I riflessi del controllo societario sulla emersione della crisi
In questi giorni è accesissimo il dibattito sui parametri quantitativi di obbligatorietà dell’organo di controllo societario, a seguito della più ampia riforma in materia di crisi d’impresa introdotta con il D.lgs 14/2019. Lo si fa, probabilmente, non per valutazione di quelli che sono gli effettivi impatti dei controlli societari sul funzionamento aziendale, in realtà di piccole dimensioni, ma per gli oneri che le imprese dovrebbero subire in termini di compensi da riconoscere ai professionisti nominati. Tutto ciò tralasciando, a nostro parere, un onere di ancor più ampia portata, anche se non meramente ed esclusivamente economico: le nuove procedure di allerta previste dalla riforma del 2019.
Con tali procedure si avrà l’accelerazione della emersione della crisi d’impresa con un impatto rilevante sulla soluzione della stessa: la limitazione dei poteri dell’imprenditore per la sua risoluzione, seppur l’azienda si trova ancora “in bonis”, ovvero non ha ancora avuto accesso ad uno degli istituti cd. pre-concorsuali. Ebbene gli stessi soggetti che oggi si preoccupano di non aumentare i costi di molte imprese con compensi professionali (da riconoscere a sindaci/revisori) potrebbero aver sottovalutato l’impatto dell’ingresso in società di soggetti terzi che dovrebbero, nell’auspicio del legislatore, assistere l’azienda a superare la fase di avvio della crisi nei primi tempi della sua emersione. Non è detto che ciò non accada, ma ci si dimentica che l’unico modo incontestabile per permettere all’azienda di superare la fase di crisi è quella di riprendere a produrre flussi di cassa ed utili! E per fare ciò l’imprenditore ha necessità di poter fare il suo lavoro: gestire l’azienda con processi decisionali snelli che lo vedano però accollarsi onori ed oneri delle scelte. Laddove non fosse più in grado di fare ciò la soluzione economica va ricercata nella cessazione delle attività o, ad esempio, la sua cessione, ma non certamente in una procedura giuridica.
Pensare, ad esempio, che un imprenditore debba decidere se dare priorità al pagamento di un fornitore piuttosto che un altro, seppur per importanti motivi giuridici, senza poterlo decidere anche nell’ottica della strategicità dei riflessi che quel pagamento potrà avere nell’immediato sul ciclo produttivo, ma esclusivamente perché un organismo terzo gli ricorda, ad esempio, che i gradi di privilegio glielo impongono, vuol dire non avere cognizione neppure minima di quello che è una azienda!
Ma non bisogna sottovalutare e non apprezzare i motivi che hanno indotto il legislatore alla istituzione delle cd. Procedure di allerta: evitare che la situazione di crisi aziendale venga palesata in ritardo perché questo è spesso un danno irreparabile per i creditori sociali e per il sistema economico in generale. Allora prendendo spunto dal “messaggio” lanciatoci dal legislatore e ritornando all’attuale dibattito sul “numero” oltre il quale far scattare gli obblighi di nomina dell’organo di controllo, vorremmo dire la nostra in merito a probabili accorgimenti del D.lgs 14/2019 che hanno l’ambizione di rafforzarne la finalità.
Ben vengano gli obblighi in capo a tutte le imprese “societarie o collettive”, senza distinzione alcuna, di “istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa” previsto dal novellato art. 2086 del codice civile. Una tale previsione normativa migliorerà il miglioramento della gestione di molte imprese italiane. Ma perché, anziché prevedere la creazione di un nuovo organo (organismo di composizione della crisi d’impresa) che potrebbe avere dirompenti impatti sulla limitazione della capacità dell’imprenditore di superare la crisi, non si interviene rafforzano l’organo di controllo societario?
Il problema dello stesso non è meramente numerico, legato ai parametri della sua nomina, ma strutturale. Occorre nominare un organo di controllo che sia veramente messo in condizioni di effettuare il suo lavoro nell’ambito della ordinaria vita aziendale, rivendendo invece le funzioni attribuite agli organismi di composizione della crisi nell’ambito della più ampia famiglia delle procedure pre-concorsuali.
Soffermiamoci per ora sul revisore legale, parlando successivamente del collegio sindacale. Il rafforzamento delle verifiche contabili aziendali può avvenire, a nostro parere, prevedendo i seguenti accorgimenti:
1. Nomina del revisore affidata a soggetto terzo: Tribunale che dovrà nominare i revisori legali su richiesta della società interessata scegliendoli tra i professionisti che risiedono nella provincia nella quale opera la società;
2. Previsione di un limite massimo di incarichi di legge assumibili dal revisore da stabilire a seconda che si tratti di persona fisica o società di revisione (legandolo in tal caso al numero di soci);
3. Incarico di revisione triennale non rinnovabile per legge;
4. Avvio delle procedure di controllo di qualità sulle attività dei revisori ad opera del Ministero Economia e Finanza così come stabilito, e mai attuato, dall’art. 20 del D.lgs 39/2010;
5. Tariffe professionali stabilite per legge sulla base dei parametri aziendali;
6. Limitazione della responsabilità del revisore ad un multiplo del compenso laddove lo stesso rispetti in maniera puntuale i principi di revisione e superi positivamente i controlli di qualità di cui al D.Lgs 39/2010;
7. Procedure semplificate e rapide (anche a tutela aziendale) di composizione, laddove si creino differenti vedute/contrasti fra l’azienda ed il revisore/società di revisione che possano prevedere
anche la sostituzione del revisore ad opera del Tribunale nei casi più gravi;
Nessuna modifica invece in merito alle modalità di nomina e funzionamento del collegio sindacale e/o sindaco unico (a cui non potrà però essere più attribuita la revisione legale dei conti) anche in considerazione del diverso ruolo e dei diversi compiti attribuiti al suddetto organo.
Una tale riforma sarebbe in grado di rafforzare l’organo di controllo “contabile” aziendale lasciando all’imprenditore la libertà, con tutti gli oneri conseguenti, di poter gestire autonomamente l’azienda anche nei momenti di difficoltà con la finalità di superare, auspicabilmente, la crisi con la creazione di utili/cassa e non con una procedura che potrebbe definitivamente “ingessare” ogni azione di salvataggio.
Quanto ai valori quantitativi di cui tanto si parla in questi giorni, oltre i quali far scattare l’obbligo di nomina dell’organo di controllo, certamente appare di buon senso prendere spunto quanto proposto in uno degli ultimi emendamenti, e prevedere la nomina al superamento, per un solo esercizio di due dei seguenti parametri: totale attivo superiore a 4 milioni di Euro, totale ricavi superiore a 4 milioni di Euro, dipendenti impiegati in azienda superiori a 20 unità.
Chi dice che con le modifiche proposte da apportare al sistema dei controlli aziendali, non si raggiungerebbe comunque l’obiettivo di far emergere in tempi rapidi le difficoltà aziendali, che è una delle principali aspirazioni del D.lgs 14/2019? Perché è incontestabile che la crisi si affronta con possibilità di soluzione, solo laddove si interviene tempestivamente. Nessuna modifica, ad esempio, dovrebbe essere apportata agli indicatori della crisi che saranno oggetto di puntuale definizione nei prossimi mesi, così come previsto dall’art. 13 del “Codice della Crisi e dell’Insolvenza”.
Una volta rafforzati i controlli societari il legislatore potrebbe poi provvedere alla riformulazione degli istituti pre-concorsuali partendo, anche, dalle importanti novità previste per gli organismi di risoluzione crisi d’impresa che andrebbero ricomprese appunto quali istituti pre-concorsuali.
a cura di Dott. Vincenzo Cardo
Meritocrazia Italia