INFRASTRUTTURE E POLITICHE DI INCLUSIONE

INFRASTRUTTURE E POLITICHE DI INCLUSIONE

Più che regolazione, senso civico e responsabilità.

La disabilità è preziosa diversità. Il disabile è spesso speciale per caratteristiche fisiche, psichiche e sensoriali.

La disabilità è spesso disagio. Disagio di chi è costretto a lottare quotidianamente contro l’ignoranza e il pregiudizio.

La disabilità dev’essere inclusione, per il miglior arricchimento proprio e altrui.

Tanto è stato fatto finora, nel settore delle infrastrutture, per agevolare il movimento, in autonomia e in sicurezza, delle persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, in linea con una sana politica di abbattimento delle barriere architettoniche.

Purtroppo, però, le limitazioni alla libera mobilità sono ancora tante, dai marciapiedi all’accessibilità di edifici pubblici e privati. Ne va, ogni volta, della dignità personale dei singoli.

La legislazione di settore è copiosa.
Ne sono espressione il d.P.R. n. 384 del 1978, le leggi n. 41 del 1986 e n. 13 del 1989, il d.m. n. 236 del 1989, nonché la l. n. 104 del 1992 e il d.P.R. n. 503 del 1996. Norme specifiche e tecniche che ben rendono anche l’idea del livello di civiltà che s’intende raggiungere e di attenzione per la tematica.

Grazie agli interventi normativi che si sono avvicendati, un contesto ambientale migliore è già stato realizzato. La definizione di diretti precisa (per dimensioni minime delle porte, caratteristiche delle scale, pendenza delle rampe pedonali, dimensioni degli ascensori,  caratteristiche dei servizi igienici, etc.) si è rivelata di enorme utilità. Ciò ha consentito l’accessibilità dei disabili nei luoghi sedi di uffici comunali, provinciali, regionali, statali, scolastici, sanitari, ospedalieri, socio-assistenziali, ma anche a cinema, teatri, bar, ristoranti, ambulatori, stadi, palestre.

Il rispetto di tale normativa ha consentito in molti luoghi l’abbattimento delle c.dd. barriere architettoniche.

Con la l. 3 marzo 2009, n. 18 è stata ratificata la “Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità” e relativo “Protocollo” opzionale, col fine di assicurare anche alle persone con disabilità il godimento di tutti i diritti riconosciuti ai consociati, in applicazione dei principi generali di pari opportunità. E a tal proposito è stato istituito l’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, che ha, tra gli altri, il compito di promuovere l’attuazione della Convenzione stessa.

Sicuramente un passo in avanti si farà anche con la realizzazione della “Carta europea della disabilità”, rilanciata dal d.l. n. 76 del 6 luglio 2020, convertito in l. n. 120 dell’11 settembre 2020, che presupponendo un’interoperabilità tra banche dati della p.a. sarà in grado di certificare stati e qualità dei soggetti disabili per agevolarli nella fruizione di determinati servizi. Su tale linea sarebbe interessante poter sviluppare delle opportunità per una migliore gestione della mobilità dei disabili.

In ambito trasportistico, la l. n. 104 del 1992, alla lett. g dell’art. 8, dispone che venga assicurata “la fruibilità dei mezzi di trasporto pubblico e privato e la organizzazione di trasporti specifici”, al fine di realizzare un adeguato inserimento ed un’idonea integrazione sociale della persona portatrice di handicap. L’art. 26 della citata legge indica alle Regioni le modalità con le quali i comuni dispongono gli interventi per consentire alle persone con handicap di muoversi liberamente sul territorio, usufruendo, alle stesse condizioni degli altri cittadini, dei servizi di trasporto collettivo appositamente adattati o di servizi alternativi. In questo senso le Regioni sono tenute a redigere Piani regionali di trasporto e Piani di adeguamento delle infrastrutture urbane, mentre i comuni sono chiamati ad assicurare modalità di trasporto individuali per le persone disabili non in grado di servirsi dei mezzi pubblici.

In molte città italiane si assiste ancora spesso all’inadeguatezza dei mezzi del trasporto pubblico locale, di linea e non, ad accogliere persone con disabilità.

Non tutti i bus sono dotati di pedana di sollevamento delle carrozzine.
Anche taxi e auto di servizio ncc sono inadeguati ad accogliere persone con disabilità, le quali devono sempre puntare sulla cortesia dell’autista di turno in assenza di un reale codice comportamentale o in assenza di adeguati accorgimenti che consentano uno spostamento confortevole.
Stessa cosa nelle stazioni ferroviarie e metropolitane. Ne esistono ancora non dotate di montascale o pedane ad hoc.  Altre, invece, sono munite di ascensori che, se bloccati per qualche problema tecnico non risolvibile in tempi brevi, rischiano di rendere di fatto inibiti ai disabili i mezzi di trasporto scelti.
Negli aeroporti questo problema di solito non esiste, anche se i prezzi di viaggio sono più proibitivi e questo rende la scelta residuale.

Ogni ostacolo  è, prima ancora che negazione della mobilità fisica, mortificazione di adeguati livelli di civiltà, segno di disattenzione e arretratezza culturale.
Per proseguire nella fondamentale opera di integrazione e valorizzazione delle diversità, è indispensabile promuovere una politica volta a dare effettiva esecuzione e a garantire rispetto alla normativa di rimozione degli ostacoli alla mobilità, per

– rimediare alla grave carenza di rampe di accesso a marciapiedi, a luoghi pubblici o privati;
– assicurare la giusta dimensione nell’estensione di marciapiedi o corridoi negli ambienti pubblici e privati;
– potenziare il numero degli stalli dedicati, specialmente in luoghi come ospedali, uffici postali, scuole, banche, mercati rionali, stazioni ferroviarie, depositi mezzi pubblici, parcheggi di scambio.

Di utilità sarebbe anche, tra l’altro,
– posizionare colonnine di rilevamento dei bus in arrivo alla fermata, attraverso uno schermo visibile integrato da voce elettronica, per consentire anche a non vedenti o ipovedenti di conoscere in tempo reale numero della corsa in arrivo e relativo tempo di attesa;
– installare sui “dispositivi di micromobilità elettrica segnalatori acustici che avvertano dell’avvicinarsi dei mezzi, in particolar modo di ausilio a non vedenti e ipovedenti ;
– prevedere sistemi di ritenuta per cani guida, di ausilio per non vedenti e ipovedenti nei mezzi di trasporto pubblico locale di linea e non, per la loro incolumità e sicurezza;
– prevedere tempi aggiuntivi per le persone che presentano D.S.A. (Disturbi Specifici dell’Apprendimento) nelle prove per il conseguimento della patente di guida o nautica e/o ausili specifici (audio e/o visivi), come già avviene nella scuola secondo quanto dettato dalla l. n. 170 dell’8 ottobre 2010;
– predisporre un permesso unico ZTL, valido a livello nazionale, per i disabili che intendono visitare i centri storici di altre città diverse da quelle in cui risiedono e per le quali sono provvisti di “specifico contrassegno di autorizzazione”;
– introdurre esenzioni dal pagamento della sosta per i veicoli che effettuano il servizio di trasporto disabili (attualmente l’esenzione viene applicata al titolare del contrassegno che indica delle targhe di veicoli privati a suo uso esclusivo; nulla, invece, è previsto per chi esercita il servizio di trasporto “collettivo” di tali persone);
– realizzare corsie preferenziali di collegamento tra aree di transito e/o sosta dei mezzi di tpl, di linea e non, e la banchina della stazione ferroviaria, per agevolare il percorso dei disabili che nelle grandi città può arrivare anche a misurare 700 metri.

A ogni modo, v’è che l’ostacolo maggiore resta ancora la scorrettezza e l’inciviltà di chi non presta cura alle difficoltà altrui. Una bicicletta legata a un palo, un monopattino abbandonato al centro di un marciapiede, l’occupazione senza titolo di uno stallo per disabili o solo la parte di esso studiata per il passaggio della carrozzina. Sono immagini frequenti.
Dunque, come in altri settori, il problema non sta (sol)tanto nella mancanza di regole (che pure meriterebbero miglioramenti e ritocchi), ma nella capacità di rispettarle.
Mancanza di senso civico, indifferenza e pregiudizio sviliscono le opportunità di inclusione.
Un inasprimento delle sanzioni per chi, col proprio comportamento, di fatto, crei ostacoli alla mobilità delle persone con disabilità potrebbe essere di utile deterrente.

Di SIMONA IEZZI

FONTI:

lavoro.gov.it
disabilita.governo.it



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