la Sardegna in coda. Il quinto indicatore, relativo all’inclusione sociale e alla non discriminazione, presenta valori alti in Lombardia e Veneto; nelle rimanenti regioni del Nord i valori sono comunque positivi; stesso comportamento dei precedenti spostandosi al Centro-Sud.
Una particolarità degna di nota è che Emilia-Romagna e Toscana, che per gli indicatori precedenti hanno registrato valori positivi, presentano valori negativi.
Il Trentino-Alto Adige e la Valle d’Aosta sono poi le regioni più attente all’ambiente, mentre la Lombardia e la Basilicata le meno impegnate. Infine, per quanto riguarda la fiducia, buoni risultati per Campania, Toscana e Liguria. Le più negative risultano Veneto, Valle d’Aosta e Sardegna.
Sono dati che fanno seriamente riflettere specie se rispecchiano una condizione di disagio e svantaggio delle regioni meridionali.
L’Europa, nell’ambito dei quattro fondi della politica di coesione (Fondo europeo di sviluppo regionale, Fondo di coesione, Fondo sociale europeo e Iniziativa per l’occupazione giovanile), comunica che sono stati investiti in tutta l’Unione europea più di 37 miliardi di euro.
La spesa per gli investimenti, dalla fine del 2020, è aumentata del 6%, con un totale di 289 miliardi di euro (58%) dei previsti 494 miliardi di euro per il 2014-2020 ora investiti.
In Sicilia sono attivi i seguenti programmi e piani relativi alle Politiche di Coesione: PO FESR Sicilia 2014/2020; Piano Azione Coesione (PAC); PRA (Piano Rafforzamento Amministrativo); Programma ENI Italia-Tunisia 2014-2020; Programma “Interreg V-A Italia-Malta” 2014-2020; PO FSE SICILIA (Fondo Sociale Europeo); PSR SICILIA (Programma di Sviluppo Rurale), e PO FEAMP (Fondo Europeo Affari Marittimi e Pesca).
In particolare, nell’area metropolitana di Catania sono stati attivati 6438 progetti per un totale di 1,6 miliardi di euro di cui 1,4 provenienti dal fondo di coesione.
Tra questi spiccano
– linea Catania-Palermo: tratta bicocca-motta-Catenanuova (€ 415.000.000);
– prolungamento della rete ferroviaria nella tratta metropolitana di Catania dalla stazione centrale all’aeroporto (€ 402.000.000);
– interramento della linea ferroviaria Catania-Siracusa per allungamento pista aeroporto di Catania (€ 235.000.000).
Da una rapida lettura emerge però un dato allarmante: solo il 9% dei progetti sinora è stato portato a compimento a fronte di un 87% ancora in esecuzione.
L’auspicio è che tutti i progetti cantierati possano vedere la luce. Perché solo attraverso un serio e concreto rilancio del territorio può davvero compiersi quel definitivo salto di qualità per la nostra regione.