DALLE GRANDI RIVOLUZIONI ALLE GRANDI RESTAURAZIONI – 16 MAGGIO 2021
La crisi della politica è argomento d’attualità. Tanto che proliferano i Movimenti e le libere organizzazioni di cittadini desiderosi di contribuire a scrivere pagine importanti del presente e del futuro.
Ma l’esperienza non è inedita. Si ripropone ciclicamente.
Nel regno di George III, l’organizzazione partitica era per tutti un mostro spaventevole, un morbo politico devastante, la peste della Società, follia di molti per il profitto di pochi, il peggior male del Paese.
Allora, come oggi, i partiti fingevano battaglie ideologiche nel nome della rappresentatività popolare, per poi perseguire interessi individuali mediante l’assunzione di posizioni forti e talora estremiste, poco utili per la costruzione di percorsi di Civiltà.
A rompere gli schemi sociali viziati dall’egoismo e avvinti dal retaggio di dogmi ideologici è sempre stata l’iniziativa di uomini coraggiosi, pronti a dedicare la propria vita alla lotta contro la solita indifferenza dei più, il male vero di ogni comunità. L’indifferenza di chi rivolge ogni energia a se stesso, al proprio impegno lavorativo e al proprio tempo libero, senza dare un contributo di capacità e competenza a un programma sociale condiviso, verso maggiori coesione ed equità.
Ritornando all’Inghilterra del ’700. Nel 1763, John Wilkes, deputato, scrittore e giornalista, fondava il periodico ‘The North Briton’. Nel fascicolo n. 45 fu pubblicata una sua dura critica alla Pace di Parigi raggiunta all’esito della guerra dei sette anni. La giudicava un trattato di facciata, poco vantaggioso sul piano pratico. La risposta fu la general warrant, un mandato d’arresto a carico di chiunque offendesse o avesse offeso il re nelle sue determinazioni politiche. Wilkes fu arrestato. Ma non si arrese. Dalla Torre di Londra, dove era rinchiuso, continuò la sua battaglia per via epistolare, sollevando una protesta popolare al motto di «Wilkes and Liberty» e «Wilkes forever». Uomini e donne che combattevano per la libertà, troppo sacra per essere impunemente vituperata o annientata.
Eppure oggi siamo tutti vittime di insidie subdolamente mascherate da quella stessa libertà in nome della quale tante battaglie sono state condotte.
Ci si lascia convincere da proclami di finta utilità sociale, in vero proiettati alla conquista di consenso democratico e sostegno, alla raccolta di informazioni da strumentalizzare, all’accumulo di potere personale. Rappresentatività millantata. Proposte di riforma inutili all’evoluzione sociale.
La libertà, quella vera, è indipendenza di pensiero.
Occorrono sempre cautela e attenzione in ogni valutazione.
Meritocrazia non si lascia accattivare da posizione estreme, non cede al fascino delle verità ideologiche. Fa un passo indietro, prende le distanze dal quadro, per guardarlo meglio e conservare visione d’insieme. Dismette l’emotività delle reazioni e pondera le conseguenze di ogni scelta, per valutarne l’impatto sulla crescita sociale.
Il pericolo è sempre che, parcellizzando la libertà in diritti isolati, si perda qualcosa. Che, per tutelarne alcuni, se ne dimentichino altri. Che, dalla protezione di uno, si generino discriminazioni a danno d’altri.
Con buona pace della coesione sociale. Verso nuove guerre civili.
Porsi in situazione di imparzialità vuol dire prima di tutto fare i conti con i propri sentimenti e con la reale voglia di libertà. Soltanto vinta l’impulsività delle proprie emozioni è possibile assumere decisioni utili alla Società.
Diversamente, il domani sarà sempre costruito sulla precarietà della bugia.