Dal pensiero divergente alla vera democrazia – 25 settembre 2022
Le parole ‘democrazia’ e ‘popolo’ campeggiano a caratteri cubitali in ogni proclama elettorale.
Ma la libertà di voto non basta a rendere un sistema di governo democratico, specie se la possibilità di scelta è ridotta e viene mortificata ogni possibilità di consapevolezza e presa di coscienza. Soltanto quando ci sarà la facoltà per tutti di fare la spesa e preparare tante pietanze, si potrà dire di essere veramente liberi di scegliere cosa avere per cena.
Oggi siamo chiamati alle urne, e il timore di questi giorni è stato quello del forte astensionismo al quale siamo ormai abituati ad assistere. Segno di sfiducia.
Tantissimi dismetteranno la responsabilità di contribuire alla definizione della guida del Paese. Chi deciderà di partecipare sarà comunque costretto a scegliere tra sparute alterative.
L’introduzione di rigidi sbarramenti come l’obbligo di raccolta delle firme è stato pensato al fine di favorire la stabilità ed evitare la parcellizzazione del voto, ma oggi il risultato è quello di agevolare la concentrazione di potere nelle mani dei c.dd. partiti tradizionali, a loro volta abilitati a individuare, per via di una legge elettorale inadeguata e da riformare, i candidati a rappresentanza dei territori.
Si aggiunge una stampa infedele, pronta ad alimentare un deleterio fare divisivo e a promuovere posizioni date per fini diversi da quello informativo.
In questo scenario non può attecchire alcuna forma di vera democrazia.
Ogni promessa di libertà perde di credibilità. E i cittadini perdono anche la forza di indignarsi e di reagire. Perché, alla fine, il territorio vive sempre dello spirito di chi lo rappresenta.
Per questo diventa decisivo il contributo di gruppi di persone, di associazioni o movimenti che, pur se non direttamente rappresentativi del popolo in Parlamento, si attivano per fare la propria parte nella riconquista della cultura della democrazia.
Ancora attuale il richiamo fatto in più passaggi da Benedetto Croce, nel mettere in discussione il liberalismo successivo alla guerra mondiale, al ruolo dell’etica per la realizzazione di garanzie di libertà e di democrazia. Diversamente il buon governo è eroso alle fondamenta dalle prevaricazioni plutocratiche e dal sopravvento della morale sul fare eticamente responsabile. Era già anche nei discorsi di Smith nel 1888 e di Kelsen nel 1881.
La questione è sempre culturale.
Il populismo ha assunto forme e dimensioni diverse nel tempo. Tracce di populismo segnano anche la storia politica precedente alla grande guerra, ma si trattava di un pensiero eversivo, rivolto contro lo strapotere delle élite. Il populismo moderno, invece, è nelle mani delle forze parlamentari e insiste sull’ignoranza e la disaffezione del popolo; mente, fingendo di voler avvicinare i cittadini al voto, e relegandoli, in realtà, nella condizione di soggezione psicologica di chi ha continuamente bisogno, di aiuto e sostegno. La politica puramente assistenzialista, che manca di visione e progettualità, è artatamente rivolta ad alimentare la sudditanza, la dipendenza, procurando danni irreversibili al tessuto sociale.
Reagire a questo vuol dire lavorare alla diffusione di un’idea nuova di politica, con pazienza e sacrificio.
Quella costanza e quella determinazione che altri hanno usato per portare all’evidenza piccoli partiti poi diventati forza di governo, servano a noi per affermare il pensiero divergente di un Popolo realmente al potere.