Cogliere le sfumature, per apprezzare la meraviglia
Per comprendere bisogna anzitutto saper osservare.
L’attività umana di tutti i giorni, sociale e politica, può essere guardata da angolazioni diverse. Ma per vedere bene serve allontanarsi, per cogliere i dettagli e apprezzare le sfumature. Dall’infinito dello spazio vengono meglio in evidenza l’immensità e il blu del mare, il bianco dei ghiacci, la meraviglia della Terra. E si assapora la fortuna di essere parte di quel tutto, l’unico essere con un’intelligenza tale da poterne godere con coscienza.
Eppure, poi, avvicinandosi un po’ si scorgono le macchie della guerra e dei soprusi, e sorprende (o forse non sorprende più) quando il delirio di onnipotenza di pochi basti a deturpare tutta quella bellezza.
La brama di conquista di qualcosa, la voglia di affermare le proprie idee, a costo della divisione e dell’isolamento, indeboliscono. Accrescono le fragilità. Tra gli effetti anche la rottura, sempre più difficile da sanare, tra società civile e classe politica.
Così, ricostruire gli equilibri diventa impresa ardua. È anzitutto un fatto culturale. Ed emotivo. Basti considerare con quanta leggerezza si vive il momento della scelta dei propri rappresentanti, con quanta poca consapevolezza ci si appresta al voto e quante volte si sceglie di non esercitare neppure questo diritto fondamentale, che è anche una responsabilità importante, verso se stessi e verso gli altri.
Don Luigi Sturzo, vissuto tra il 1871 e il 1959, si occupava di politica cercando di comprendere quale sia davvero il ruolo dell’uomo comune nella società, facendo uno sforzo di sensibilità. Si convinse che chiunque sia in grado di dare il proprio contributo e partecipare al processo di costruzione della laicità della politica. Rese più forti le proprie teorie servendosi anche delle motivazioni del cristianesimo sociale, ribaltando così la concezione del tempo, secondo la quale il cristianesimo imperava rispetto a qualunque altra valutazione. Questo pensiero incontrò non poche resistenze, specie in occasione della fondazione del Partito Popolare, nel 1946.
Ogni considerazione svolta al tempo, però, aveva alla base l’interesse alla ‘vera vita’, quella costruita sul rigore etico, non sulla morale. Se la moralità appartiene alla sfera del singolo individuo, e trova composizione diversa nell’animo di ciascuno, l’etica si compone invece della porzione di moralità che ogni persona sceglie di regalare alla società. Le vere battaglie, quelle che vale la pena combattere, sono agitate da movimenti culturali e vedono sul campo persone semplici, comuni, ma appassionate, capaci di grandi ambizioni. Tutto il resto, diceva don Sturzo, non può avere un senso sociale, ma è solo la finta aspettativa egoistica di un soggetto a raggiungere un risultato, ottenere qualcosa, ma sarà sempre fine a se stesso. Questo ragionamento contribuì a chiarire quale il valore della legge e la differenza con la legalità. Negli scritti di don Sturzo vi sono passaggi meravigliosi che spiegano che una cosa è essere soggetti alla legge, altro applicare il concetto di legalità. La legalità non è sempre equilibrio. Invece è impossibile che non lo sia legge, che viene da una costruzione naturale, dalla tensione a ottenere da tutti il massimo impegno.
Nella storia di Meritocrazia c’è tanto di questo. C’è la contraddizione dei moltissimi che, pur avendo spiccata personalità ed evidenti capacità, non sono stati in grado di mettersi insieme e imparare a parlare la lingua dell’altro. Quando invece curiosità, umiltà e propensione al dialogo sono fondamentali per una costruzione stabile, e, a monte, per l’acquisizione di nuove competenze e abilità.
Si possono avere idee straordinarie, ma, se restano nel cassetto e non vengono messe in condivisione, non sono davvero idee, sono solo pensieri improduttivi, destinati a perdersi nel tempo.
Da qui l’invito ad allontanarsi, a guardare dallo spazio per riscoprire la bellezza della Terra. E ritrovare il coraggio della riconquista.