INTERNET ADDICTION DISORDER
Quando l’‘essere’ è ‘essere connessi’
Esiste una dipendenza comportamentale propria dell’era contemporanea: la dipendenza da tecnologia, caratterizzata dall’uso patologico di strumenti tecnologi (telefonini, tablet e computer).
Già nel 1930 lo psicologo Gordon Allport mostrava perplessità riguardo gli effetti psicologici di un uso eccessivo della radio; critiche ancor più pesanti riguardarono, negli anni a seguire, l’elevato utilizzo del mezzo televisivo. L’avvento di internet non ha allarmato allo stesso modo, probabilmente a causa della non immediata percezione di effetti negativi che si spiegano nel lungo periodo, e della mancanza di consapevolezza sui rischi derivanti da un uso distorto del mezzo.
Per questo, tale dipendenza risulta più subdola di ogni altra e colpisce, inaspettatamente, anche persone ‘non fragili’.
Nel 1995, lo psichiatra americano Ivan Goldberg provocatoriamente propose l’introduzione nel DMS di una nuova sindrome denominata Internet Addiction Disorder. Secondo il professore, sarebbe possibile diagnosticare una I.A.D. ogni qualvolta un soggetto presenti tre o più segni clinici di tolleranza e/o astinenza, tra cui aumento progressivo delle ore trascorse online, notevole riduzione dell’interesse verso altre attività e sviluppo, dopo la disconnessione, di ansia, depressione e pensieri ossessivi (classici sintomi astinenziali).
Ancora oggi, la dipendenza tecnologica non è inserita nel DSM-5, anche se, nell’ultima edizione, si è fatto riferimento al disturbo da gioco d’azzardo (che, molto spesso, è sostenuto proprio dalla tecnologia).
Come per tutte le dipendenze (da sostanze o comportamentali), anche questa trova fondamento nell’uso smodato, che porta a una perdita di controllo. Col tempo questo circolo vizioso si rafforza e l’abuso diventa dipendenza.
Più diffuse le dipendenze da cellulare, da videogiochi e da internet, che interessano principalmente giovani e giovanissimi.
Oggi, infatti, la quasi totalità dei ragazzi naviga in rete, gioca online e possiede personali strumenti tecnologici. Ed è proprio la grande disponibilità e la facilità di accesso alla tecnologia che aumenta le probabilità di svilupparne dipendenza.
Gli ultimi dati Istat pre-pandemia rivelavano che, nel 2018, in Italia, erano già 300 mila i soggetti tra i 12 e i 25 anni con dipendenza da internet. Un liceale trascorreva mediamente circa sette ore al giorno davanti a uno schermo. Le misure restrittive imposte dalla pandemia hanno reso la vita di molti ragazzi ancora più ‘virtuale’. La didattica a distanza, ad esempio, ha permesso sì di mantenere una sorta di continuità educativa, ma non senza effetti negativi dovuti alle tante ore consecutive davanti a pc o cellulari.
Come noto, il dispositivo tecnologico di cui si dispone maggiormente è proprio lo smartphone, sinonimo di accessibilità e immediatezza. Grazie a varie applicazioni, si può infatti accedere rapidamente ai social network, alla propria banca, alla raccolta musicale preferita.
Lo smartphone, assieme al tablet, consente di soddisfare in breve tempo ‘il bisogno di rete’, ogni volta che si presenta. In tanti ammettono di utilizzare il cellulare anche in luoghi e momenti nei quali sarebbe invece necessario evitare: durante la guida, a lavoro, durante partite o spettacoli dei propri figli e, addirittura, nell’intimità, per controllare ossessivamente notifiche, messaggi e chiamate.
Diffuso è soffrire di nomofobia o sindrome da disconnessione, la paura di non avere il cellulare con sé o di restare disconnessi, con conseguente manifestazione di attacchi di panico, ansia o stress.
Giovani e meno giovani vivono una identità virtuale, postando costantemente notizie del loro quotidiano.
L’essere è essere connessi.
La verità è che la rete, non fornendo limite all’impulso, tende facilmente a sfuggire al controllo dell’utente, che ne diventa inconsapevolmente prigioniero.
Molteplici le attività che si possono svolgere online.
Per questo motivo l’Internet Addiction Disorder ha mille sfumature e può manifestarsi in varie forme: shopping compulsivo online (impulso irrefrenabile che scompare solo nell’atto dell’acquisto), gioco d’azzardo online (molto pericoloso, in quanto in rete è possibile scommettere senza limiti di tempo ed evitando ‘sguardi di disapprovazione’), trading online (gioco in Borsa attraverso la rete, che provoca nel trader paura e avidità), chat dipendenza (sintomo di incapacità di relazionarsi nella vita reale), dipendenza da sesso virtuale (patologia che sfiora la perversione e si distacca dal concetto tipico di dipendenza), information overloading (ricerca spasmodica di notizie e informazioni).
La stimolazione sensoriale derivante da un uso eccessivo di apparecchi tecnologici è elevata e ciò può provocare, soprattutto nei più piccoli, insonnia, agitazione e apatia, con difficoltà ad approcciarsi alle altre tipologie di gioco.
In forte aumento, poi, casi di tecno-stress, con manifestazioni di rabbia, turbe comportamentali ed emozionali collegate all’uso delle nuove tecnologie, alcune delle quali capaci di modificare direttamente (e in maniera intensa) mente e sensorialità. Questo stato di malessere influenza negativamente la sfera relazionale, lavorativa e finanziaria e, se non tempestivamente fronteggiato, può tramutarsi in depressione, con rischio di ideazione suicidaria.
Nel post lockdown, le richieste di aiuto ed intervento ai SERT per questa tipologia di dipendenza sono raddoppiate. I pazienti sono in prevalenza maschi, tra i 13 e i 20 anni, con un rapporto malsano con i dispositivi tecnologici fin da prima della pandemia.
Secondo la letteratura scientifica, a essere più a rischio è la fascia d’età compresa tra i 15 a i 40 anni, specie per i soggetti con buone conoscenze informatiche, spesso isolati per motivi lavorativi o geografici e che, di solito, presentano problemi psicologici o familiari da prima dell’insorgenza della dipendenza da Internet.
Fondamentale il ruolo della famiglia nell’individuazione dei rischi a cui sono esposti gli adolescenti nell’abuso di nuove tecnologie. Sempre più spesso, però, sono gli adulti stessi a fare un uso poco responsabile dei device elettronici e, di conseguenza, non riescono a gestire in maniera adeguata il processo educativo.
Data l’importante funzione dei computer nella vita quotidiana (lavoro, studio, svago), i modelli di trattamento per la dipendenza da Internet non possono escludere completamente la connessione alla rete. Diversamente dalle altre dipendenze, in questo caso la terapia dovrebbe prevedere tecniche e obbiettivi volti a incoraggiare un uso ordinato e controllato di essa, con l’ausilio di attività alternative.
L’utilizzo di Internet può essere regolato attraverso la pratica dell’opposto, ovvero ricercare i comportamenti disfunzionali legati all’utilizzo della rete, seguendo i principi del decondizionamento del comportamento problematico. Ciò serve a aiutare l’individuo in difficoltà ad interrompere la routine giornaliera e abbandonare le abitudini virtuali.
Su questa linea, la Wiko (azienda francese produttrice di smartphone) che, in collaborazione con l’Accademia della Felicità (società milanese di coaching e formazione) ha redatto una guida digitale contenente cinque consigli per imparare ad utilizzare, in maniera misurata e consapevole, i dispositi tecnologici. Nello specifico:
– scegliere un week-end al mese per spegnere qualsiasi dispositivo (nel caso risultasse difficile, silenziare lo smartphone per 4 ore o utilizzare la ‘modalità aerea’ per rilassarsi);
– programmare passeggiate e giornate all’aria aperta con amici e familiari;
– mettere in ricarica il cellulare in un’altra stanza, in modo da evitare ogni tipo di tentazione;
– creare una zona comfort ‘smartphone free’, ossia scegliere una stanza in cui dedicarsi ad altro, come la lettura;
– quando si è fuori casa , tenere lo smartphone in borsa o in tasca e interagire direttamente con le persone accanto.
Come in tutte le dipendenze, le fasi di mantenimento e ricaduta sono piuttosto critiche.
Visto il numero elevato di giovanissimi sempre più ‘connessi’ e dipendenti dalle nuove tecnologie, sarebbe opportuno che in ogni Istituto scolastico, a partire dalla Scuola primaria, fossero previste lezioni con professionisti capaci di mettere in guardia sui rischi derivanti dall’uso distorto ed eccessivo degli strumenti tecnologici. Le amministrazioni locali, inoltre, dovrebbero programmare, in maniera ciclica, una serie di attività ludiche e ricreative che coinvolgano bambini e ragazzi con le rispettive famiglie, promuovendo, così, la socializzazione diretta. Importantissimi anche la promozione e l’incentivo delle varie pratiche sportive.
A ogni modo, è certo che la rete non vada né demonizzata né esaltata, poiché è sempre l’utilizzo che si fa dello strumento a determinarne gli effetti positivi o negativi.
Fonti:
www.centro-hikikomori.it/le-nuove-dipendenze/le-dipendenze-tecnologiche.html
ww.ilfilo-smi.it/tipi-di-dipendenza/dipendenza-non-da-sostanze/new-addiction/dipendenza-da-tecnologia-cellulare-tablet-computer/
valentinaguarasci.it/dipendenza-tecnologica-intrappolati-nella-rete/
www.bioeticanews.it
italiapost.it/come-combattere-dipendenza-tecnologica-cinque-consigli-itili/
www.istitutobeck.com/psicoterapia-dipendenza-internet/il-trattam