COME FUNZIONANO I FINANZIAMENTI PER LA FORMAZIONE DEI LAVORATORI
Opportunità e rischi
Il sistema della formazione continua italiano è articolato dalle Parti sociali e gestito da ‘soggetti tecnici’, gli enti di formazione, attraverso i finanziamenti e gli incentivi fiscali messi a disposizione dai Fondi Paritetici Interprofessionali per la Formazione Continua, dal Fondo Nuove Competenze, e dal Ministero dello Sviluppo Economico tramite credito d’imposta.
Istituiti con la l. n. 388 del 2000, i Fondi Interprofessionali per la Formazione Continua sono organismi di natura associativa promossi dalle associazioni di rappresentanza delle imprese e dei lavoratori, che si alimentano con il contributo obbligatorio dello 0,30% sulla disoccupazione involontaria versato dalle imprese all’INPS. Pagano piani formativi individuali, aziendali, territoriali e settoriali.
Il Credito d’Imposta Formazione 4.0, operativo dal 2017, è una misura finalizzata ad agevolare chi investe nella formazione dei propri dipendenti nell’ambito delle materie aventi come oggetto le tecnologie rilevanti per il processo di trasformazione digitale previsto dal Piano Nazionale Impresa 4.0, le c.dd. ‘tecnologie abilitanti’.
Dalla fine del 2020 le imprese possono beneficiare anche del Fondo Nuove Competenze, rimodulando e finalizzando una parte dell’orario di lavoro alla realizzazione di appositi percorsi di formazione. Il Fondo paga gli oneri retributivi, contributivi e assistenziali dei lavoratori in formazione. A questi contributi e incentivi si sommano i finanziamenti gestiti dalle amministrazioni regionali e i contributi previsti dal PNRR. I Piani Formativi finanziati, o agevolati, hanno l’obiettivo di rispondere contemporaneamente a due domande: la domanda delle imprese di rafforzare il proprio posizionamento sui mercati (promuovere lo sviluppo e l’innovazione per rispondere alle sfide della competitività sui mercati) e la domanda dei lavoratori, rispetto alla propria professionalità, e alla propria occupabilità.
Gli strumenti e gli incentivi sono integrabili, e basano la propria governance sulla bilateralità: prevedono specifici accordi fra le Parti Sociali, sia per l’articolazione dei fabbisogni che per la rimodulazione dell’orario di lavoro, senza i quali le imprese non possono beneficiare né dei finanziamenti, né del credito d’imposta. Le Parti Sociali sono chiamate a definire insieme il quadro strategico e gli obiettivi dei Piani Formativi, e costituiscono la committenza congiunta nei confronti dei ‘soggetti tecnici’ (siano essi interni o esterni all’impresa) che eseguono le fasi di rilevazione, progettazione ed erogazione della formazione.
Cosa avviene nella pratica?
Purtroppo l’offerta prevale sulla domanda.
Di norma, prima della consultazione con le Parti Sociali, i ‘soggetti tecnici’ incontrano le imprese per definire quali saranno i destinatari della formazione e i contenuti dei Piani Formativi, e solo successivamente incontrano a livello locale, territoriale e nazionale le Parti Sociali per la condivisione, le quali possono solo ratificare o meno a posteriori le istanze presentate. Il potere relazionale delle Parti (sindacati, imprese) è fortemente determinato dal presidio di conoscenze tecniche specialistiche, detenute tipicamente dai ‘soggetti tecnici’, e la sottoscrizione dei Piani Formativi non è garanzia di sostanziale condivisione, dal momento che è frutto di un’elaborazione tecnica, e la sola tecnica non può essere garanzia di bilateralità.
Il rischio (i ‘soggetti tecnici’, che articolano la domanda formativa per la quale viene richiesto il contributo, operano con logiche di mercato) è l’accumulo di condizioni di svantaggio rispetto ai fabbisogni di competenze delle imprese meno strutturate, che non sono in grado di realizzare in autonomia la rilevazione del fabbisogno, e dei lavoratori meno qualificati, su cui le imprese non investono.
La sfida delle Parti Sociali è cogliere il potenziale di innovazione e diventare attori privilegiati del governo dello sviluppo, e della rappresentazione della domanda formativa, per contribuire alla crescita di un’economia della ‘via alta alla competitività’, basata sulla partecipazione e sulla qualificazione delle risorse umane, sull’innovazione e sulla crescita dell’economia della conoscenza.
Come procedere?
Il monitoraggio dei finanziamenti per la formazione deve basarsi su parametri di efficacia (a cosa è servita la formazione?), e non solo di efficienza (quante ore, quanti partecipanti…).
Per valutare l’impatto della formazione, occorre definire l’impatto trasformativo del progetto di sviluppo che l’azienda sta mettendo in atto, che genera gap di competenze dei lavoratori coinvolti, da cui emerge l’esigenza di adeguamento professionale, per cui viene richiesto il contributo.
Già in fase di progettazione del piano formativo è necessario individuare un sistema di valutazione, che coinvolga in modo paritetico sia impresa che lavoratori, per definire con chiarezza gli impatti attesi dalla formazione e gli indicatori quantitativi e qualitativi per verificarne il raggiungimento.