Condividere, per un nuovo umanesimo

Condividere, per un nuovo umanesimo

Cosa vuol dire oggi la parola ‘condivisione’?
È un termine molto utilizzato, ma non sempre nella giusta accezione.

L’esigenza di condividere nasce dal bisogno di assicurare alle comunità stabili equilibri interni, dal punto di vista sociale ed economico. Ci si dà delle regole e si mettono in comune spazi e risorse.
Si risponde così anche alla necessità di conciliare culture diverse.
Fa da modello in questo l’impero romano.
Molti oggi richiamano l’editto di Caracalla del 212 d.C., con il quale fu riconosciuta agli stranieri la cittadinanza romana, come massimo strumento di integrazione.
Ma in epoca precedente, la cittadinanza doveva essere meritata e si otteneva soltanto grazie a un’attività continuativa. Questo per non alterare il tessuto sociale, nel quale lo straniero doveva essere già ben inserito e per il quale doveva essere già valore aggiunto.
Si capiva che integrare non vuol dire semplicemente inserire all’interno di una collettività e che, se il processo è sbagliato, si finisce soltanto per ghettizzare e creare anti-socialità.
Il nuovo cittadino doveva avere un’abitazione, una famiglia, una giusta formazione e soprattutto doveva condividere i valori dell’impero. Nessuno si sarebbe mai potuto sentire davvero parte della società senza conoscerne bene le radici culturali. Diversamente, ne sarebbe stato escluso, o avrebbe tentato di creare cellule sovversive, pericolose per la sicurezza sociale e gli equilibri.
È incredibile quanto questo pensiero, che si sviluppa in un tempo in cui ancora non si parlava di diritti costituzionali e non c’era l’eco dei mass media, sia ancora attuale. Eppure quanto poco si lavori su questo.

Sfugge il vero senso della condivisione.
Per come la intendiamo oggi, l’integrazione è solo finta accoglienza.
A migliaia di stranieri è consentito di restare in Italia, ma poi sono costretti a vivere nelle strade. Non fanno davvero parte della comunità. Il più delle volte questo serve per far arricchire pochi, con deprecabile sfruttamento di persone in gravissima difficoltà.

La condivisione, però, non riguarda soltanto la politica. È molto usato, ad esempio, nel mondo dei social network, dove si possono esporre idee e proposte, ma che spesso vengono usati per far conoscere tutto di sé o promuovere un’identità creata ad arte, per catturare il gradimento altrui.
Migliaia e migliaia di post che generano, tra l’altro, inquinamento. Nella più totale indifferenza collettiva. Sembra più importante far sapere di viaggi, feste e successi personali, momenti singoli di felicità e benessere. Lo facciamo in maniera ossessiva e continuativa.
Tutto questo cosa ha a che fare con la vera condivisione? Proprio nulla. Anzi, ha l’effetto opposto di isolare e dividere, quando non alimenta odio e invidie.

Lo stesso a dirsi con gli eccessi del capitalismo e con la tendenza a forzare alcuni principi a salvaguardia dell’umanità.

Quando gli fu chiesto che cosa avesse provato mettendo piede sulla luna, Armstrong rispose che si era sentito piccolissimo guardando la terra da lontano. Nell’oscurità, con i mari in evidenza, gli sembrava un’immensa oasi. Un’immagine che portava ferma nella memoria. Confessò di aver avvertito l’urgenza di interventi a protezione di quel paradiso.
Non si riferiva soltanto al cambiamento climatico, problema forse allora meno avvertito, ma anche alle guerre. Era in corso quella in Vietnam.
Tutti e tre gli astronauti si dissero toccati dal fatto che lo sbarco sulla luna fosse stato percepito come una impresa grandiosa per tutto il genere umano.
“We did it”, annunciavano grandi cartelloni sparsi per il Paese, sottolineando il carattere collettivo del risultato.
Ma la sfida avrebbe potuto essere ben più alta. Quella missione avrebbe potuto contribuire a realizzare il sogno di fratellanza e condivisione effettiva, per il trionfo di quell’umanesimo necessario alla rinascita culturale del mondo.

Tornando a oggi, sembra non esserci soluzione immediata alla crisi climatica, ma in tempo di pandemia si è assistito all’incredibile miglioramento dovuto all’arresto delle attività dell’uomo.
Non abbiamo saputo imparare da quell’esperienza e, una volta liberi, abbiamo addirittura impresso un’accelerata al nostro fare, perché per tutti conta più il guadagno del vero ben-essere. E allora piove meno, nevica raramente e i ghiacciai si sciolgono.

Il progetto di Meritocrazia Italia nasce da un’ambizione diversa, non egoistica ma fatta di altruismo e sincera voglia di condivisione. Senza protagonismo e senza pretesa di aver sempre ragione. Non usiamo punti esclamativi alla fine delle nostre affermazioni, ma coltiviamo il dubbio, che è il principio della conoscenza e delle migliori scoperte. Di quelle che, come diceva Armstrong, hanno reso quell’oasi meravigliosa ammirabile da tutto l’universo.



<p style="color:#fff; font-weight:normal; line-height:12px; margin-bottom:10px;">Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso consulta la nostra Privacy Policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie.</p> Leggi la nostra cookie policy

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi