IL RECUPERO DELLE RISORSE IDRICHE

IL RECUPERO DELLE RISORSE IDRICHE

Il clima cambia. Le sorgenti si impoveriscono. I consumi d’acqua crescono e le crepe dispersive non vengono sanate completamente.
Le acque del fiume Sele, dell’Ofanto, del Fortore, del Sinni, del Pertusillo, deviate da montagne remote verso la Puglia siccitosa, non bastano più e l’Acquedotto Pugliese cerca acqua per almeno il 40% in più entro il 2050.

Essendo la Puglia una Regione con grossi problemi di rifornimento di acqua potabile, recuperare le acque reflue urbane per il loro riutilizzo in agricoltura e per altri usi è non solo una priorità, ma diventa un’esigenza per la salvaguardia del territorio.

Oggi la Puglia vanta alcuni impianti tecnologicamente avanzati, come quello di Noci (BA) e Fasano (BR).
In una nuova economia circolare le acque reflue e la materia organica possono essere riutilizzate in una catena di valore, trasformando così il problema in opportunità, visto che il 70% di tutta l’acqua fornita da sorgenti o invasi è assorbita dal settore agricolo.

Di fatto, altro problema rilevante è rappresentato dalle dispersioni.
Nonostante l’Acquedotto Pugliese abbia eseguito lavori di manutenzione su condutture obsolete, molto c’è ancora da fare. Utili potrebbero essere anche campagne di informazione e sensibilizzazione per sollecitare i cittadini a compiere piccoli gesti di parsimonia e denuncia di eventuali falle nelle condutture di cui si è a conoscenza.
Peraltro, in Puglia, a causa delle reti colabrodo, va perso 1 litro di acqua su 2. Un lusso che non ci si può permettere in una situazione in cui, con l’emergenza Covid, l’acqua è divenuta centrale per garantire l’approvvigionamento alimentare in uno scenario globale di riduzione degli scambi commerciali, accaparramenti e speculazioni che hanno spinto la corsa dei singoli Stati ai beni essenziali per garantire proprio l’alimentazione della popolazione.

Senza trascurare il dato che, in Puglia, le aree a rischio desertificazione sono pari al 57% del territorio regionale per i perduranti e frequenti fenomeni siccitosi, dove per le carenze infrastrutturali ed appunto le suddette reti (colabrodo) viene perso l’89% della pioggia caduta.

Orbene, servono quindi interventi infrastrutturali per non disperdere l’acqua piovana, e manutenzione ordinaria e straordinaria di canali di scolo, invasi e reti irrigue, abbandonati a se stessi da decenni.

Il settore agricoltura sta cercando di fare la propria parte con un impegno per la diffusione di sistemi di irrigazione a basso consumo, ma anche ricerca e innovazione per lo sviluppo di coltivazioni a basso fabbisogno idrico sarebbero da valorizzare.
Difatti, in Puglia oltre il 52% dell’irrigazione è ‘a goccia’ e a ‘micro irrigazione’, prova del continuo sforzo per il risparmio dell’acqua. Ciò mal si coniuga con le importanti perdite d’acqua lungo la rete distributiva dei Consorzi di Bonifica commissariati. Non si assecondano le spinte all’innovazione, soprattutto dei giovani imprenditori agricoli, molto più aperti all’impiego delle tecnologie e molto più attenti alla razionalizzazione delle risorse.

La ormai ventennale situazione di commissariamento dei Consorzi di Bonifica non ha consentito i necessari ammodernamenti strutturali e infrastrutturali, con evidenti carenze in termini di servizio a un’agricoltura moderna ed evoluta che ha anche necessità di cambiare i propri ordinamenti colturali per rispondere alle esigenze dei mercati nazionali ed internazionali.
Sta perciò prendendo sempre più piede un’agricoltura di precisione come il migliore e più efficace sistema di gestione delle risorse aziendali, evitando lo spreco di acqua e, al contempo, finalizzando i mezzi tecnici proprio dove servono, nonché nelle quantità giuste ed al momento opportuno.
Servirebbe altresì la differenziazione dei periodi di distribuzione irrigua con l’anticipo dell’apertura degli impianti e con l’intercettazione di nuove utenze per l’irrigazione degli ortaggi autunnali ed invernali.

Ma vi è di più.
Oltre alla quantità, è necessario che sia assicurata la qualità dell’acqua, che ha, come diretta conseguenza, la sicurezza alimentare.
La presenza di numerosissimi pozzi privati, collettivi e non, alimenta oltre il 75% dell’irrigazione della Regione. È difficile pertanto il controllo sia delle quantità emunte dalla falda che, in molti territori, può registrare la presenza di acqua di mare dannosissima per le colture, sia della qualità dell’acqua utilizzata.

L’auspicio è che venga definito un piano ideale sulle risorse idriche per il Recovery Plan, che dovrebbe puntare a risparmiare il 30% di acqua per l’irrigazione, diminuire il rischio di alluvioni e frane, aumentare la sicurezza alimentare dell’Italia, migliorare il valore paesaggistico dei territori e garantire tanto la disponibilità idrica in caso di incendi quanto adeguati stoccaggi per le produzioni idroelettriche green, in linea con gli obiettivi di riduzione delle emissioni dell’UE per il 2030.



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