IL DIRITTO ALL’ACQUA
La riforma della giurisdizione
L’acqua, bene imprescindibile per la vita umana, è stata a lungo considerata erroneamente risorsa illimitata e, pertanto, tutelata unicamente in relazione alla capacità di sfruttamento economico.
Oggi, la consapevolezza che l’acqua sia un bene preziosissimo anche sotto altri e più importanti profili e a livello non solo nazionale ma globale porta a ripensarne la disciplina in ogni comparto. Non ultimo il sistema Giustizia.
In Italia, per la specificità e particolarità della materia, furono istituiti – e sono ancora operativi – il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche e otto Tribunali regionali, regolati dal r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775 (il c.d. Testo Unico Acque).
Tuttavia, tranne che per la intuizione della presenza di un componente tecnico di particolare preparazione, non può dirsi che la materia delle acque si presti a riflessioni tali da giustificarne la sottrazione al rito ordinario.
Il rito speciale sopravvive oggi come un ibrido passivo, legato a istituti, tempi e concetti non attuali e innestato in un processo civile radicalmente mutato, caratterizzato da scansioni temporali e decadenziali prima sconosciute, ma al contempo teso a una poco convincente sommarizzazione.
Si consideri anche che la magistratura assegnata non compie alcun percorso specialistico di carriera dedicata, anche per via della scarsità numerica delle cause da trattare.
Certo, l’esiguità quantitativa del contenzioso non fa venir meno la sua peculiare rilevanza qualitativa già soltanto nell’impostazione tradizionale dell’acqua pubblica come risorsa economica suscettibile di sfruttamento da razionalizzare e regolare. E forse proprio la speranza di riuscire ad attuare una più accurata ponderatezza della decisione aveva portato il legislatore a prevedere un rito ad hoc, l’apporto della professionalità tecnica esterna e una contaminazione interattiva tra Consiglieri di Cassazione e Consiglieri di Stato, purtroppo rimasta frustrata in sede applicativa.
La stessa speranza che ha spinto tanto in là i rinvii delle proposte di soppressione dell’ordinamento delle acque avanzate ai primi anni del millennio e da ultimo in un disegno di legge del 2016 rimasto inattuato.
Nuovi orizzonti potrebbero utilmente aprirsi ove l’idea e il concetto stessi di acqua pubblica fossero rivisti nel senso contemporaneo di diritto fondamentale della persona, anziché di oggetto di diritti di sfruttamento economico.
Se infatti l’intento del legislatore di assicurare una tutela rafforzata (rectius, adeguata) non si è compiutamente realizzato nella evoluzione giurisdizionale e nella pratica dei Tribunali delle Acque, resta il merito del riconoscimento della importanza e particolarità di un settore vitale non soltanto per l’economia, ma la dignitosa e libera quotidiana esistenza di ogni individuo quale Persona.
Un intervento di riforma è oggi essenziale nel verso del superamento della frammentazione dei riti, che non favorisce ma complica l’esigenza di tutela, e della maggiore garanzia del diritto, anche del singolo, alla regolamentazione del regime delle acque e all’accesso ad acqua salubre.
Tenuto conto della specificità della materia, alcune proposte potrebbero essere di:
– prevedere un’adeguata e precisa formazione tecnica dei Giudici civili e amministrativi, nonché degli avvocati nel settore delle acque e delle leggi che le regolano;
– riformare il Testo unico acque nella sua attuale stesura, che riconosca il diritto all’acqua, non solo in un’accezione patrimonialistica, ma come vero e proprio diritto fondamentale e tutelabile dell’Uomo, necessario per lo sviluppo e per la vita, universalmente intesa;
– abrogare il Titolo V del Testo Unico di cui al r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775 e ss.mm. e dell’art. 64 dell’ordinamento giudiziario di cui al r.d. 30 gennaio 1941 n. 12, con contestuale soppressione dei tribunali regionali e del tribunale Superiore delle Acque Pubbliche;
– l’attribuzione della competenza per le controversie nelle materie previste dall’art. 140 del TU n. 1933/1775 al Tribunale Ordinario in composizione Collegiale e per le controversie nelle materie previste dall’art. 143 del TU n. 1933/1775 al Giudice Amministrativo, con applicazione di un ‘Ufficio Filtro’ per lo smistamento d’ufficio delle cause al giudice competente, inteso a prevenire eventuali questioni di giurisdizione.