HOW TO PLAY THE GAME – 16 OTTOBRE 2022
L’avvocato può vincere una causa. Il giocatore fortunato un premio al superenalotto. Lo sportivo una competizione importante.
Ma cos’è davvero la vittoria?
Pierre de Coubertin diceva che «L’importante non è vincere, ma partecipare». Un monito a dare il meglio di sé, con la sola ambizione di saper dare il meglio di sé.
Non è facile dismettere l’assillo del successo. Spesso sono i genitori a convincere i figli che è fondamentale affermarsi sugli altri, essere riconosciuti come i migliori, nello studio, nello sport, in ogni relazione con l’altro.
Nell’immaginario comune, è sconfitto, semplicemente, chi partecipa a una competizione e non arriva primo, non riceve il premio.
Il bello, però, e non tutti lo colgono, è nel modo in cui si sceglie di partecipare alla competizione.
Allora tutto sta in ‘how to play the game’.
Se non si comprende questo, non si può trovare la voglia di costruire qualcosa di diverso. Non c’è reazione sociale.
È davvero una vita di vittorie quella di chi ha un lavoro molto ben remunerato, può comprare una barca o magari viaggiare su un aereo privato, far frequentare ai propri figli la scuola più prestigiosa e praticare gli sport più in voga?
O la vittoria non è forse nella possibilità di vivere il sacrificio della costruzione del bene comune?
O la vittoria non è forse nella realizzazione di un sistema inclusivo, nel quale tutti possano mettere a frutto i propri talenti e soddisfare le proprie aspirazioni?
O la vittoria non è forse la creazione di un posto in cui la difesa dei diritti fondamentali è promessa che può essere mantenuta?
Se lavorassimo su questo, se riuscissimo a comprendere che non esiste una vittoria in solitudine, ma che la felicità esiste solo se condivisa, allora smetteremmo anche di avvertire questo continuo inquietante senso di disagio e insoddisfazione.
E finalmente troveremmo il coraggio di reagire e di creare un nuovo moto di Rivoluzione. Senza armi o vetrine rotte, ma promuovendo un pensiero diverso. Quelle delle competenze fatte non di sola conoscenza, ma di sensibilità.
Il politico di mestiere, diceva Machiavelli, di solito non è capace di grande visione. Ma il vero politico, il vero leader deve saper guardare lontano. Diversamente, la politica diventa una missione fine a se stessa, un lavoro come un altro. E da qui, al trionfo degli slogan, alla fiducia in finte verità, al lobbismo sommerso, il passo è breve.
È il momento che il politico vesta una mente nuova.
Per questo Meritocrazia Italia ha pensato da subito di dotarsi di una Scuola di formazione politica, coinvolgenti persone di esperienza e persone desiderose di attingere dall’esperienza altrui.
È il momento della serietà.
In questo modo, Meritocrazia si appresta a gustare una vittoria non egoistica, a giocare una partita nel modo altruistico che impongono le sue regole del gioco.
Per essere il punto di riferimento di chi oggi si sente escluso. E sa che non si vince mai da soli.