IL PRECARIATO DEL TURISMO
Un problema in cerca di soluzione
Quando tutto sembrava prendere la giusta piega, conquistata l’illusione di poter riprendere il controllo della quotidianità, senza troppa sorpresa il numero dei contagi torna a salire anche in Italia.
Tra i settori maggiormente colpiti dagli effetti nefasti della pandemia è quello turistico, vera e propria “vittima economica“.
Ne prende atto uno studio effettuato da Cassa Depositi e Prestiti e Luiss Business school, che prevede un dimezzamento del fatturato con perdite registrate fino a 10 mld di euro per le strutture ricettive e con ammanco di liquidità per 2,5 miliardi, cifre monstre per un settore che incide sul Pil nazionale per il 13% e che normalmente impiega il 15% dell’occupazione nazionale in termini di forza lavoro interessata.
La stagione turistica estiva è appena trascorsa. E gli operatori del settore conoscono fin troppo bene gli enormi sacrifici alla quale l’emergenza ha costretto il comparto.
A pagare il prezzo più alto, i precari del settore turistico.
Per comprendere meglio il quadro, è necessario uno studio della strutture delle imprese interessate.
In Italia, si tratta perlopiù di strutture ricettizie e ristorative a carattere familiare, di dimensione medio piccola e con scarso rilievo per le grosse catene, con conseguente numero medio dipendenti per impresa molto basso e inferiore alla media europea.
L’elemento predominante del settore è caratterizzato dalla flessibilità, necessaria per affrontare situazioni e peso del lavoro variabili stagionalmente ma soprattutto per reggere al peso della concorrenza internazionale e non e alla pressione della crisi che attanaglia il settore.
Facile pensare che, in un settore a forte frammentazione, nel quale l’imperativo è adattarsi ai tempi e ai modi dei flussi della clientela, sia difficile ridurre davvero la presenza di precari.
I giovani sono tra le categorie che faranno più fatica a riprendersi, con tassi di disoccupazione elevati e redditi più bassi della media. L’ulteriore danno alle loro condizioni lavorative potrebbe essere ancora più faticoso da assorbire senza appropriati interventi tramite ammortizzatori.
Camerieri, addetti alle pulizie, facchini e manutentori impiegati nella ricezione alberghiera ed extra alberghiera: rischiano di essere loro a conquistare la posizione di ‘nuovi poveri‘ già dalle prossime settimane.
Vero che misure a sostegno della cultura e del turismo sono state varate.
Nello specifico, il turismo riceve in dote il rifinanziamento e l’estensione del Fondo Istituito per il 2020 a sostegno di agenzie di viaggio e tour operator, ma anche a beneficio di chi era stato escluso in precedenza, come guide turistiche e accompagnatori. Oltre a risparmi attraverso il credito d’imposta esteso a più operatori fino al 31 dicembre 2020. Con l’ultimo decreto, i lavoratori stagionali ricevono a sostegno un’indennità pari ad € 1000 omnicomprensiva.
Probabilmente la portata degli interventi per il settore non sarà sufficiente a tamponare le ferite aperte. L’impressione è che le misure adottate siano più utili ad evitare un’immediata emorragia che a guardare a prospettive future neanche troppo lontane che causeranno al settore e al comparto intero conseguenze disastrose.
E’ difficile immaginare che un lavoratore precario possa far fronte, soprattutto se con famiglia, alla stagione invernale con restrizioni a portata di mano e con blocco dell’attività turistica, con soli 1.000,00 euro.
La logica puramente assistenzialista non è adeguata ad assicurare giuste garanzie.
Va modificato l’approccio ai contratti di lavoro, ma per farlo è necessario avviare un processo di defiscalizzazione e alleggerimento delle attività imprenditoriali interessate, con visione di prospettiva.
Ogni intervento deve essere mirato a restituire al lavoratore quella dignità che oggi è messa a dura prova. Compito delle Istituzioni è salvaguardare il diritto al lavoro, il diritto alla integrità psicologica. Per questo, è necessario un piano d’azione combinato a livello europeo, perché, nonostante il grande impegno e i notevoli fondi che i diversi Paesi stanno dedicando al settore, l’impatto negativo è tale che nessun Paese può pensare di farcela da solo.
Per l’Italia, serve far rientrare la filiera turistica tra le priorità di intervento nei programmi di ripresa e di investimento comunitari. Le imprese turistiche che stanno impiegando risorse e investimenti per la sanificazione e la sicurezza delle strutture e dei propri dipendenti e nel sistema di monitoraggio epidemiologico vanno sostenute con interventi mirati e congrui.
Un’adeguata uniformità di trattamento e un intervento europeo organico ed uniforme è quanto mai urgente.
È evidente che la soluzione per lo sviluppo strategico delle imprese del turismo italiano è la messa in pratica di sistemi collaborativi dai risultati tangibili, secondo una visione a 360º che valorizzi la cultura locale. Anche attraverso, ad esempio, la riscoperta dei Borghi rurali dove, magari, poter creare nuove e incentivanti prospettive occupazionali, a beneficio anche del rientro dei tanti Giovani Italiani che hanno fatto esperienze all’Estero nel comparto Turistico, basandosi sulla creatività e l’innovazione (punti di forza dell’italianità, accresciuti, magari, dall’esperienza estera).
Per fare questo sono necessari un sistema organizzativo che parta dal basso, che aiuti le imprese a migliorare, e una regia istituzionale che crei il prodotto Italia, lo sappia vendere per la sua unicità e lo promuova come differenziale rispetto ad altri modelli di ospitalità.
Tra gli obiettivi, incentivare un turismo sostenibile ed equo, restituendo centralità alle ricchezze del Paese e offrendo maggiore sicurezza, in ambito sanitario e della tutela della salute, attraverso l’adozione di norme chiare e dirette, volte ad agevolare la ripresa del comparto intero senza tralasciare alcun segmento.