Infrazione per RdC e assegno unico: le pretese dell’Unione sono irragionevoli se non accompagnate dalla costruzione di un welfare europeo
La Commissione europea apre una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per reddito di cittadinanza e assegno unico.
Viene contestata la discriminazione indiretta che deriverebbe dal requisito minimo di residenza in Italia da almeno 10 anni per primo e da almeno 2 anni per il secondo, quando c’è la stessa residenza dei figli. I vincoli non sarebbero in linea con la regolazione europea in materia di libera circolazione dei lavoratori, diritti dei cittadini, e protezione internazionale.
L’Italia ha 2 mesi di tempo per rispondere.
Ora, la sollecitazione impone una riflessione di verità.
A conti fatti, consentire l’accesso al reddito di cittadinanza a tutti i cittadini dell’Unione che sono stati lavoratori subordinati, autonomi o che hanno perso il lavoro, indipendentemente dalla loro storia di residenza, comporterebbe un carico finanziario insostenibile per il Paese.
Le indicazioni dell’Unione risultano poco ragionevoli anche perché, se è vero che in altri Stati membri tali limiti non sono posti, è anche vero che al di fuori dell’Italia vigono differenti norme di regolarizzazione dei non residenti, che, trascorso un certo periodo di permanenza per lavoro o studio, tornano in patria.
È altresì discriminante sottolineare tali limiti e, poi, tacere su altri tipi di aiuti che Stati europei effettuano legando i presupposti alla domiciliazione fiscale con obbligo di insediamento o a limiti temporali entro i quali il percettore, se non trova lavoro, è costretto a ritornare nello stato di origine.
Meritocrazia Italia è sempre dalla parte della solidarietà e combatte per l’abbattimento di ogni barriera discriminatoria, specie dinanzi al bisogno, per la vera equità sociale.
Per altro verso, però, nell’armonizzazione al diritto europeo non è possibile ignorare le particolari necessità dei singoli Paesi, comprese capacità di spesa e corretta tenuta dei conti pubblici. Che sia l’anzianità di residenza, dunque, o altro criterio, la facoltà di determinazione in relazione alle capacità dovrebbe essere fuori da ogni discussione politica.
In concreto, mentre, anche in considerazione di tutte le proposte di correttivo già avanzate da Meritocrazia, sarebbe possibile estendere l’assegno unico universale senza limiti temporali a beneficio di tutti nuclei famigliari insediati in Italia al fine di incentivare politiche di assistenza alle famiglie e invertire il declino demografico nazionale, sul reddito di cittadinanza il limite dei 10 anni di residenza è un limite congruo, in carenza di ricongiungimento dei contributi eventualmente versati in altri stati comunitari. Tale limite potrebbe essere abbassato, piuttosto, con la previsione a livello europeo della possibilità di travaso di eventuali contributi versati in altro stato.
Stop war.