I NUOVI MONUMENTI DELLA LEGALITÀ
Beni confiscati alle mafie: dati e prospettive
Da una disamina puntuale dei comportamenti della criminalità organizzata, si coglie l’evoluzione del processo organizzativo della malavita.
La dinamica criminale, generata da una matrice disorganica, disarmonica e su base territoriale contenuta, ha assunto dimensione sistemica organizzata in maniera capillare e professionale. Molti network criminali permettono, infatti, un puntuale raccordo tra le organizzazioni malavitose, confermando uno sviluppo endogeno del sistema interrelazionale.
A ciò si aggiunge un controllo capillare esogeno di taluni indotti economici (gestione rifiuti, pompe funebri, energia solare, etc.), realizzato grazie a consulenti esperti e a un consolidato radicamento istituzionale.
In pratica, il sistema criminale, originariamente fondato su meccanismi elementari e territorialmente limitati, si è trasformato in un impianto imprenditoriale capace di incidere sugli appalti pubblici e sul controllo delle attività economiche più lucrative, non solo in ambito locale ma anche in ambito internazionale.
Le attività repressive contro la malavita organizzata hanno prodotto, negli ultimi anni, risultati lusinghieri che hanno consentito di sottrarre alle organizzazioni malavitose immobili di ingente valore.
L’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni confiscati e sequestrati alla criminalità organizzata definisce le linee guida in materia e monitora i processi su base nazionale.
La legge n. 575 del 1965 e il d.lg. n. 159 del 6 settembre 2011 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché delle nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli artt. 1 e 2, l. 13 agosto 2010, n. 136) individuano i Comuni quali destinatari di beni immobili confiscati, da utilizzare per fini istituzionali o sociali.
Ai sensi dell’art. 48, comma 3, lett. c, del nuovo Codice, gli Enti territoriali sono tenuti a predisporre apposito elenco da pubblicare e aggiornare periodicamente.
Esistono poi, ovviamente, normative regionali in materia a completamento del quadro normativo nazionale.
La Sicilia, in particolare, detiene il record nazionale dei beni confiscati alla mafia. Qui lo Stato ha sottratto alla malavita organizzata 5.645 immobili, destinandone 449 al riuso sociale. Segue la Campania, con 3.017 beni sottratti alla camorra e 282 riaffidati a scopi sociali.
Da una relazione del Centro Pio La Torre di Palermo in ordine all’attività svolta nel 2020 dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, si possono rilevare ulteriori interessantissimi aspetti. Si riscontra che la Sicilia, sebbene mantenga il primato dei beni destinati, vede diminuire dal 40,5% il quantum dei beni dislocati nel suo territorio.
Osservando poi il dato della regione Emilia Romagna, si registra un sempre crescente interesse della malavita verso il Nord Italia.
Altro dato significativo attiene alle assegnazioni dei beni. Su un totale di 17.513 beni assegnati, «l’81% è stato destinato agli enti territoriali, il 13% al patrimonio dello Stato per il soddisfacimento di esigenze delle amministrazioni centrali, il 4% è stato venduto e il 2% reintegrato nel patrimonio di società confiscate» (documento dell’ANBSC).
I Comuni assegnatari di beni confiscati sono 990 in tutt’Italia.
La Sicilia è la regione con la più alta percentuale, pari al 52,31%. Palermo è il comune con il più alto numero di beni destinati (1.512 di immobili).
Tra le regioni con le più alte percentuali di beni assegnati ai Comuni sono Puglia (37,35%), Calabria (30,69%) – Reggio Calabria (354) –, Campania (24,36%) – Napoli (245) –, Lazio (18,52%) e Lombardia (11,08%) [dati Ansa].
In Puglia vengono assegnati a 19 comuni 261 immobili confiscati alla criminalità.
L’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata ha assegnato, quest’ anno, ai comuni pugliesi beni immobili per un valore totale di oltre 13 milioni di euro.
Grazie all’opera di informazione preventiva dei nuclei di supporto dell’Agenzia, i Comuni interessati, nell’ambito di una conferenza dei servizi tenutasi l’8 giugno scorso, hanno potuto manifestare il proprio interesse al trasferimento, consapevoli della tipologia dei beni ‘offerti’, delle diverse possibilità di utilizzo degli stessi e delle fonti di finanziamento cui attingere per la loro riqualificazione, tra le quali un importante bando della regione Puglia dedicato alla valorizzazione dei beni confiscati.
Il risultato ottenuto dimostra la possibilità di concludere le procedure di destinazione in meno di tre mesi, e di offrire una maggiore consapevolezza ai destinatari dei beni sulle possibilità di utilizzo degli stessi e sul sostegno costante di Agenzia e prefetture.
In Campania molti immobili sono rientrati nella disponibilità pubblica.
Basti pensare ai sequestri nel quartiere Sanità, riconducibili a storici gruppi camorristici di spicco.
L’Amministrazione comunale di Napoli alla luce della più recente legislazione, e dell’apertura di una sede dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni confiscati si è posta l’obiettivo del pieno utilizzo dei beni sottratti alla malavita.
In provincia di Caserta, ad Aversa, di recente, grazie al finanziamento del progetto AffidAbile, un bene confiscato diventerà un centro per l’affidamento familiare dei minori e per la tutela delle donne in difficoltà.
Restando nella provincia di Caserta, a Carinaro, l’amministrazione comunale ha presentato il progetto di un hub culturale presso un immobile confiscato. L’idea è quella di realizzare un doposcuola gratuito per gli studenti della città e un’area di co-working per i ragazzi e per gli adulti.
La Calabria ha destinato immobili e terreni coltivabili ad associazioni che si occupano del ‘dopo di noi’ e della tutela di disabili, anziani, ex detenuti e giovani con difficoltà di inserimento sociale.
Nel Lazio, esempio di assoluto interesse è rappresentato dalla Collina della pace a Roma, nata su un terreno oggetto di speculazione edilizia da parte della banda della Magliana. La struttura oggi ospita una biblioteca di oltre trentamila libri.
Esiste, però, anche un altro lato della medaglia.
Dai numeri si evince che la parte prevalente degli immobili recuperati è libera, con possibilità di utilizzo per le finalità previste dalla legge. Si registrano anche casi in cui beni sottratti alla malavita organizzata hanno trovato difficoltà ad essere assegnati ad associazioni di volontariato. L’assegnazione alle amministrazioni locali per fini sociali, in molti casi diventa alquanto difficile in tempi rapidi. Inoltre, non sempre all’elevata qualità e quantità dei progetti per il riuso dei beni confiscati corrisponde un dignitoso livello di manutenzione degli immobili sequestrati.
Le difficoltà in cui possono cadere le amministrazioni locali nel ripristino funzionale dei beni a causa di problemi economici, temporali e burocratici rischiano di neutralizzare le utilità dell’azione giudiziaria.
L’eccessiva burocratizzazione sistemica rallenta il processo di trasferimento.
Solo una disamina disaggregata dei momenti procedurali consentirà di capire la direzione da intraprendere per ridurre le lungaggini procedurali. Da qui, l’importanza della trasparenza e della completezza dei dati.
Per superare il problema, le ‘conferenze di servizio’ possono rappresentare uno strumento utile al rilancio dell’economia legale, con sottrazione di risorse alla malavita.
Idea ulteriore potrebbe essere quella di investire una parte dei bonus destinati al risparmio energetico a favore del ripristino degli immobili sequestrati e confiscati alla malavita.