DEMOCRAZIA: TRA GIUSTIZIA E GIUSTIZIALISMO – 3 GENNAIO 2021
Le pagine della cronaca quotidiana raccontano di una diffusa ambizione di rivalsa. Dell’inquietudine che nasce dalla delusione delle attese e dall’innegabile decadimento dei sentimenti.
Da sempre e ciclicamente, il disagio sollecita la reazione, e il desiderio insopprimibile di migliorare la qualità della propria esistenza prende forma in conflitti e moti scomposti.
La voglia di riscatto è legittima, ma spesso la corsa alla maggior soddisfazione personale si arresta agli ostacoli di una cultura intrisa di moralismo.
Eppure il moralismo, anticamera del giustizialismo, poco ha a che vedere con il diritto fondamentale alla giustizia sociale.
L’insofferenza per le iniquità sembra trovare sollievo nel potere di condanna. Ciascuno si sente legittimato dalle personali difficoltà a valutare la condotta altrui. Con freddezza e secondo individuali parametri di valutazione. Secondo convinzioni soggettive di ciò che è bene e ciò che è male.
Dai fatti, non sempre noti nella loro verità storica, la sentenza.
Tutti. L’uno giudice dell’altro ed esecutore spietato della condanna.
L’incapacità di prendere le distanze dalla propria egoità è il male del tempo.
In più occasioni moralismo e giustizialismo hanno portato a irreversibili crisi di Governo. La caduta della prima Repubblica, nell’immaginario collettivo ancora emblema di corruzione, clientelismo e incompetenza, ne è soltanto l’esempio più lampante. La creazione di una seconda Repubblica restituiva al Popolo la speranza della libertà, della giustizia e dell’equità, forte della lezione impartita dalle conseguenze di errori da non ripetere. Nella presa di coscienza che esiste una differenza importante tra etica e morale e che la separatezza dei poteri, legislativo, esecutivo e giudiziale, dà valore alla Civiltà se è in grado di stabilire un equilibrio stabile.
Il vero è che è l’assenza di pensiero politico alla base del senso di smarrimento tanto comune.
Così, si è spesso finito per riportare alla responsabilità di uno soltanto le cause di un malessere generalizzato. Il bisogno di dare un’identità al colpevole porta a dimenticare che il successo, come il fallimento, del Governo non può essere decretato sulla base del giudizio sul singolo.
In questo, non aiuta un giornalismo fatto di spettacolarizzazione e non di verità, che approfitta del disorientamento, intorbidisce il reale e sottrae ai cittadini ogni strumento di valutazione consapevole e il potere di partecipazione democratica. Accade spesso che la stampa contamini il giudizio sull’operato di partiti politici e gruppi di Governo con dettagli della vita personale di alcuni.
Il giustizialismo porta la soddisfazione effimera del riscatto, ma, incapace di fondare una civiltà degna di essere considerata tale, non favorisce il benessere sociale, non serve a rimuovere le diseguaglianze. Da ultimo, l’attacco alla casta ha portato a risultati insoddisfacenti; il pensiero va immediatamente alla riforma costituzionale sulla composizione del Parlamento, di scarsa utilità se non accompagnata da una ragionata revisione della legge elettorale.
È indispensabile ricostruire un pensiero politico serio, fatto di studio e sacrificio dell’impegno.
Ogni giudizio deve essere oggetto di meditazione.
Ogni attesa iniziale di risultato, condizionata dalle proprie personali convinzioni, deve essere messa in discussione. La percezione iniziale deve essere verificata mediante la ricerca affannosa della verità.
La giustezza delle proprie idee sia messa alla prova, sempre.
Meritocrazia va oltre ogni deleterio moralismo e mette in luce il valore della correttezza etica.
L’Uomo è fatto di fragilità e debolezze; compito della Società è quello di dar supporto nella correzione dell’errore, contro la mortificazione delle iniziative. E per la riabilitazione dei singoli, a beneficio anche della collettività.