Il valore del fallimento
La nostra esistenza è proiettata al successo.
Cerchiamo attenzioni, benessere economico, visibilità e approvazione. Soffriamo per un like mancato o un commento non positivo. Curiamo la nostra immagine social, scegliendo con scrupolo foto da postare e parole da condividere.
E viviamo il terrore della bocciatura, del fallimento.
Dietro a ogni insuccesso ci possono essere ingiustizie, errori, decisioni non ben ponderate, qualità mancanti. I fallimenti possono avere natura diversa, e ragioni diverse. Rendono infelici, è vero, ma portano anche innegabili utilità, perché mettono di fronte ai propri limiti e fortificano.
Accettare che la vita è fatta anche di imperfezioni aiuterebbe a ritrovare umiltà e ad apprezzare la verità delle cose.
Rincorrere la perfezione, invece, vuol dire spesso costruire una finta felicità. Si lucida la superficie, per essere elogiati, ma non si ha il coraggio di realizzare progetti stabili e duraturi.
Una felicità di facciata.
In una lettera pubblica, di questi giorni, un docente racconta delle preoccupazioni di tanti genitori, alla ricerca di consigli su come evitare una probabile bocciatura del figlio e angosciati addirittura per la possibilità di un suicidio. La partita più importante non la giocano i giovani, ma gli adulti. I genitori avvertono l’ansia dell’insufficienza a un compito in classe o a un’interrogazione, ma quasi mai si chiedono quali siano davvero le aspirazioni e le attitudini dei figli. Sembra contare di più ciò che reputano socialmente apprezzabile e accettato. Scelgono la scuola superiore da far frequentare in base al prestigio del nome, senza attenzione per le vere abilità dei giovani. Così anche per l’Università. E segue poi l’attesa del posto di lavoro più ambito e prestigioso.
In questo modo non si aiutano i ragazzi a costruire personalità. Si contribuisce soltanto ad alimentare le fragilità e le insicurezze.
Eppure ai fallimenti non si sfugge. Prima o poi, con l’insuccesso, bisogna sapersi confrontare. Momenti importanti, nei quali ci si ritrova allo specchio, a parlare con se stessi. Nella verità delle proprie debolezze.
Ammettere gli errori, scoprire le proprie reali capacità è fondamentale per crescere e migliorarsi.
Anche nel lavoro. Può fallire anche il bravo imprenditore; e questo non sempre sancisce la cessazione delle attività, a volte segna la nascita di una nuova fase di migliore successo, perché dà la misura degli sbagli da non compiere più.
Lo stesso ragionamento vale per il contesto politico.
Capita di ascoltare interventi di politici a tavole rotonde e gruppi di studio più mirati a prendere la scena e piacere che a dare un reale contributo alla costruzione. Un applauso è il premio più grande, non la soddisfazione per aver aggiunto un tassello all’opera di realizzazione del benessere comune. Si vive dell’esaltazione del proprio ego, di una contentezza effimera, fine a se stessa.
In questa corsa al trionfo personale, saranno sempre le cadute, gli inciampi a mettere davanti alla realtà di quanto poco si è lavorato alla propria maturazione prestando attenzione soltanto al guadagno e alla conquista della posizione sociale ambita, senza dare spazio all’altro e pensando solo a sé.
Di solito le persone considerate di maggiore successo hanno minore capacità relazione, perché non si concentrano troppo su attività che coinvolgono gli altri o che vanno anche a beneficio degli altri.
Diceva Marcel Proust, in ogni individuo, in ogni persona coesistono un animo noto e uno ignoto, che va definito e scoperto anche per le vie della sconfitta.