IL VENETO E LE STRATEGIE “Digit-ALI”
Il digital divide indica la disparità nelle possibilità di accesso ai servizi di informazione e comunicazione in relazione a diverse aree geografiche o fasce di popolazione e viene valutato sulla base di alcuni indicatori comunemente riconosciuti come il DESI (Digital Economy and Society Index), elaborato dalla Commissione Europea. Il DESI valuta i Paesi membri in relazione ai seguenti ambiti: Connettività, Capitale Umano, Uso dei servizi Internet, Integrazione delle tecnologie digitali e Servizi pubblici digitali. Nel 2019, l’Italia si posizionava al terzultimo posto su 28 Paesi membri.
Sempre in Italia, ultime rilevazioni Istat stimano che, nella fascia di età tra i 16 e i 74 anni, solo il 29% degli utenti ha competenze digitali elevate, mentre la maggioranza ha solo competenze digitali di base, e che persiste una nicchia di persone senza alcuna competenza digitale, equivalente al 3,4% della popolazione, che, tradotto altrimenti, corrisponde a più di un milione di persone. Una cifra abbastanza preoccupante in un contesto storico in cui la connettività e l’accesso ai servizi digitali sono essenziali, condizioni di partenza per ogni altro tipo di miglioramento, e in cui la pandemia in corso ha acceso i riflettori su tutte le inefficienze e le carenze strutturali. La connettività assume un ruolo fondamentale in relazione all’esercizio di diritti fondamentali come il diritto allo studio, il diritto alla partecipazione e al lavoro e chi rimane escluso dal digitale subisce gravi disuguaglianze e discriminazioni.
Già nel 2010 c’era chi paventava l’inclusione nella Costituzione, all’art 21 bis, del diritto all’accesso a internet, da garantire a tutti con modalità tecnologiche adeguate e con l’eliminazione da parte dello Stato di tutti gli ostacoli economici e sociali.
L’Italia ha istituito un Ministero per l’Innovazione e la digitalizzazione proprio per colmare il digital divide, lanciando l’Agenda 2025 per potenziare i diritti di cittadinanza, la partecipazione consapevole e il riallineamento in termini di competenze digitali richieste dal mondo del lavoro attraverso delle azioni di carattere divulgativo, culturale ed educativo, investendo sulla formazione di cittadini, imprese e amministrazioni locali, storicamente macchinose e dai tempi molto lenti.
Insieme allo Stato, anche la Regione del Veneto punta a ridurre l’attuale digital divide, inteso non tanto come la forbice tra aree dotate di un facile accesso ad internet e quelle ancora prive di connessione, quanto al divario tra chi può accedere velocemente alla Rete e chi non è in condizioni di farlo. L’obiettivo rientra nell’Accordo di programma siglato il 14 aprile 2016 per lo sviluppo della Banda Ultra Larga sul territorio regionale. Tale accordo ha previsto lo stanziamento complessivo di circa 400 milioni di euro, di cui 315,8 milioni di provenienza statale e 83,6 milioni di provenienza regionale.
La Regione del Veneto ha promosso anche diversi progetti e, tra questi, il progetto denominato Digit-ALI che intende sostenere, a copertura dell’acquisto di device digitali, finalizzati alla partecipazione dei figli alle attività di didattica a distanza e/o formazione a distanza, i nuclei familiari residenti in Veneto con almeno 4 figli minori (oppure almeno 3 figli se da parto trigemino) con indicatore della situazione economica equivalente non superiore a 40.000 euro. Oggetto di rimborso i dispositivi digitali come computer fissi, computer portatili, monitor, stampanti, periferiche, router, tablet, smartphone, chiavette e dispositivi per la connessione internet, software per utilizzo didattico e/o formativo.
Ancora, per il superamento del digital divide, la programmazione politica nella Regione Veneto ha previsto di fornire connettività con banda larga in 216 comuni per favorire il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda Digitale, consentendo il raggiungimento con la sola rete fissa di una copertura di circa il 98,3% del territorio regionale. Resta il problema delle connessioni alla dorsale principale delle aree considerate dal privato meno remunerative, il cosiddetto ultimo step e nel Veneto è stato avviato un percorso di adeguamento tecnologico che continuerà anche nei prossimi anni.
La Regione, inoltre, con un finanziamento di circa sei milioni di euro, ha instradato progetti per la banda ultralarga a 100 Megabit e alla fine del 2019 l’elenco aggiornato di ciò che era stato fatto mostrava 480 progetti definitivi approvati, di cui 159 con cantieri aperti e 46 interventi con posa di fibra ottica ultimata.
La parola Agenda Digitale è diventata prioritaria e mai come di questi tempi si sono potuti constatare i riflessi di una carenza in punto digital divide che ha assunto tutti i connotati di un’urgenza sociale. Colmare il digital divide potrebbe creare delle nuove opportunità dal punto di vista economico; tanto per cominciare, le piccole e medie imprese che caratterizzano il nostro territorio regionale e che si servono della rete per vendere i propri prodotti sono soltanto il 10%, ed è noto quanto invece in questi mesi l’e-commerce sia stato fondamentale per la sostenibilità di numerose imprese, e come in generale vendere online possa rappresentare una grande opportunità in termini economici.
Ampliando l’angolo di osservazione, nonostante offra naturalmente servizi pubblici digitali, l’Italia fatica ancora a potenziare l’interazione con i propri cittadini, visto che soltanto il 32% degli utenti italiani usufruisce online di tali servizi, rispetto alla media europea pari al 67%.
Occorre concentrare i propri sforzi al fine di considerare internet come un bene comune in modo che tutti possano avere un accesso libero e paritario. Questo è un dovere degli stati e di chi si occupa di internet governance: l’accesso a internet va garantito a tutti e alle stesse condizioni, a prescindere dall’uso di ciascuno. La questione ha impatto sulla sfera relazionale, economica, educativa dei singoli, ma anche sulla comunità, visto che ai social e alle tecnologie digitali è riconosciuto il potere di moltiplicare il capitale sociale delle persone.
Le barriere all’accesso a internet interdicono le possibilità di intrecciare relazioni, sfruttare gli effetti di rete diventando infine fonte di discriminazione sociale. Ecco perché sarebbe importante cominciare a parlare più che di digital divide di digital inclusion, attraverso azioni mirate che ottengano: un servizio internet a prezzi accessibili e di buona banda, dispositivi con accesso a internet in grado di soddisfare le esigenze di tutti, percorsi educativi all’uso di internet e delle altre tecnologie digitali (partendo proprio dalla scuola di ogni ordine e grado, luogo privilegiato per l’educazione e la corretta formazione), supporto tecnico di qualità, applicazioni e ambienti digitali che rendano l’utente autosufficiente e partecipante attivo. L’accesso paritario alla rete va di pari passo all’uguaglianza delle condizioni economico-sociali che gli stati dovrebbero assicurare ai propri cittadini. L’inderogabile obiettivo di garantire pari opportunità nel mondo digital, ancorché corra su connessioni a banda ultralarga, ha ancora strada da compiere, ma la direzione è unica e tracciata.