IL TRAUMA DI GUERRA
Dall’infanzia alla maturità
La cura del trauma infantile è una delle sfide più importanti per la salute pubblica.
È dato statistico, infatti, che le esperienze traumatiche dell’infanzia non sono solo estremamente comuni, ma hanno anche un profondo impatto su diverse aree del funzionamento cerebrale e dello sviluppo.
Affrontare con serietà il problema impone anzitutto di dismettere una serie di pregiudizi comuni, che spingono a ragionare per automatismi, in termini di casualità lineare, per cui ‘A causa B’, ‘B causa C’, e così a seguire.
Non bisogna mai perdere di vista le peculiarità di singoli o di gruppi di individui, perché situazioni particolari possono determinare conseguenze diverse, dirette o indirette, su ciascuno.
Restando all’attualità, la guerra ha conseguenze rilevanti dal punto di vista dei traumi psicologici nello sviluppo cognitivo e nello sviluppo del comportamento.
La maggior parte dei disturbi psicologici e dei traumi sono su base ambientale o sociale. La guerra, in particolar modo nei bambini, alimenta paure, ansie, frustrazioni e favorisce le violenze, sia fisiche che psichiche. L’attecchire di queste emozioni negative, in assenza di rapporti familiari sani o di un ambiente di vita sereno e senza assistenza psicologica, può procurare danni irreversibili ai soggetti in fase di sviluppo cognitivo, sociale e psicologico. Frustrazione, turbamento d’animo, assenza di empatia e incapacità di instaurare relazioni interpersonali significative possono portarsi fino all’età adulta.
I bambini imparano a regolare il loro comportamento, il loro stato emotivo dai propri genitori, dai propri cari, dagli esempi più prossimi e dalle persone in grado di infondere sensazioni di sicurezza. Se questo manca, per qualsiasi ragione (abusi, maltrattamenti o eventi drammatici di violenza e isolamento, come la guerra), perdono l’orientamento e non sanno su cosa focalizzarsi. Crescono con inedite paure e incertezze.
Secondo lo psicologo francese Jean Piaget, lo sviluppo cognitivo avviene in quattro stadi e la formazione della personalità è il frutto di un percorso di interazione e di integrazione tra fattori innati e fattori acquisiti.
Seguendo la teoria dello psicologo Vygotskij, vi è sempre una reciproca influenza tra fattori innati dell’uomo e l’ambiente culturale circostante. Ogni esperienza nuova vissuta non solo si aggiunge alle precedenti ma le modifica, risultandone modificata a sua volta.
Non un processo di accumulazione, dunque, ma la riorganizzazione dell’esistente, integrato dal nuovo vissuto.
Se i bambini sono esposti a uno stress ingestibile, spetta anzitutto a genitori o persone affettivamente vicine contribuire a rimodulare le emozioni; diversamente, non saranno in grado di organizzare e classificare le sue esperienze in modo coerente.
Quando ad essere coinvolti nella situazione traumatica, come una guerra, sono anche i genitori può risultare difficile a questi ultimi fungere da modulatori per gli altri, perché la situazione potrebbe rendere difficile la gestione emotiva propria e di conseguenza quella dei figli. È così che si genera terreno fertile per lo sviluppo del disturbo post traumatico da stress che può lasciare cicatrici anche a distanza di anni e influenzare il normale sviluppo psico-affettivo del bambino nell’arco della crescita. Quando il trauma proviene non solo dall’esterno ma anche dall’interno e avviene in via di sviluppo e in modo continuo o ripetuto, possono registrarsi ritardi nello sviluppo di abilità cognitive, linguistiche, motorie e di socializzazione. A causa di ciò, i bambini potrebbero mostrare nel futuro disturbi molto complessi, variamente articolati e spesso fluttuanti.
Il trauma di guerra ha un impatto fortemente negativo sulla vita futura dei bambini ed è alla base di un alto rischio di vittimizzazione o di perpetrazione di violenza.
Le maggiori esperienze negative infantili lasciano credere che sia maggiore la probabilità che la vittima possa sviluppare delle malattie cardiache, il cancro, l’ictus, delle fratture scheletriche o delle malattie del fegato. Un trauma cronico, non curato o non tenuto sotto controllo, può interferire con lo sviluppo neurobiologico e con la capacità di integrare le informazioni sensoriali, emotive e cognitive e può portare a delle risposte di disadattamento allo stress. Si rilevano anche i sintomi di una profonda sofferenza psicologica.
Seguono comportamenti a rischio come reazioni di paura, comportamenti aggressivi, comportamenti sessualmente espliciti, isolamento, reazioni emotivamente incontrollate, disturbo depressivo, disturbo d’ansia da separazione, disturbo overansioso, insonnia e incubi.
Per tutte queste ragioni, sarebbe molto utile attivare presso tutti i centri di accoglienza un servizio psicologico specificatamente dedicato ai bambini traumatizzati dalla guerra.