IL REGIME FISCALE DI ADEMPIMENTO COLLABORATIVO PER LE GRANDI IMPRESE: PROSPETTIVE FUTURE
Il regime dell’adempimento collaborativo tra Amministrazione finanziaria e contribuente è stato introdotto dal d.lg. n. 128 del 5 agosto 2015, in ossequio alle raccomandazioni emanate dall’Ocse (in vigore dal 2 settembre 2015).
Il d.lg. n. 128 del 2015 ha dato vita al progetto di un sistema fiscale più equo e trasparente, attraverso una nuova forma di comunicazione e una cooperazione rafforzata basata sulla fiducia reciproca e sulla trasparenza; cooperazione per la quale le grandi imprese ottengono una serie di benefici.
Il decreto del Mef del 30 dicembre 2016 ha fissato al 31 dicembre 2019 il termine della fase di prima applicazione della “cooperative compliance”.
Tuttavia la compliance fiscale (Tax Compliance), che trova la sua massima sintesi nell’adempimento collaborativo, conferisce alle aziende l’ambìto ticket della buona reputazione tributaria; ha i suoi vantaggi e sembra essere d’impulso per la distensione dei rapporti tra fisco e imprese.
Il regime dell’adempimento collaborativo è destinato ai contribuenti che, volontariamente, vogliano dotarsi di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, inteso quale rischio di operare in violazione di norme di natura tributaria ovvero in contrasto con i principi o con le finalità dell’ordinamento tributario.
Nella fase iniziale, il regime, che prevede tra l’altro anche una riduzione delle sanzioni amministrative applicabili, è stato riservato solo alle grandi imprese con fatturato superiore a € 10 miliardi e a quelle che hanno aderito al progetto pilota avviato in via sperimentale nel 2013 (con fatturato superiore a € 1 miliardo), pur nella prospettazione di una successiva e graduale estensione anche ai contribuenti di dimensioni inferiori.
Il d.m. 15 giugno 2016 ha definito le modalità di presentazione di un interpello preventivo da parte dei contribuenti che aderiscono a tale regime collaborativo. Si tratta di una procedura abbreviata di interpello preventivo riguardante l’applicazione delle disposizioni tributarie a casi concreti per i quali si ravvisano possibili rischi fiscali. L’Ufficio deve comunicare una risposta, scritta e motivata, nel termine ridotto di 45 giorni (contro i 90/120 giorni per l’interpello ordinario); trascorso tale termine vale il silenzio assenso. Il Ministero delle Finanze, con il d.m. 15 giugno 2016, ha definito le modalità di presentazione della procedura abbreviata di interpello preventivo consentita ai soli contribuenti che aderiscono al regime dell’adempimento collaborativo.
Il regime si applica per il periodo d’imposta nel corso del quale la richiesta di adesione è trasmessa e si intende tacitamente rinnovato se non sia stato espressamente comunicata l’intenzione di non permanere nel regime.
Tale regime è stato istituito con lo scopo di:
• promuovere forme di comunicazione e di cooperazione rafforzate tra a.f. e contribuenti, attraverso un sistema di confronto basato sulla trasparenza e fissando precisi doveri a carico delle due parti,
• dare benefici immediati grazie ad un sistema di controllo anticipato al fine di prevenire potenziali liti fiscali future, attraverso un preciso sistema di scambio di informazioni preventive tra Amministrazione finanziaria e contribuente, così da definire la corretta condotta del contribuente, limitando, in tal modo, il rischio di possibili controversie future di natura fiscale.
In fase di prima applicazione, possono aderire al regime speciale di adempimento collaborativo i soggetti, residenti e non residenti che:
• realizzano un volume d’affari o di ricavi non inferiore a € 10 miliardi;
• hanno un volume d’affari non inferiore a € 1 miliardo ma che abbiano presentato istanza di adesione al progetto pilota sul regime, accettando l’invito del 25.6.2013, dotati di un sistema di controllo interno per la gestione del rischio fiscale o di modelli di organizzazione e di gestione, ex art. 6, D.Lgs. 231/2001.
Anche Nestlé entra nel club del regime di adempimento collaborativo con il Fisco italiano, del resto, come si evince dal sito aziendale, insieme a Nestlé italiana, Nestlé shop, Nespresso italiana e San Pellegrino.
Per ora sono 34 le società ammesse, anche perché le maglie del regime sono ancora strette.
Quanto ai requisiti di accesso al regime, questo è subordinato al possesso di un efficace sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, inserito nel contesto di controllo interno aziendale.
Il sistema, oltre a garantire un fedele e tempestivo adempimento degli obblighi tributari, dovrebbe assicurare:
• una chiara attribuzione dei ruoli e delle responsabilità nei diversi settori dell’organizzazione delle imprese in relazione ai rischi fiscali;
• un’efficace procedura di rilevazione, misurazione, gestione e controllo dei rischi fiscali che deve essere rispettata a tutti i livelli aziendali;
• efficaci procedure per rimediare a carenze riscontrate nel funzionamento e per attivare le azioni correttive necessarie.
Aderendo al regime, il d.lg. n. 128 del 2015 istituzionalizza la figura del tax risk manager all’interno delle aziende nell’ambito del nuovo regime di adempimento collaborativo.
Il tax risk manager rappresenta una figura autonoma il cui compito è quello di identificare, mitigare e controllare il rischio fiscale; una figura che, inserita nell’ambito delle funzioni di compliance o risk management, dovrebbe essere indipendente rispetto alle strutture aziendali amministrative e di consulenza tributaria, affinché possa fare valutazioni precise e professionali sull’esistenza di rischi di natura fiscale.
Il regime di adempimento collaborativo introduce una innovazione nel rapporto tributario, prevedendo una nuova modalità di interlocuzione, costante e preventiva, con l’Agenzia delle Entrate, con la possibilità di pervenire a una comune valutazione delle situazioni suscettibili di generare rischi fiscali prima della presentazione delle dichiarazioni fiscali.
Tale previsione offre così l’opportunità di gestire le situazioni di incertezza attraverso un confronto preventivo su elementi di fatto; si ha quindi l’anticipazione del controllo con l’obiettivo di risolvere preventivamente le potenziali controversie fiscali.
L’art. 6, d.lg. n. 128 del 2015 prevede diversi effetti di natura premiale per le imprese che intendono aderire al regime quali:
• procedura abbreviata di interpello preventivo nell’ambito della quale l’Agenzia delle Entrate si impegna a rispondere ai quesiti delle imprese entro 45 giorni decorrenti dal ricevimento dell’istanza o della eventuale documentazione integrativa richiesta;
• applicazione di sanzioni ridotte alla metà, e comunque in misura non superiore al minimo edittale, con sospensione della riscossione fino alla definitività dell’accertamento, per i rischi comunicati in modo tempestivo ed esauriente, laddove l’Agenzia delle Entrate non condivida la posizione dell’impresa;
• esonero dalla presentazione di garanzie per i rimborsi delle imposte dirette ed indirette per tutto il periodo di permanenza nel regime.
A differenza dell’istanza di interpello ordinario (per il quale la mancanza di un elemento ne determina l’inammissibilità), tutti gli elementi contenuti nell’istanza possono essere regolarizzati.
Cooperative compliance: quali effetti dalla fuoriuscita dal regime?
Con la circolare n. 38/E del 16 settembre 2016 l’Agenzia delle Entrate chiarisce diversi punti oscuri, chiarisce in particolare gli effetti che si producono nel caso di “cooperativExit”.
Cosa accade, quindi, se il rapporto di collaborazione s’interrompe?
Il d.lg. n. 128 del 2015 contempla esclusivamente la possibilità per l’Agenzia delle Entrate di escludere dal regime i contribuenti nel caso in cui:
• non soddisfino più i requisiti cui è subordinato l’accesso all’istituto, ossia la tenuta di un efficace Tax Control Framework e la realizzazione di un volume d’affari o di ricavi non inferiore a 10 miliardi di euro (per i soggetti aderenti al Progetto Pilota del 2013, volume d’affari o di ricavi di almeno un miliardo di euro);
• non osservino gli impegni alla compliance e alla disclosure assunti per effetto dell’adesione al regime.
L’esclusione è disposta con provvedimento motivato, comunicato al soggetto interessato senza alcuna ulteriore diffusione, e comporta la cancellazione dall’elenco pubblicato sul sito ufficiale dell’Agenzia delle Entrate.
L’aspetto sicuramente più rilevante sul quale il provvedimento di prassi si sofferma, riguarda il trattamento riservato agli elementi informativi medio tempore acquisiti dall’Agenzia.
L’adesione al regime, infatti, comporta per l’impresa l’osservanza di determinati obblighi di disclosure, la sottoposizione a verifiche sull’adeguatezza del sistema di controllo adottato ed a valutazioni preventive sulle fattispecie potenzialmente a rischio, nonché, più in generale, la promozione di forme di interlocuzione costruttiva con l’Agenzia delle Entrate.
È innegabile, allora, che per tali vie l’Amministrazione sia messa in condizione di entrare nelle dinamiche aziendali e di acquisire grandi quantità di appetibili informazioni riguardanti la fiscal unit o la singola legal entity.
Ebbene, la circolare n. 38/E rassicura sul fatto che i dati raccolti nel periodo di adesione al regime di adempimento collaborativo non potranno essere impiegati dagli Uffici per avviare attività di controllo fiscale nei confronti dei soggetti fuoriusciti e/o di altre società appartenenti allo stesso gruppo societario.
Non dovrebbero, così, essere “traditi” l’affidamento e la fiducia riposti dai contribuenti nella correttezza dell’operato dell’Amministrazione finanziaria.
L’Agenzia delle Entrate ha sempre favorito l’instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale tanto è che con circolare n. 25/E del 6/08/2014 ha affermato che “il contraddittorio rappresenta un passaggio opportuno per provocare la partecipazione del contribuente, finalizzato a consentire un esercizio anticipato del suo diritto di difesa, potendo lo stesso fornire già in sede precontenziosa la prova contraria e rispondere ad esigenze di economicità processuale”.
L’Agenzia delle Entrate ha riaffermato, con la circolare n. 16/E del 28/04/2016 che il contraddittorio assume nodale e strategica centralità per la compliance e, come tale, dovrà essere considerato un momento significativamente importante del procedimento e non un mero adempimento formale.
L’istituto del contraddittorio endoprocedimentale con il contribuente prima dell’emissione dell’avviso di rettifica è da considerarsi un efficace metodo per il rafforzamento della quantificazione della pretesa tributaria e la riduzione della conflittualità nel rapporto con il contribuente.
Ancora, con la recente Circolare n° 19 dell’ 08/08/2019 l’Agenzia delle Entrate ha riaffermato il principio della collaborazione tra Fisco e Contribuente assicurando, altresì, una continua attività di interpretazione delle norme tributarie, rapide risposte alle istanze di interpello e consulenza giuridica da parte delle strutture centrali.
Purtroppo, il ciclo avviato con l’ultima legge di Bilancio non annuncia azioni significative nella direzione di una “compliance di massa”.
Sul piano della “compliance di impresa”, resta ancora insoddisfatta l’esigenza di una tutela effettiva nei confronti di atti incidenti sull’interesse alla collaborazione (ad esempio le comunicazioni di cessazione degli accordi preventivi, o del regime di adempimento collaborativo), che il giudizio di impugnazione di atti non garantisce.
Di tutto questo poco o nulla si intravede all’orizzonte, e sarebbe invece il caso che vi si provvedesse.
È auspicabile che il legislatore intervenga estendendo la “compliance di impresa” a tutti i contribuenti che rientrino nelle fasce di cui alle recenti modifiche:
– art. 2477 c.c. così come modificato dal d.l. n. 32 del 18 aprile 2019 – art. 2 bis, comma 11, lett. c, convertito con l. n. 55 del 14 giugno 2019 sulla nomina del sindaco e del revisore legale dei conti nelle s.r.l. quando per due esercizi si supera uno dei seguenti limiti
a) Ricavi 4.000.000,00
b) Attivo patrimoniale 4.000.000,00
c) N° 20 dipendenti.
– con il d.lg. 14/2019 è stato introdotto il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza con la contestuale modifica delle norme del codice civile sull’obbligo di un assetto organizzativo e gestionale dell’impresa ex art. 2056 c.c. e sugli assetti organizzativi societari ex art. 2257 c.c.
Più che le diseguaglianze palesi, correggibili secondo ragionevolezza, occorre guardarsi dalle diseguaglianze occulte generate dalla discrezionalità nell’interpretazione e nell’applicazione, e che, anche al riparo di una legge non discriminatoria, rendono imprevedibile il peso del tributo.
Ebbene, l’impressione che si ha nel valutare, da un punto di vista tecnico, la legge di Bilancio 2020 è che tradisca la mancanza di una visione complessiva di politica fiscale e rischi di non produrre nuovi stimoli alla Tax Compliance. In questa direzione, sarà necessario intervenire.