Divieto di proroga delle concessioni e servizi portuali
Discrezionalità amministrativa e tecnica
Una questione oggetto di ampia discussione è se la direttiva 2006/123/CE (c.d. direttiva Bolkestein), che sancisce il divieto di proroga delle concessioni, sia applicabile oppure no ai servizi portuali.
La questione è stata di recente sottoposta al vaglio del Consiglio di Stato.
Se ne fa una questione di discrezionalità, amministrativa e tecnica.
Secondo l’idea tradizionale la discrezionalità amministrativa è «la facoltà di scelta tra più componenti giuridicamente leciti per il soddisfacimento dell’interesse pubblico». Il potere discrezionale può investire diversi aspetti dell’azione amministrativa con riferimento al se, al come, al dove e al quando della stessa. La discrezionalità amministrativa, quindi, può essere qualificata quale modalità di espressione del potere pubblicistico, che presuppone il conferimento da parte della legge alla p.a. di uno spazio valutativo e decisionale, che ha la funzione di adattare le astratte previsioni legislative alla realtà dei fatti, con l’obiettivo primario di curare un determinato interesse pubblico, con il minor sacrificio degli interessi secondari coinvolti.
Diversamente, la c.d. discrezionalità tecnica presuppone una decisione della p.a. basata su principi ed elementi conosciuti esclusivamente da esperti, cd. canoni scientifici.
Il Supremo consesso della giustizia amministrativa, nell’affrontare il caso di una società che richiedeva la proroga di una concessione demaniale marittima, con sentenza n. 9328 del 4 ottobre 2022, ha ravvisato nell’art. 10, comma 3, d.P.R. n. 509 del 1997, due condizioni alternative per la concessione della proroga: da un lato, l’omessa realizzazione di opere previste o parti sostanziali di esse per cause non imputabili al concessionario, e, dall’altro, il necessario adeguamento o la necessaria manutenzione delle esistenti strutture portuali, con la precisazione che la durata del prolungamento del rapporto concessorio sarà stabilita dall’amministrazione in ragione delle entità dell’investimento originario o di quello aggiuntivo.
Il Consiglio di Stato ha ulteriormente precisato, tuttavia, che, anche nel caso in cui ricorressero le due condizioni previste, l’amministrazione non sarebbe obbligata a concedere la proroga, in quanto la norma regolamentare le attribuisce un evidente potere discrezionale nella parte in cui prevede che, su istanza dell’interessato, le concessioni in vigore dall’1 gennaio 1990 possono (e non devono) essere prorogate. Da qui il carattere eccezionale della proroga, prevista dall’art. 10, comma 3, d.P.R. n. 509 del 1997, con conseguente doverosa adozione di criteri di stretta interpretazione, non essendo consentita alcuna applicazione analogica, carattere eccezionale che esplica i suoi riflessi anche sulla motivazione del provvedimento.
È dunque la proroga che richiede una motivazione rafforzata, essendo una deroga alla regola generale; al contrario, la scelta di non prorogare la concessione, in quanto conforme alla regola generale, implica solo una motivazione adeguata, essendo evidenti le ragioni di ordine generale giustificanti il provvedimento, a fronte dei prevedibili vantaggi scaturenti per l’amministrazione e la collettività in seguito all’instaurazione di nuovo rapporto con un concessionario, scelto all’esito di una procedura ad evidenza pubblica. E in ogni caso, anche quando dalle disposizioni europee non si desumesse la sussistenza di un obbligo di gara, l’amministrazione sarebbe comunque tenuta, in caso di interesse transfrontaliero, a rispettare le regole fondamentali del Tfue, soprattutto il principio di non discriminazione.
La pronuncia del Consiglio di Stato ha contribuito a chiarire che la trattazione dei servizi portuali, sebbene sfugga all’applicazione della direttiva Bolkestein, non determina una proroga automatica delle concessioni circa tali servizi.
Pertanto la normativa connessa alla proroga delle concessioni demaniali è piuttosto controversa e si pone in conflitto in termini di compatibilità con il valore ‘concorrenza’. Il legislatore tende a rinviare la soluzione delle questioni connesse che sono di rilevante importanza, non solo per le ragioni economiche insite nello sfruttamento imprenditoriale dei beni demaniali che imporrebbero di applicare dei meccanismi competitivi nella scelta dei soggetti concessionari, ma anche perché investono la tutela del diritto del concessionario alla continuità aziendale e del suo legittimo affidamento.
A tal proposito sia il Presidente di Assonautica che il Presidente di Assonat Confcommercio, l’associazione nazionale approdi e porti turistici, hanno chiesto, di recente, che il Governo operi una riforma organica e sistematica del settore delle concessioni demaniali marittime, facendo le giuste distinzioni tra concessioni turistiche balneari e nautica da diporto e portualità. Tale diverso regime dovrebbe riguardare sia le procedure di selezione, che dovranno tenere conto di interessi di natura sociale e di sviluppo del territorio, che il diritto del concessionario uscente ad adeguati indennizzi per beni materiali e immateriali.
Un riordino della materia è necessario, che possa colmare tutte le lacune, anche interpretative, in un settore strategico per l’economia nazionale.