Conferma delle supplenze degli insegnanti di sostegno: si pensi piuttosto a nuove politiche di reclutamento
Cresce forte il malcontento per il modo in cui è gestita la presenta degli insegnanti di sostegno nelle scuole.
Una figura importantissima, che dovrebbe consentire l’inserimento di ragazzi portatori di diversa abilità nelle scuole comuni, a fini di migliore inclusione. Eppure sono moltissimi gli insegnanti di sostegno che, dopo aver seguito percorsi di formazione specialistica impegnativi e altamente specialistici, vivono ancora nel precariato, mentre l’intero sistema dell’inclusione scolastica è in costante apnea per la carenza cronica di organico.
Dei circa 250mila posti di sostegno necessari ai processi di inclusione di alunni con disAbilità sono assegnati in deroga circa 110mila di essi, secondo i dati rilevati nell’ultimo anno scolastico 2023/2024. In dieci anni la percentuale di precari sul sostegno è passata dal 39% al 61%.
La principale ragione di questo fenomeno è che il sistema è alla costante ricerca di una soluzione temporanea ad un problema strutturale, ed è in cronico ritardo rispetto all’evolversi delle esigenze dell’utenza.
L’ultima proposta, avanzata nel nome della semplificazione, si concentra sulla possibilità di riconoscere ai docenti precari di sostegno, anche senza specializzazione, di essere confermati nelle supplenze al 30 giugno 2024 su richiesta delle famiglie.
Sebbene non sia ancora legge, la proposta ha già ricevuto un secco rifiuto da parte dei sindacati, dal mondo della scuola, dal Consiglio superiore della pubblica istruzione e persino dalla Federazione italiana per il superamento dell’handicap.
Infatti, il decreto Semplificazione pone come ratio a fondamento di tale proposta l’esigenza di favorire la serenità della relazione educativa tra studenti con disAbilità e docenti, previa richiesta e dunque valutazione della famiglia: la soluzione sarebbe quella di conferire una cattedra ai docenti con almeno tre anni di servizio per almeno tre anni.
È evidente che, come concepita, questa proposta presenta macroscopiche criticità, in primis legate al fatto che consente di evitare il reclutamento per pubblico concorso (previsto invece dalla Costituzione per l’accesso al pubblico impiego) e soprattutto di favorire il clientelismo in spregio delle competenze e della meritocrazia.
Non convince neppure l’idea di alcuni di stabilizzare i precari o comunque di estendere l’accesso ai percorsi di specializzazione, implementando l’offerta formativa e abbassandone i costi, sì da stabilizzare i posti in deroga riassorbendoli nell’organico di diritto.
Di là di soluzioni tampone, per Meritocrazia Italia la vera sfida è ribaltare radicalmente l’ordinamento scolastico, sempre più sclerotizzato nel dedalo dei decreti attuativi e finalmente concepire una ristrutturazione sistematica delle politiche di reclutamento e gestione dei percorsi formativi nell’intero comparto scuola, razionalizzando le risorse legislative e operative coerentemente con le esigenze effettive dell’utenza anche a tutela dei lavoratori che ad oggi sono avvinti dal precariato per l’inattuazione delle misure legislative pure previste.
Stop war.