INTERCETTARE NON SIGNIFICHI SPETTEGOLARE – COMUNICATO 11.11.21
La tematica delle intercettazioni dovrebbe toccare il comune sentire, perché nessuno (e, si ripete, nessuno, dal magistrato al politico) sarà esente mai dalla possibilità di una verifica.
Eppure sembra che affrontare questo tema sia complicato, nonostante il richiamo alla Costituzione sia un principio cardine per ogni figura istituzionale.
Meritocrazia Italia chiede oggi una presa di posizione da parte dell’intero Parlamento, affinché si ponga fine alla prassi di intercettazioni a rete idonea a soddisfare, più che la legittima sicurezza nazionale, il bisogno di scoop giornalistico, di alimentare quel clamore mediatico che annienta persone e personalità.
Dietro alle necessarie attività di indagine esiste il diritto alla propria vita, alla propria sessualità, ai rapporti familiari e personali e alle relazioni professionali. Libertà che non possono diventare birilli da atterrare in nome di una incontrollata libertà di stampa. Informare significa rendere edotti su aspetti a rilevante interesse, non soddisfare la fame di notizie personali che poco hanno a che fare con la crescita culturale del Paese.
E invece non stupisce più che l’indagato sconti l’esecuzione di una condanna mediatica sul piano della reputazione e delle relazioni sociali e professionali.
A fronte del dilagante disagio sociale, il giustizialismo porta la soddisfazione effimera del riscatto, ma non serve a fondare una Civiltà degna di essere considerata tale. Non favorisce il benessere sociale e alimenta le diseguaglianze e le iniquità.
Per una Giustizia che sia sempre al servizio della Persona, in più occasioni Meritocrazia Italia ha sottolineato la necessità di una riforma dei mezzi di ricerca della prova e una revisione delle misure cautelari e custodiali, per riportare il processo penale allo scopo proprio di accertamento del fatto e sottrarlo alle storture che lo hanno nel tempo trasformato in mezzo di lotta e repressione, e ha avanzato proposte di modifica delle disposizioni in tema, tra l’altro, di abuso d’ufficio, sequestro conservativo e carcere ostativo.
Tra le priorità, è proprio un migliore inquadramento della disciplina sulle intercettazioni, i cui contenuti sono d’uso condivisi ancor prima dell’inizio del processo e affidati all’arbitraria valutazione del pubblico di seguite trasmissioni televisive. In spregio al diritto fondamentale alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione (art. 15 cost.), alla libertà personale e di domicilio, e al diritto di difesa. La divulgazione incontrollata e non sempre fedele dei contenuti delle conversazioni mortifica ogni possibile strategia difensiva e toglie senso al dovere di segreto professionale.
Per questo Meritocrazia torna oggi a invocare assoluto rigore nel rispetto delle garanzie processuali e, in particolare, delle disposizioni che sovraintendono all’utilizzo dello strumento delle intercettazioni, con
– introduzione di norme che vietino agli inquirenti, oltre alle intercettazioni telefoniche e/o ambientali relative a conversazioni o comunicazioni riservate tra difensori e con le persone assistite, la trascrizione dell’esito delle stesse nei provvedimenti giudiziari, affinché non residui spazio alcuno ad elusioni, ancorché frutto di (comunque ingiustificabili) errori;
– una nuova più rigorosa regolazione
i) della pubblicazione delle intercettazioni, che dovrebbe essere possibile in casi del tutto straordinari di rilevante interesse pubblico, anche a indagine conclusa, e da disporsi sempre con provvedimento dello stesso GIP, che ne deve stabilire i criteri e limitazioni indicando precisamente le parti trascrivibili;
ii) delle modalità di svolgimento della conferenza stampa della Procura della Repubblica;
iii) della modalità di informazione ai cittadini, con obbligo di dare medesima evidenza sia alla misuracautelare che alla evoluzione processuale;
– introduzione di limiti temporali all’attività di intercettazione, per un massimo di quindici giorni prorogabili dal giudice, con decreto motivato, per periodi successivi di ulteriori quindici giorni, qualora permangano i presupposti, fino ad un massimo di tre mesi (fatta eccezione per reati gravi quali terrorismo, mafia);
– trasferimento dei contenuti delle intercettazioni esclusivamente in archivio digitale (ove non fosse possibile il contestuale e simultaneo trasferimento dei dati intercettati, il verbale delle operazioni ne dovrà dar atto, indicando i motivi che lo impediscono, nonché la esatta cronologica degli accadimenti captati e delle conversazioni intercettate), migliore garanzia di corrispondenza tra quanto intercettato, registrato e trasmesso, e disattivazione del trojan horse al termine delle operazioni al fine di renderlo inidoneo a successivi utilizzi;
– limitazione dell’acquisizione ai soli dati rilevanti, con espresso divieto di sequestro esplorativo;
– previsione della responsabilità penale del personale di cancelleria per i casi di fuga di notizie relative all’andamento delle indagini.
Ogni colpo inferto all’effettività del diritto di difesa è un colpo inferto allo Stato di diritto. Chi vive di giustizialismo perirà della stessa mano.