IL PROFESSORE A CONTRATTO
Il 9 ottobre 1985, la Seconda sezione del Consiglio di Stato concluse, al termine di un parere relativo all’uso del titolo di ‘professore’ da parte dei professori a contratto delle Università che, questi ultimi «possono valersi del titolo di professore purché l’accompagnino con l’indicazione “a contratto” e con la specificazione della materia di insegnamento».
Era uno dei primi riconoscimenti, di natura puramente formale, di una delle categorie più oscure (e precarie) del mondo accademico: quella dei professori a contratto.
Questo istituto, introdotto dall’art. 25, d.P.R. n. 382 del 1980, prevede la possibilità di conferire incarichi di docenza a personale non dipendente degli atenei, ‘esperti esterni’, ed era pensato, in origine, per coinvolgere nel sistema universitario figure professionali dotate di competenze molto specifiche e settoriali, non presenti nel personale di ruolo; proprio per questa ragione, fu previsto che la remunerazione non fosse attribuita sulla base di uno stipendio mensile, bensì su base oraria.
L’intuizione, potenzialmente utile, ha ben presto mostrato i suoi limiti e in pochi anni la situazione è andata degenerando tanto che, oggi, vengono affidati tramite contratto anche insegnamenti fondamentali come previsto dal d.m. 21 maggio 1998, n. 242.
La ragione di questa scelta è molto semplice: i professori a contratto insegnano, interrogano e danno i voti, danno le tesi e ne sono relatori, partecipano alla vita dell’Università, ma vengono pagati solo per le effettive ore di lezione, con la conseguenza che un docente a contratto costa, in un anno, mediamente meno di quello che un docente di ruolo percepisce in un mese. Ancora una volta, la precarietà delle risorse finanziarie degli Atenei distrae da riflessioni su reclutamento e distribuzione degli incarichi basate soltanto su competenze e meriti.
Questa situazione ha portato a una notevole precarizzazione del ruolo dei docenti a contratto dato che, oggi, accanto a tanti professionisti o dipendenti da altri comparti della p.a., che svolgono questa attività più per passione che per altro, si trovano anche tanti studiosi per i quali tale attività rappresenta – di fatto – l’unico lavoro. Da qui, professori a contratto raminghi da un’università all’altra pur di mettere insieme tre o quattro contratti per ricavarne, nel complesso, una remunerazione sufficiente.
Il fenomeno torna a interessare la stampa nazionale con cadenza periodica, ma altrettanto periodicamente viene presto dimenticato.
La figura del docente a contratto è piuttosto nebulosa e anche per gli studenti è spesso difficile percepire la differenza di status rispetto a professore ordinario, associato e ricercatore (tutti e tre dipendenti strutturati presso l’Ateneo). Agli occhi dello studente, il docente a contratto svolge esattamente lo stesso lavoro dei primi tre, ma percepisce un compenso che mediamente si aggira tra i 25 ed i 100 euro (lordi) per ogni ora di lezione (sono escluse dal compenso tutte le attività collaterali quali il ricevimento degli studenti, l’assegnazione, al correzione e la relazione delle tesi di Laurea, gli esami di profitto, etc).
Secondo il «Rapporto biennale sullo stato del sistema universitario e della ricerca 2018», i docenti a contratto effettuano una quota rilevante e crescente della didattica erogata pari al 24,9% sul totale delle attività didattiche e il 18,7% delle ore totali.
Mediamente il monte ore di didattica dei docenti a contratto è di 44,5 ore in media e tre quarti di loro sono titolari di un solo insegnamento.
Questi dati fanno riflettere. Oggi quasi un quarto della didattica è affidata a docenti che accettano la condizione di elevata precarietà mossi dalla passione per lo studio e dalla speranza di una futura assunzione nei ranghi accademici o, purtroppo, perché convinti di non poter aspirare a nulla di meglio.
Il sistema del reclutamento universitario italiano merita una ristrutturazione. Per assicurare la piena realizzazione delle aspirazioni di chi dedica le proprie energie a ricerca e didattica, con competenza e capacità, ma soprattutto per restituire alla formazione quel livello qualitativo essenziale a un adeguato progresso sociale e culturale.
Di EMANUELE FLORINDI
Fonti:
https://it.euronews.com/2018/01/26/essere-professore-a-contratto-all-universita-per-3-75-euro-l-ora
https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/eccellenti-precari-senza-attenzioni
https://www.altalex.com/documents/news/2002/11/26/universita-il-ruolo-dei-professori-a-contratto-tra-leggi-regolamenti-e-giurisprudenza
I docenti a contratto non possono partecipare ai bandi dei propri atenei riservati agli “esterni”
https://www.roars.it/online/wp-content/uploads/2016/09/ConsSt_2016_3626.pdf
https://www.anvur.it/wp-content/uploads/2019/01/ANVUR-Completo-con-Link.pdf