LA CAMPANIA E L’ACQUA: RICCHEZZA E DEGRADO
L’acqua è un bene primario per l’umanità ed è una risorsa rinnovabile per l’intero Pianeta. La vita è legata all’acqua e ogni attività umana dipende dalla possibilità di accedervi.
Ma l’acqua è anche un bene esauribile.
La sempre minore disponibilità e la sua anomala distribuzione rappresentano problemi che rendono indifferibile la ricerca di soluzioni adeguate e compatibili con la tutela dell’ambiente e più in generale della natura e della salute.
La Regione Campania presenta realtà drammatiche rispetto alla qualità di alcuni corpi idrici, noti in tutta Europa per il livello di inquinamento raggiunto negli ultimi decenni. Basti pensare alla situazione del fiume Sarno, considerato tra i corpi idrici più inquinati d’Europa, il cui alto allarme socio-antropico sui livelli di inquinamento deriva anche dal fatto che detto fiume, lungo solo 24 km, considerando i torrenti Solofrana e Cavaiola, viene ad interessare tre province campane e ben trentanove comuni, per cui la relativa emergenza ambientale coinvolge una popolazione quasi pari al milione di abitanti.
A seguito di un’analisi delle criticità, sono stati definiti gli atti di pianificazione territoriale previsti dalle norme quadro, la cui puntuale applicazione comporterebbe, di per sè, la soluzione di molti problemi ed un uso sempre più razionale dell’acqua, specie di quella potabile.
Quali le strategie proposte?
In attuazione delle direttive 2000/60/CE, che ha istituito un ambito di riferimento per le azioni da adottare in materia di acque in ambito comunitario, 2006/118/CE sulla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento, e 2014/80/UE, che modifica l’allegato II della direttiva 2006/118/CE, l’Italia ha emanato utili norme di recepimento.
Occorre fare riferimento, sia al ‘Piano di Tutela delle Acque’ della Regione Campania, adottato con decreto n. 433 del 3 agosto 2020, sia delle osservazioni pervenute, a seguito della Procedura di VAS integrata a VI – nella fase di consultazione, ai sensi dell’art. 13, comma 5, d.lg. n. 152 del 2006 e ss.mm.ii. È opportuno, inoltre, ricordare che il Piano di Tutela delle Acque è vincolante per amministrazioni ed enti pubblici, per le autorità d’ambito territoriale ottimale, di cui all’art. 148 del citato decreto e per i soggetti privati.
Il d.lg. n. 152 del 2006 («Norme in materia ambientale»), tuttora vigente, dedica la Parte terza dell’articolato (artt. 53-176) alla tutela delle acque dall’inquinamento e alla gestione delle risorse idriche. I successivi d.lg. n. 30 del 2009 e d.m. 6 luglio 2016 hanno contribuito a completare il nuovo quadro normativo di riferimento, che prevede una pianificazione settoriale, di competenza delle Regioni e delle Autorità di Bacino Distrettuali, rispettivamente per le scale regionali e di distretto idrografico, attraverso la predisposizione dei Piani di Tutela delle Acque (PTA) e dei Piani di Gestione delle Acque (PGA).
Gli obiettivi strategici, individuati nel Piano di Gestione Acque e da perseguire attraverso il PTA, sono tesi a contribuire al mantenimento dello stato ecologico e chimico ‘buono’ per i corpi idrici superficiali e dello stato quantitativo e chimico ‘buonop per i corpi idrici sotterranei, nonché un potenziale ecologico per i corpi idrici fortemente modificati ed artificiali ‘buono’, promuovere l’uso razionale e sostenibile delle risorse idriche, con priorità per quelle potabili, e promuovere l’aumento della fruibilità degli ambienti acquatici, nonché l’attuazione di progetti e buone pratiche gestionali rivolte al ripristino o al mantenimento dei servizi ecosistemici dei corpi idrici.
In riferimento alle osservazioni pervenute a valle degli esiti della consultazione ai sensi dell’art. 14, d .lg. n. 152 del 2006 per la Valutazione Ambientale Strategica e la Valutazione di incidenza del Piano di tutela delle Acque della Regione Campania, sono state rilevate le seguenti principali criticità:
– completamento della rete fognaria (abusivismo edilizio, assenza di pianificazione urbanistica a livello comunale e delle urbanizzazioni) e degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane, talvolta dimensionati su un numero di abitanti equivalenti inferiore a quello effettivo sul territorio (spesso senza tenere in considerazione la fluttuazione stagionale della popolazione residente nei Comuni a vocazione turistica). A soluzione, occorre prevedere un progetto di risanamento ambientale che preveda depuratori efficienti e un massiccio potenziamento della rete fognaria. Il frutto di un grande progetto di miglioramento della qualità dell’acqua in Campania sarà costituito da nuovi impianti di trattamento delle acque reflue, allacciamenti e tubazioni risanati e un notevole ampliamento della rete fognaria con creazione di nuove reti fognarie in sostituzione di quelle obsolete. In tema di depuratori, il 28 settembre 2021, in occasione dell’evento pLa Campania al passo con l’Europa – Modernizzazione e depurazione delle acque: il modello Suez di Cuma e Napoli Nord’, si è fatto il punto sullo stato di avanzamento degli interventi previsti nell’ambito del progetto ‘Regi Lagni’ della Regione Campania, finanziato con 450 milioni di euro e che investe 5 impianti di trattamento delle acque reflue (Cuma, Napoli Nord, Marcianise, Acerra, Foce Regi Lagni), ed è stato annunciato che entro l’anno prossimo saranno conclusi i lavori di ammodernamento e rifunzionalizzazione degli impianti di depurazione di Cuma e Napoli Nord, interventi a beneficio della balneazione e della qualità della vita;
– assenza della dualità fognaria su gran parte del territorio regionale in termini di separazione delle acque nere e bianche;
– assenza del pretrattamento delle acque di scorrimento delle sedi autostradali e ferroviarie;
– mancata applicazione del principio di bilancio di massa delle acque prelevate e delle acque scaricate, in riferimento alle aree agricole ed industriali. Questo tema si collega alla necessità di prevedere uno studio sul bilancio idrologico a livello regionale che quantifichi gli apporti (precipitazioni) e i prelievi. Fondamentale a questo scopo è operare un censimento dei pozzi presenti sul territorio aggiornato ed una stima realistica dei prelievi eseguiti.
Per le acque minerali emunte a fini commerciali, è opportuno rivedere il canone di concessione regionale portandolo ad una cifra di un ordine di grandezza superiore.
Il tema del cambiamento climatico – che determina variazioni nel regime pluviometrico in termini di distribuzione, nella disponibilità della risorsa, nella gestione urbana degli eventi estremi – impone una strategia che non è presente nel piano.
In ultimo, appare fondamentale il monitoraggio, in quanto serve ad assicurare il controllo degli impatti significativi sull’ambiente derivanti dall’attuazione del Piano e a verificare il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità prefissati, così da individuare tempestivamente gli impatti negativi imprevisti e da adottare le opportune misure correttive.
In tal senso, è di fondamentale importanza rispettare il cronoprogramma del monitoraggio dei corpi idrici per poter revisionare il Piano di tutela delle acque ed intervenire per la salvaguardia dei corpi idrici che presentato uno stato di qualità ‘non buono’, oppure non classificabile poiché non ancora monitorato (o per i quali è in corso il primo ciclo di monitoraggio). D’altronde, il Piano di tutela è, di per sé, uno strumento dinamico, concepito sulla base del modello DrivingForces Pressure-State-Impact-Responses (DPSIR), suggerito dall’Agenzia Europea di Protezione dell’Ambiente e sviluppato con l’utilizzo di indicatori elaborati dall’Agenzia nazionale per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici (APAT), secondo cui è essenziale una continua azione di monitoraggio e programmazione, nonché, poi, successivamente realizzazione degli interventi, individuazione ed attuazione di misure e fissazione di vincoli finalizzati al raggiungimento degli obiettivi di tutela delle risorse idriche superficiali e sotterranee.
Ben si comprende come la semplice applicazione della norma consentirebbe di avvicinarsi ad un uso corretto dell’acqua nelle sue varie applicazioni o, quantomeno, di migliorare la qualità dei corpi idrici ricettori e, di conseguenza, dell’acqua distribuita in tubazione.
Al riguardo, ad esempio, potrebbero essere previste e rese obbligatorie, attraverso l’adozione del “Regolamento Urbanistico Edilizio Tipo”, secondo modalità articolate in rapporto alla dimensione demografica dei comuni e all’entità delle trasformazioni insediative, le seguenti tipologie di opere e/o impianti:
a) pavimentazioni di aree di sosta e parcheggio [sempre semipermeabili drenanti secondo le tipologie indicate in sede europea: documento di lavoro dei Servizi della Commissione Europea (Bruxelles, 15.05.2012) SWD (2012) 101 final/2 – Allegato 5];
b) reti idriche urbane: obbligo di reti duali per la separazione di approvvigionamenti idropotabili e di forniture idriche ad usi civili (irrigazione, lavaggio strade, lavaggio auto, etc.);
c) raccolta e conservazione di acque piovane, destinate ad usi civili.
Inoltre, parallelamente al rispetto degli adeguamenti normativi ed urbanistici, occorre:
– promuovere economie green volte a semplificare le procedure e ridurre alle aziende gli oneri di smaltimento dei rifiuti;
– limitare l’uso di materiali non biodegradabili, introducendo riduzioni fiscali a vantaggio delle aziende che producono materiali innovativi ed eco-sostenibili a prezzi competitivi sul mercato;
– operare controlli nazionali: intensificare i controlli sui territori (anche eventualmente con l’istituzione di un apposito organo di “polizia ambientale”) e verificare l’effettivo rispetto dell’ambiente;
– nel settore primario, la sostituzione di pesticidi e diserbanti chimici con prodotti biologici e naturali, non inquinanti per le falde acquifere;
– il corretto smaltimento dei rifiuti prodotti: mediante l’attivazione di circuiti virtuosi di raccolta differenziata di rifiuti urbani e/o assimilabili agli urbani di natura pericolosa quali vernici, olii, solventi per la pulizia, ammoniaca, prodotti chimici per piscine, farmaci, etc., che anche in quantitativi ridotti possono compromettere la qualità dei reflui in ingresso agli impianti di depurazione delle acque reflue urbane, non tarati né progettati per trattare e depurare tali tipologie di reflui;
– la previsione di campagne di comunicazione e informazione: rispettare il bene primario acqua è un percorso formativo dei cittadini che deve iniziare a partire dalle scuole primarie, mediante letture, laboratori didattici ed esperienziali al fine di comprendere l’importanza della risorsa idrica e dei corretti comportamenti per la sua salvaguardia; incentivare la cultura del non spreco e la lotta all’inquinamento della risorsa idrica.
L’osservanza di piani e regolamenti da parte degli enti preposti basterebbe a eliminare la maggior parte delle criticità.
La verità è che, solo se ognuno inizia ad avere un atteggiamento consapevole nei confronti del bene acqua, si potranno raggiungere obiettivi significati a beneficio del Pianeta Terra.