Istituti paritari e precariato: alcune proposte per sanare le storture del sistema

Istituti paritari e precariato: alcune proposte per sanare le storture del sistema

L’inizio della carriera per tanti giovani insegnanti è rappresentato da numerosi ostacoli e impervie salite, a volte talmente irte che, pur di avanzare in un clima decisamente competitivo verso l’agognato istituto pubblico e vedere quindi realizzato il sogno dello stipendio fisso, al fine di recuperare “terreno” ovvero servizio, che corrisponde ad anzianità da fare valere come punti in graduatoria, gli stessi sono disposti a lavorare gratis o con una bassissima retribuzione nelle scuole paritarie.

I giovani docenti tendono ad accettare in silenzio infatti, non trovando migliori alternative, condizioni umilianti e svilenti, perché tristemente consapevoli che rappresentano l’unico modo per avviare in tempi ragionevoli la loro carriera in un sistema di reclutamento che presenta falle e sbavature da troppi anni.

I concorsi, in effetti, altro potenziale canale di reclutamento, vengono banditi raramente, riservano le assunzioni a una percentuale limitata di docenti, iniziano a distanza di anni dal bando e spesso non si espletano nei tempi prestabiliti per alcune classi di insegnamento a causa delle difficoltà di comporre le commissioni, di errori perpetrati nella correzione delle prove scritte o per ritardi nelle pubblicazioni delle graduatorie, con il conseguente rischio che i concorsisti rimangano precari a tempo indefinito, sebbene vincitori.
In questo scenario, non può sottacersi che le scuole paritarie –che rilasciano titoli di studio equipollenti a quelle pubbliche e che, soprattutto quelle della materna e primaria – svolgono una funzione importante di supporto alle carenze del sistema scolastico statale.

Eppure, la mancanza di finanziamenti, in uno con l’assenza di controlli effettivi e le notevoli difficoltà riscontrate da parte del Ministero dell’Istruzione di monitorare, oltre al mantenimento dei requisiti prescritti di qualità ed efficacia, anche il rispetto in concreto della legalità, hanno portato nell’ ultimo decennio a una degenerazione del sistema della scuola non statale sempre crescente tanto da diventare un vero e proprio business molto allettante e remunerativo per chi gestisce gli Istituti.
Il fenomeno denunciato è grave e senza dubbio deprecabile perché, oltre a nuocere i docenti in termini economici e professionali e a ledere la loro autorevolezza, finisce, nella sostanza, per rappresentare anche una causa di depauperamento del livello culturale del nostro Paese, che ha sempre fatto della cultura e dell’istruzione un suo fiore all’ occhiello.

In effetti, il pagamento di irrisorie rette agli insegnanti o la mancata corresponsione di stipendi agli stessi determina in automatico promozioni facili con la conseguenza che tali pratiche, oltre ad avere gravi profili di illegalità, minano alle fondamenta il principio di meritocrazia che, di contro, dovrebbe trovare massima espressione nell’ambito dell’istruzione e della formazione.

Fa discutere una recente sentenza della Cassazione, che ha a chiare lettere affermato che il descritto fenomeno dell’insegnamento prestato nell’ambito degli istituti paritari senza retribuzione al solo fine di cumulare punti in graduatoria (prevedibilmente fonte di cospicui guadagni per i direttori) non integra il reato di caporalato disciplinato dall’ art. 603 bis c.p., essendo in questi casi attuate delle prestazioni intellettuali che esulano dal concetto di “manodopera”. Il reato di capolarato, argomenta la Cassazione, non può applicarsi a categorie di lavoro che mancano del coefficiente di manualità. Secondo la Corte, infatti, l’intelletto e il suo uso costituiscono elemento identitario e individualizzante rimandano la valutazione singole condotte ad altre più generali come ad esempio l’estorsione.

Al fine di arginare il fenomeno – che nella sostanza si risolve in una forma di sfruttamento (sebbene tale inquadramento non abbia avuto avallo dalla Cassazione per questioni “terminologiche”), occorrerebbero:
– l’introduzione di nuovi strumenti legislativi da parte del Governo per garantire la corretta valutazione del servizio prestato nelle scuole paritarie e private in forma congruente con le risorse economiche a disposizione (siano esse di autofinanziamento che di convenzione pubblica);
– l’incremento di una rete di controlli di un apparato ispettivo, articolato sia a livello centrale che locale e dotato di indipendenza di giudizio, anche con organico adeguato, affinché siano monitorati l’assunzione, l’espletamento del servizio, i pagamenti dei docenti assunti tramite Mad e che controllino la corretta gestione delle stesse attraverso una puntuale rendicontazione da parte delle scuole delle somme che le famiglie avranno loro conferito per l’istruzione dei figli nonché mediante la verifica costante dell’attività svolta in classe nonché del contenuto dei registri e dei fascicoli;
– la diffusione, tra genitori e studenti, della cultura della denuncia di eventuali irregolarità tecniche e amministrative;
– dare dignità al lavoro anche tutti i docenti degli istituti paritari, spesso assunti senza contratto e non retribuiti con regolarità, atteso che viene riconosciuto loro solo un punteggio in graduatoria.

Il precariato dell’insegnamento è cosa tristemente nota ed è capace di smorzare gli entusiasmi di chi vorrebbe vedere realizzato il sogno di diventare docente e che magari ha investito tempo, studi, soldi per realizzarlo. Gli ultimi pronunciamenti della Cassazione impongono una presa di coscienza per regolamentare un settore che altrimenti sarebbe privo di tutela effettiva se non addirittura terreno fertile per abusi e illegalità in danno di categorie deboli.



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