Crisi della manodopera
Dal turismo delle radici alle radici del turismo
Il settore del turismo continua a soffrire. Passa dalla crisi pandemica alla crisi della manodopera.
A fronte dell’attuale 9% di disoccupazione, le aziende non riescono a trovare 1,3 milioni di operatori. Di questi circa 300 mila nel turismo.
Secondo le analisi di mercato, il problema non ha base soltanto nella inadeguatezza salariale o nelle particolari formule di sostegno al reddito adottate, che pure rappresentano la parte maggiore del problema. La pandemia ha cambiato il modo di lavorare, e di vivere; e in tantissimi hanno ripensato le proprie scelte di vita, e sono più insofferenti a orari di lavoro imprevedibili, mancanza di tutela da parte dei sindacati, mancanza di riconoscimento di misure di supporto come i congedi di malattia.
Tutto questo ha portato a dimissioni inaspettate e costringe le aziende a gestire i turnover, dovendo sostituire i lavoratori che magari avevano già imparato le procedure e i metodi di lavoro con nuovi addetti ancora da formare.
Ciò implica continui investimenti in formazione e costante gestione di errori che in qualche caso portano a perdite di immagine, soprattutto quando a pagare le conseguenze sono i clienti.
Così, sono tanti gli operatori alberghieri e della ristorazione a dover chiudere le stanze o non accettare le prenotazioni ai tavoli per mancanza di personale.
È recente la proposta da parte del Ministro del Turismo di consentire la conservazione di parte del reddito di cittadinanza per i percettori disposti ad accettare incarichi di lavoro stagionale. Negli auspici, dovrebbe essere un modo per incentivare le assunzioni. Nessuno, infatti, sembra disposto a perdere il sussidio per un impiego tanto limitato nel tempo.
Il problema esiste e il fine perseguito è condivisibile, ma la misura non convince
Rispetto a trattamenti estemporanei legati alle forme di supporto al reddito, più utile è una diversa strategia a medio e lungo termine:
– dando supporto alle imprese nell’organizzazione dell’offerta di lavoro con forme di tutela più accorte al rapporto vita/lavoro nel turismo (i.e., rilancio dei sindacati per un contratto collettivo di comparto, orari di lavoro più prevedibili, politiche più specifiche per il supporto alla parità di genere, formazione,…), flessibili, capaci di attirare i lavoratori con valore aggiunto (ad esempio incentivando i lavori part time e premiando i meritevoli);
– puntando alla riqualificazione del personale, con l’acquisizione di esperienze qualificate anche con lavori di manodopera, o con soluzioni turistiche innovative e sostenibili, per rispondere alle diverse richieste del mercato;
– sensibilizzando le comunità locali a promuovere il lavoro nel turismo per il suo valore in termini di benessere percepito sul territorio, in modo che gli addetti si sentano gratificati.
Non può non insistersi sulla necessità di una seria azione di recupero di risorse, per favorire una decontribuzione unica nazionale indistinta per tutti i lavoratori e per tutte le imprese, accompagnata dalla razionalizzazione delle agevolazioni contributive. Deve aversi in considerazione che, con più di 100 miliardi di euro di evasione fiscale, il gettito dello Stato è coperto per lo più dal lavoro dipendente, tramite cuneo fiscale. E non risponde a equità sociale far gravare sui soli lavoratori dipendenti gli effetti devastanti della crisi in corso.