IL VENETO E IL CASO NEET

IL VENETO E IL CASO NEET

La prima volta che si è usato l’acronimo inglese è stato nel 2002. Il termine Neet è un neologismo introdotto dagli studiosi John Bynner e Samantha Parsons in un articolo scientifico dal titolo Social exclusion and the transition from school to work: the case of young people not in education, employment of training (Neet).

Si tratta di giovani che hanno perso il treno dell’istruzione, che restano ai margini del mercato occupazionale e che rischiano di non contribuire mai al sistema previdenziale, inanellando un progressivo depauperamento culturale e devitalizzazione sociale, che sarà tanto più accentuato quanto più la condizione si protrarrà nel tempo. Si tratta insomma del nuovo esercito di analfabeti lavorativi.

Il numero di Neet in Europa è in costante crescita. L’Italia conduce.

La tematica è piuttosto recente, eterogenea, poiché non descrivibile con una singola designazione ed importante in quanto riguarda il futuro delle società odierne, ovvero i giovani.

Le iniziative volte a contenere la gravità del problema sono tante, ma manca un approccio di sistema: ogni azione sino ad ora intrapresa ha indubbie utilità, ma si fatica a cogliere uno sforzo organico per affrontare in modo duraturo il problema.

Sono già stati ampiamente delineati i fattori che causano o alimentano il fenomeno; tra questi, i giovani con un basso livello d’istruzione hanno tre volte più possibilità di diventare Neet rispetto quelli che sono laureati, e due volte rispetto i diplomati; i giovani che vivono in zone remote o piccole città hanno 1,5 volte più probabilità rispetto coloro che vivono in grandi città, i giovani con un basso reddito familiare, i giovani con un background di immigrazione hanno il 70% di possibilità in più di diventare Neet mentre i giovani con i genitori divorziati il 30%.

In Veneto, tenta di arginare il fenomeno Garanzia Giovani Veneto, il progetto con cui la Regione garantisce ai giovani un’offerta valida di lavoro o formazione entro 4 mesi dall’inizio della disoccupazione (o dalla fine del percorso di studi) e prende origine da una riflessione avviata da tempo a livello europeo per rispondere alle difficoltà di ingresso e permanenza dei giovani nel mercato del lavoro. Garanzia Giovani Veneto si rivolge a coloro che possiedono determinati requisiti: un’età compresa tra i 15 e i 29 anni, disoccupati ai sensi dell’articolo 19 del D. Lgs. 150 del 14 settembre 2015 e successive modifiche e integrazioni, non iscritti a un regolare corso di studi secondari, superiori o universitari; non iscritti ad alcun corso di formazione, inclusi master, dottorati, corsi di alta formazione, corsi di aggiornamento per l’esercizio della professione o per il mantenimento dell’iscrizione ad un Albo o Ordine professionale ed infine non coinvolti in un’attività di tirocinio, curriculare e/o extracurriculare, in quanto misura formativa.
Le opportunità previste sono di lavoro, di proseguimento degli studi, di apprendistato o di tirocinio, calibrate sulle attitudini e le aspirazioni di ogni ragazzo. In particolare, il Programma può prevedere attività di orientamento, con colloqui conoscitivi finalizzati ad individuare il percorso di inserimento personalizzato in base alle caratteristiche individuali, formative e professionali, percorsi di formazione specifici orientati al lavoro o al reinserimento nei percorsi formativi, periodi di formazione in azienda con indennità di partecipazione mensile, servizi di sostegno all’autoimprenditorialità.

Questa iniziativa si svolge in complementarietà con le altre iniziative messe in campo dalla Regione del Veneto in attuazione del Piano di Attuazione regionale della Garanzia Giovani. Gli interventi nel loro insieme sono, quindi, orientati a favorire la cooperazione tra servizi pubblici e privati accreditati, la creazione di un’unica filiera di servizio nei confronti del giovane utente nonché la rapida attivazione delle misure e la semplificazione del processo di gestione.

La Regione Veneto ha pubblicato diversi bandi allo scopo; tra questi, il bando “Work Experience”, basato su risorse pari a oltre 16 milioni di euro che prevede percorsi della durata massima di 10 mesi, che comprendono attività di orientamento specialistico, formazione mirata all’inserimento lavorativo, tirocinio di durata compresa tra 2 e 6 mesi, anche fuori regione o all’estero.
Ancora, il bando denominato “I giovani sono una garanzia – Nuove opportunità per i giovani in Veneto”, con la messa a disposizione di oltre 4 milioni di euro e con l’intento di favorire l’occupabilità dei giovani, cercando così di garantirgli una valida scelta per il loro futuro.

In considerazione dell’importanza che sta assumendo il fenomeno, non può non sollecitarsi l’adozione di ulteriori misure che potrebbero rivelarsi efficaci per il contenimento dei Neet, alcune da attivare principalmente all’interno del contesto scolastico di riferimento per evitare l’abbandono prematuro del percorso d’istruzione (come le misure diagnostiche di identificazione di studenti a rischio tramite l’ausilio dell’anagrafe scolastica che permetterebbe di seguire il percorso di ogni ragazzo nei sui passaggi da una scuola all’altra e quindi gli abbandoni al fine di redigere programmi mirati).

Servirebbe, poi, un valido sostegno finanziario alle famiglie con basso reddito e ai giovani più vulnerabili in modo da garantire loro la permanenza a scuola. Ed ancora, l’inserimento nelle scuole di programmi di alternanza scuola-lavoro e di curricula tecnici professionali, aspetto per il quale come Paese siamo piuttosto carenti e che invece andrebbe rafforzato e valorizzato. Anche l’aumento dell’età dell’obbligo di istruzione dovrebbe indurre i giovani a rimanere più a lungo nei banchi di scuola.

Occorre anche puntare sull’innovazione didattica: una didattica più moderna, efficace e di qualità, che permetta veramente di non lasciare indietro nessuno. Inoltre, sarebbe fondamentale rilevare a tappeto il tasso di coerenza tra formazione impartita e sbocchi occupazionali effettivi obbligando ogni facoltà e ogni centro di formazione a pubblicare on line questo dato in riferimento agli ultimi anni. Così i ragazzi saprebbero quali sono i corsi che danno maggiori probabilità di risultati occupazionali positivi.
Ad oggi il tasso di coerenza tra formazione impartita e sbocchi non viene neppure rilevato, perché farlo metterebbe probabilmente in luce gravissime inefficienze.

Ancora, sarebbe importante la rimozione di barriere nel mercato del lavoro soprattutto per alcune categorie di persone svantaggiate o disabili, attraverso una serie di misure come supporto alla lingua per minoranze e immigrati, adattamento al singolo percorso di formazione in base alle specifiche esigenze, incentivi alla mobilità, incentivi per i datori di lavoro che assumono giovani e/o giovani disabili.

I giovani stanno pagando il prezzo più alto e hanno bisogno di una lungimirante politica attiva che porti a misure più efficaci, sostenibili e temporalmente inclusive, in grado proprio in virtù di una visione organica, di porre le basi per lo sviluppo di un sistema permanente di garanzia per i giovani e che lavori finalmente sulle priorità e non sulle urgenze. Una politica attiva quindi che sappia fornire un contributo prezioso e determinante.



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