FENOMENI MAFIOSI E GIOCO D’AZZARDO IN PIEMONTE
Nel 1945, Giuseppe Maria Ayala, magistrato e politico italiano, sosteneva che «la scommessa vera in un Paese democratico che vuole crescere come l’Italia, che va in Europa, è quella di formare le giovani generazioni alla cultura della legalità».
Abuso di alcool e droghe, furti, atti di bullismo, violenza e criminalità organizzata, violazione delle norme stradali, gioco d’azzardo, sono soltanto alcuni esempi di gesti illegali che possono diventare veri e propri stili di vita in mancanza di adeguata educazione e che a volte si fanno anticamera di fenomeni ancora più gravi ed estesi come quelli legati alle dinamiche mafiose, che ostacolano lo sviluppo sostenibile ambientale, economico e sociale del Paese.
L’obiettivo di sviluppo sostenibile SDG 16 – Pace, Giustizia e Istituzioni forti – parte dal presupposto che lo sviluppo sia portato da condizioni di pace e di buon governo stabili e durature. Non si genera sviluppo, invece, in quelle aree afflitte da situazioni continuative di conflitto, violenza e antistato.
La corruzione mortifica la partecipazione democratica e la legalità, comprime l’effettività dei dei diritti umani, e permette al crimine organizzato e al terrorismo di prosperare. L’impatto è particolarmente significativo sui gruppi più vulnerabili, come donne e bambini.
Per ottenere società pacifiche e inclusive, che promuovano lo sviluppo sostenibile, è necessario intervenire a livello locale, nazionale e dei rapporti internazionali.
A ciascun cittadino spetta un ruolo chiave per il raggiungimento di adeguati livelli di Civiltà.
Analizzando la situazione in Piemonte, vengono in evidenza in particolare due fenomeni.
Anzitutto quello mafioso.
La Regione vanta un triste primato del primo comune sciolto per mafia, nel 1995: Bardonecchia.
Per restare ai giorni nostri, è di settembre scorso il monito della Direzione distrettuale antimafia, che nel suo rapporto semestrale conferma come la criminalità organizzata in Piemonte si sia consolidata. «Come più volte sottolineato – si legge – dalle prime cellule di ’ndrangheta si è giunti, nel tempo, alla costituzione di veri e propri locali che, senza abbandonare il florido settore del narcotraffico, non disdegnano, se del caso, condotte violente e asfissianti azioni estorsive finalizzate al controllo del territorio, inquinando il tessuto economico anche grazie a una diffusa corruttela».
La relazione della Dia evidenzia inoltre frequenti «commistioni tra le consorterie criminali e i gangli della pubblica amministrazione». Nella provincia di Torino sono varie le cellule locali operanti, spiega la relazione, anche se «non si sia ancora acquisita completa e diffusa consapevolezza di questa pericolosa presenza». Centinaia le confische effettuate, o in corso. Nel secondo semestre 2020 sono stati adottati alcuni provvedimenti interdittivi antimafia nei confronti di Ditte che operavano nel commercio di autoveicoli, nel settore degli autotrasporti, ma anche nella gestione del ciclo dei rifiuti e nella gestione di alberghi.
Per la Dia, attualmente non paiono intravedersi segnali di «ridimensionamento sul territorio dei gruppi di origine ’ndranghetista che esercitano la propria egemonia lasciando spazio anche a cellule criminali di diversa matrice come quelle riconducibili a Cosa nostra».
L’impegno della Regione Piemonte a favore della legalità si concentra su interventi di prevenzione dei fenomeni dell’usura e della criminalità. Mette in atto a favore dei Comuni azioni di recupero dei beni confiscati e celebra, il 21 marzo di ogni anno, la Giornata della memoria e dell’impegno civile in ricordo delle vittime delle mafie e per la promozione della cittadinanza responsabile.
Promuove inoltre la realizzazione di interventi di contrasto dell’usura così come previsto dalla normativa regionale.
Utile qualche dato anche con riferimento al gioco d’azzardo.
Prima della pandemia, il Piemonte registrava dati nettamente più bassi di oggi: dei residenti solo il 32,6% giocava d’azzardo rispetto al 41,9% della media nazionale. Una situazione di vantaggio raggiunta anche grazie alla l. reg. n. 9 del 2016, approvata quasi all’unanimità nella primavera del 2016, da alcuni ritenuta la più virtuosa d’Italia, da altri considerata troppo restrittiva e penalizzante sotto il profilo economico e occupazionale. Fatto è che era diminuito notevolmente il gioco d’azzardo, sia nei locali preposti che online. Superata la fase delle restrizioni emergenziali, però, si è assistito a un nuovo picco, soprattutto del gioco online.
In questo contesto, si inserisce una nuova legge regionale (15 luglio 2021, n. 19) sul gioco d’azzardo patologico. Gli esercizi che hanno dismesso gli apparecchi dopo l’entrata in vigore della l. reg. del 2016 possono rivolgere istanza di reinstallazione, anche se sono intervenuti cambi di titolarità, senza che ciò sia equiparato a nuova installazione, purché non si superi il tetto massimo esistente a maggio 2016. Cambia il ‘distanziometro’: vietate le attività di sale da gioco, sale scommesse e spazi per il gioco, e anche l’installazione di nuovi apparecchi a una distanza inferiore ai 300 metri da luoghi sensibili (scuole, Università, sportelli bancomat, compro oro e altri) nei paesi sotto i 5.000 abitanti come da precedente legge, mentre viene ridotta da 500 a 400 metri per i centri con più di 5.000 abitanti.
Ciò considerato, è essenziale che la Regione investa maggiormente in attività di sensibilizzazione e crescita della consapevolezza all’interno delle Comunità locali, a partire dalle Scuole. In un modo utile a far sì che non si tratti di un mero inserimento di ore formative sulla legalità all’interno dei percorsi di educazione civica, ma siano inseriti specifici obiettivi di apprendimento e di coinvolgimento degli attori territoriali, dalle imprese etiche che elaborano il bilancio di sostenibilità, dimostrando l’attenzione al tema, alle associazioni con progetti di esperienze di cittadinanza attiva con interventi di taglio culturale innovativo.