COP 27

La crisi climatica riguarda tutti

Al via la Conferenza mondiale per il clima COP27, che quest’anno si tiene al Sharm el-Sheikh dal 6 al 18 novembre.

La situazione di partenza non è delle più rassicuranti; si apre infatti con l’esposizione del rapporto annuale delle Nazioni Unite sul clima, un rapporto shock. «Il nostro pianeta è sulla buona strada per raggiungere punti di svolta che renderanno il caos climatico irreversibile», ha affermato il Segretario generale Antonio Guterres.
I dati evidenziati si mostrano particolarmente preoccupanti: il 2022 è l’anno di tristi record negativi. La temperatura media globale è stata di 1,15°C al di sopra della media preindustriale (1850-1900), gli ultimi 8 anni sono stati i più caldi mai registrati, il livello del mare sta salendo due volte più velocemente rispetto a 30 anni fa e gli oceani sono più caldi che mai, è stato superato il record di scioglimento dei ghiacciai nelle Alpi, l’area di ghiaccio marino antartico è scesa al livello più basso mai visto. Insomma il surriscaldamento globale ha raggiunto livelli tali che tutti i fenomeni a esso collegati hanno assunto connotazioni finora inedite.

La conferenza inizia dunque con la presa d’atto del fallimento di gran parte degli impegni assunti all’esito della Cop 26 di Glasgow.
Appena 24 Paesi dei 193 che parteciparono alla Cop 26 hanno rivisto i loro Ndc (Nationally Determined Contributions), contributi determinati a livello nazionale, dei loro piani climatici. Appena il 12,5% dei partecipanti. Percentuale troppo bassa per incidere in maniera significativa sullo sviluppo delle problematiche climatiche, atteso che il restante 88% sembra non aver fatto assolutamente nulla. Dati confermati dalla circostanza che nel 2021 è stato speso il doppio in sussidi fossili rispetto al 2020.

Oggi a Sharm el-Sheikh si discute di nuovi obiettivi per le emissioni, senza la partecipazione dei Paesi a maggior produzione di inquinamento: Cina, India e Russia.

Con il Glasgow Climate Pact era stata rinviata al 2022 l’adozione della roadmap per ridurre del 45% (rispetto al 2010) le emissioni di CO2 entro il 2030 e arrivare a ‘zero emissioni nette’ «intorno alla metà del secolo».
Non hanno aiutato i veti e le pressioni congiunte di Cina e India, che, durante la scorsa Conferenza, hanno imposto un passo indietro sui combustibili fossili, e la mancata concessione ai Paesi più vulnerabili una struttura di finanziamento per i danni causati da eventi meteorologici estremi legati al cambiamento climatico. Anche da questo, i ritardi e i rinvii che si registrano oggi.

Tra gli altri, anche i Paesi dell’Unione europea sono giunti alla Cop 27 senza aver aggiornato i propri Ndc.
È vero che i recenti eventi bellici hanno imposto una revisione delle priorità (alcuni Stati membri, «in risposta all’aumento dei prezzi dei combustibili fossili, stanno fornendo sussidi per il loro consumo» e l’inclusione di gas e nucleare nell’elenco degli investimenti sostenibili della Tassonomia verde). La forte crisi energetica ha indotto a scelte che non viaggiano nella direzione dell’attuazione delle misure necessarie per ridurre le emissioni in atmosfera e rallentare l’aumento della temperatura globale media.

Lo scenario non conforta, ma la nuova Conferenza si apre con un nuovo senso di consapevolezza e gli interventi dei Capi di Stato rivelano determinazione.
Nella giornata di apertura, il nostro Presidente del Consiglio ha ribadito che l’Italia partecipa all’impegno comune di riduzione dei gas serra preso dalla Ue (taglio del 55% delle emissioni entro il 2030 e zero emissioni nette entro il 2050), sottolineando quanto la lotta ai cambiamenti climatici richieda uno sforzo comune. Il Presidente francese, dal suo, ha affermato con chiarezza di non essere disposto a sacrificare gli impegni climatici presi sotto la minaccia energetica della Russia, individuando un legame indissolubile tra la battaglia per la riduzione dei CO2 e la battaglia in difesa della biodiveristà.

Ora l’auspicio più grande è che l’occasione di confronto sia colta per trovare davvero soluzioni comuni e soprattutto che si possa discutere con libertà, senza la pressione delle lobby dei combustibili fossili o di rappresentanti di altri opposti interessi, con assunzione di impegni seri e di immediata fattibilità.
La crisi climatica riguarda tutti, senza eccezioni.



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