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Ergastoli esemplari: la giustizia non ceda mai al giustizialismo
Giungono a distanza di pochi giorni due condanne esemplari all’ergastolo per il gravissimo reato di femminicidio.
Turetta, Impagnatiello, Neumair, Pifferi, Padovani, De Pace, Alashru, Fontana, sono solo alcuni degli ergastolani del 2024, sebbene non tutti definitivi.
I reati commessi sono tutti, ciascuno per le proprie caratteristiche, meritevoli del massimo rigore possibile e si nutre assoluta fiducia nelle valutazioni giudiziali. Resta fermo, però, che l’ergastolo non può essere una pena simbolica, ma deve sempre postulare l’accertamento rigoroso della responsabilità penale.
Questa pena deve essere riservata ai reati più gravi e ai casi in cui diventa massimo l’allarme sociale generato dai comportamenti a cui esso è associato.
69 sono le persone che si sono suicidate in carcere dall’inizio del 2024.
Il record risale al 2022, quando si tolsero la vita ben 84 detenuti.
A completamento del dato meritano di essere menzionati coloro che entrano in sciopero della fame o che tentano il suicidio senza successo. Alcuni vengono ospedalizzate e muoiono a seguito delle complicazioni dovute all’autoindotto digiuno o alle conseguenze del tentativo suicidario, la cui scomparsa non viene conteggiata fra i suicidi.
Quindi, in realtà, le morti di carcere sono ben di più di quelle ufficializzate nei dati statistici.
Il primo a interrogarsi sul fenomeno fu, già alla fine dell’800, Durkeim, per il quale esistevano 4 distinte tipologie di suicidio, tra le quali particolare rilevanza, per capire la variante inframuraria, ha il suicidio anomico (parola ottenuta dall’apposizione dell’alfa privativo alla parola nomos – regola), cioè quello dovuto al disorientamento di chi si trova a vivere in una società senza ordine e che mette in discussione i principi considerati scontati perfino da coloro che infrangono l’ordinamento.
In particolare, nel ventennio che va tra il 1955 e il 1974, a fronte di una media annuale di 490 omicidi, in Italia venivano sentenziati 4,5 ergastoli all’anno. Nei vent’anni tra il 2000 e il 2019, a fronte di una media di omicidi solo di poco superiore (551), gli ergastoli per anno sono diventati 138,5, cioè 25 volte di più. Oggi relativamente al periodo 1 gennaio – 20 ottobre 2024, sono stati registrati 249 omicidi mentre si passa dai complessivi 1.784 ergastolani del 2020 ai quasi 1900 del 2023.
Un fenomeno di questa entità, contestualizzato in una fase storico-politica che parla di sovraffollamento e disumanizzazione carceraria come una vera e propria piaga di uno Stato di diritto, si pone come un fenomeno in controtendenza che se-gna una rivoluzione silente ma progressiva, frutto della diarchia tra piazza e palazzo.
In un Paese in cui il consenso sta diventando il barometro di legittimazione dell’azione penale, ciò che emerge nel dibattito pubblico tende a soffocare per non dire influenzare ciò che si delibera nelle corti giudiziarie.
Il rischio è che un’istanza legittima di giustizia induca una risposta penale giustizialista e animata dall’anelito di legittimazione laddove, senza, il popolo mostra sfiducia nell’istituzione che non appaga il bisogno di punizione.
Ciò erode alla radice le garanzie dell’ordinamento liberale, dalla presunzione di innocenza al diritto di difesa, e che questo spinge molti giuristi a bollare con lo stigma dell’incostituzionalità una pena che per definizione esclude la possibilità concreta di rieducazione (sebbene tra obbligo di lavoro diurno, permessi premio e condizionale dopo 26 anni in caso di ravvedimento e resipiscenza si allenti di molto il cappio della condanna a pena perpetua).
Pertanto, vista la prospettiva in astratto percorribile della liberazione anticipata (al netto di eventuali valutazioni sulla pericolosità sociale) anche in caso di detenzione a vita, Meritocrazia Italia auspica che siano riconosciuti incentivi fiscali a coloro che assumono ergastolani reinseriti nel tessuto sociale per premialità e percorsi di formazione inframuraria permanente con particolare riguardo a percorsi di educazione all’emotività, anche di taglio laboratoriale-teatrale, oggi relegati alla discrezionalità del singolo direttore e che invece si potrebbero tarare intanto in via sperimentale nella prospettiva di un’introduzione stabilizzata.
A margine, oltre all’implementazione della sorveglianza, si auspica che siano destinati adeguati fondi per migliorare la vivibilità generale degli istituti al fine di inserire attività ricreative, percorsi professionali di acquisizione di competenze e potenziamento delle peculiari attitudini del singolo.
Sul punto Meritocrazia si attende che la riforma del sistema sanzionatorio, improntato alla rieducazione del condannato, sia resa effettiva e urgente anche nei confronti di coloro che sono destinatari di una condanna tanto grave e che non si abbandoni il proposito di riconoscere dignità anche a chi nel suo orizzonte ha solo la propria cella. La situazione delle carceri italiane e la cultura di una giustizia incontaminata dalla pressione mediatica sia il faro per orientare scelte legislative e giudiziarie di civiltà giuridica e garantismo anche nei casi di maggiore gravità perché al centro vi sia sempre la persona.
Stop war.