LA CAMPANIA OSI IN COESIONE SOCIALE
La Campania è una delle Regioni con maggiore potere di coesione sociale, per indole. Eppure l’obiettivo dell’inclusione non è traguardato.
Il senso di comunità, presente un tempo, è professato a parole, ma disperso nei fatti.
L’alto numero di disoccupati e inoperativi, con particolare riguardo alle fasce di età giovanili e al genere femminile, ha contribuito non poco a creare barriere insormontabili all’inclusione. Con l’aggravante di una dilagante cultura assistenzialistica che ha ‘forse’ attutito gli impatti sociali nel breve periodo ma ha per certo causato disfunzioni strutturali nel medio e lungo periodo.
In questo quadro a tinte fosche, si è innestato l’abbandono al degrado di molteplici aree del territorio campano e di periferie che sono divenute col tempo simbolo ed emblema del vuoto sociale ed economico, terreno fertile per l’illegalità
Così l’insoddisfazione diviene parte integrante della società, l’assuefazione all’ineluttabile diviene sistema e le differenze accrescono, creando un senso di malessere diffuso che conduce a non sentirsi parte di un insieme, di una comunità. È vera e propria ‘emergenza sociale’.
Le cause sono note.
Carenza di fondi? Certamente. Insieme a scarsa visione, difetto di progettazione, incapacità di intercettare le risorse europee messe a disposizione, che, il più delle volte, tornano al mittente inutilizzate.
Gli interventi regionali, molto spesso, infatti, si riducono a contributi a pioggia o a progetto tesi a finanziare corsi di formazione professionali o a sviluppare imprenditorie al femminile e/o al giovanile che, non inseriti in un piano organico e duraturo di sviluppo, sono destinati all’insuccesso. L’ambita politica attiva sul lavoro è carente da tempo, e la lotta alla povertà assolutamente inappropriata (la Campania si contende il triste primato con la Sicilia, come ultima regione europea a rischio indigenza con ben il 41,2% di popolazione al limite di tale soglia).
Di conseguenza, crescono i divari per fasce di età, di genere, di etnia, senza reali prospettive e con fuga da territori ritenuti oramai poco attrattivi. Si registrano sfiducia e calo della natalità.
Dato il quadro sconfortante, è certo che ogni scelta effettuata con il piano di rilancio campano debba essere rivolta a una reale crescita economica, culturale e sociale, per un’equa distribuzione delle opportunità. Il mondo dell’associazionismo e del volontariato, encomiabile per impegno, da solo non può sostenere l’impatto delle mille fragilità presenti e che l’emergenza Covid rischia di aggravare ulteriormente.
Tra tutto, fondamentale è procedere al recupero delle periferie e delle zone degradate, per una inclusione (non assistita, ma) di sistema.
Occorre altresì confrontarsi con il problema disfunzionale legato a un welfare donato più dalla natura e dalle bellezze esistenti che da un vero sistema di servizi in grado di assorbire le necessità.
Si pensi, in aggiunta al PNRR Campano, a un piano di risanamento fondato su conoscenza, competenze, eccellenze, valorizzazione territoriale ed umana. Solo attraverso tale processo, infatti, potranno essere vinte le guerre contro la piaga criminale ed il disagio sociale.
Si osi, dunque.
La Campania merita inclusività, coesione, equità, perché sia valorizzata nelle sue infinite risorse.