Effetti decreto Caivano: ‘punire per educare’ è una logica perdente
Gli effetti del decreto Caivano si fanno sentire dirompenti.
Il provvedimento nasceva su ragioni di urgenza nazionale, e un impatto sul fenomeno della criminalità giovanile, in effetti, lo ha avuto. La riforma ha portato a un aumento senza precedenti della popolazione carceraria minorile, quasi raddoppiata in pochi mesi, sollevando preoccupazioni sul rischio di creare emarginazione anziché reintegrazione.
Il settimo rapporto sulla giustizia minorile in Italia redatto dall’associazione Antigone ha evidenziato nuove difficoltà negli Istituti penali per i minorenni, tra le quali nuovo sovraffollamento, con tutto quello che comporta. Le cause sono da rinvenirsi anche nei cambiamenti normativi, che sembrano allontanare dal modello rieducativo che il sistema italiano ha lungamente vantato.
A conti fatti, l’incremento degli ingressi negli Istituti penali per i minorenni non è correlato a un aumento della criminalità, ma alla scelta di estendere la custodia cautelare anche ai reati minori, con due terzi dei ragazzi in attesa di giudizio e un aumento significativo dei reati legati agli stupefacenti. Così gli istituti penali per i minorenni gridano all’emergenza e a farne le spese sono i giovani, che si ritrovano privi di alternative e supporto sociale e sempre più spesso trattati come “pacchi postali”, trasferiti di continuo da Ipm ad Ipm, rendendo impossibile una loro adeguata presa in carico. È poi aumentata la propensione al trasferimento dei ragazzi, al compimento dei diciotto anni, nelle carceri per adulti, che li costringe a confrontarsi con un tipo di detenzione più dura dove i loro bisogni non vengono tenuti nel giusto peso.
Il modello di processo penale minorile adottato ha sullo sfondo la contraria esigenza di residualizzare la risposta carceraria e abbracciare un modello educativo capace di reintegrare i giovani all’interno della società, secondo la finalità propria che la Costituzione assegna alle pene. Finalità vanificata da una politica punitiva che intensifica il ricorso alle carceri e sminuisce il ruolo dei percorsi di recupero per i giovani autori di delitto.
Punire per educare è una logica perdente.
Meritocrazia Italia torna a chiedere una inversione di rotta. Piuttosto che avvicinare la gestione del minore a quella dell’adulto in ambito procedurale, bisognerebbe riflettere in maniera più accorta sui bisogni propri dei giovani, codificandoli anche in ambito sostanziale con misure proiettate al recupero. Su un tema delicato come quello della giustizia minorile non si ammettano pericolosi passi indietro.
Stop war.