LA CAPACITA’ DI GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE
Il Piemonte, come altre Regioni italiane, deve fare i conti con la scarsità epocale di risorse idriche, quest’anno aggravata dalla mancanza di piogge e neve nel periodo invernale.
Tra le tante cause, anche una inadeguata gestione delle risorse.
Il timore è che molte decisioni siano dovute non al bisogno di tutela e risparmio idrico, ma a interessi di parti economiche che usano l’acqua come materia prima, introducendola nel ciclo produttivo senza attenzione per gli sprechi.
Si pensa dunque a realizzare grossi impianti di contenimento, piuttosto che programmare interventi mirati.
La inadatta abilità di gestione si riflette nella pianificazione territoriale, che non prevede, lungo i corsi dei fiumi e dei torrenti, sistemi di dighe di sbarramento in grado di incanalare l’acqua in veri e propri bacini di accumulo durante i periodi di piena per poi poterla erogare durante i periodi di siccità.
Non solo per usi irrigui ma anche per il consumo di acqua potabile.
«C’è la seria possibilità che zone del bacino padano restino senz’acqua»: la lapidaria, quanto preoccupante, affermazione rilasciata al Macfrut di Rimini dal Segretario dell’Autorità di Bacino Distrettuale del fiume Po, trova immediata conferma nel report settimanale dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche, che certifica che le recenti piogge non abbiano sostanzialmente inciso su uno stato di siccità, che pare quest’anno ormai irreversibile per le Regioni del Nord Italia.
Secondo l’ultima edizione del World Water Development Report (WWDR 2022) delle Nazioni Unite pubblicato dall’Unesco alla vigilia della Giornata Mondiale dell’Acqua (22 marzo 2022), su «Groundwater: rendere visibile quel che non si vede», il vasto potenziale delle acque sotterranee e la necessità di gestirle in modo sostenibile non possono più essere trascurate.
Come da consuetudine, alla vigilia della Giornata Mondiale dell’Acqua è stato diffuso, il 21 marzo 2022, durante la Giornata di apertura del Forum Mondiale dell’Acqua (Dakar, 21-27 marzo 2022), l’annuale World Water Development Report (WWDR 2022), coordinato dal World Water Assesment Program (WWAP) dell’Unesco, con la collaborazione tra 32 organizzazioni delle Nazioni Unite e 41 partner, che quest’anno si concentra, in analogia con il tema della Giornata, su «Acque sotterranee: rendere visibile quel che non si vede», ponendo l’attenzione sul ruolo, sulle sfide e sulle opportunità specifiche che esse presentano nel contesto della valorizzazione, della gestione e della governance delle risorse idriche a livello mondiale.
Le acque sotterranee, che rappresentano all’incirca il 99% delle acque dolci allo stato liquido della Terra e sono distribuite sull’intero Pianeta, seppure irregolarmente, possono garantire alle società enormi vantaggi sociali, economici e ambientali, anche in relazione all’adattamento ai cambiamenti climatici. Dalle acque sotterranee proviene già la metà del volume dei prelievi idrici per uso domestico effettuati dalla popolazione globale e circa il 25% di tutti quelli destinati all’irrigazione, che alimentano il 38% delle terre irrigate a livello mondiale.
A livello globale, si prevede che l’uso dell’acqua aumenterà di circa l’1% all’anno nei prossimi 30 anni.
La nostra dipendenza complessiva dalle acque sotterranee dovrebbe aumentare man mano che la disponibilità di acqua superficiale si riduce a causa dei cambiamenti climatici.
Tuttavia, nonostante la sua enorme importanza, questa risorsa naturale viene spesso trascurata e di conseguenza sottovalutata, mal gestita e addirittura sovra sfruttata. In un contesto di crescente scarsità idrica, in numerose aree del mondo, non è più possibile ignorare l’enorme potenziale delle acque sotterranee e la necessità di una gestione attenta di questa risorsa.
L’inquinamento delle acque sotterranee riduce la possibilità di utilizzo delle stesse come acqua potabile, e al contempo influenza negativamente gli ecosistemi che da esse dipendono. Sono numerose le fonti antropogeniche di inquinamento delle acque sotterranee: esse si collocano per la maggior parte sulle superfici dei terreni o nelle immediate vicinanze; tuttavia numerose altre fonti immettono sostanze inquinanti al di sotto della superficie, a profondità talvolta considerevoli.
L’inquinamento derivante dall’agricoltura è molto comune e spesso causa la presenza di notevoli quantitativi di nitrati, pesticidi e altri fitofarmaci. L’inquinamento delle acque sotterranee è un processo praticamente irreversibile: una volta inquinati, gli acquiferi tendono a rimanere in tale condizione.
I processi di governance delle acque sotterranee prevedono l’attuazione di misure di gestione e pianificazione, nonché di politiche idriche. Poiché le acque sotterranee vengono spesso considerate una risorsa privata (strettamente legata alla proprietà del relativo terreno e in alcune giurisdizioni come vera e propria proprietà privata), la regolamentazione e la governance o gestione dall’alto presentano delle difficoltà. È essenziale che i governi assumano appieno il proprio ruolo di custodi delle risorse, essendo le acque sotterranee un bene comune, raccogliendo dati, rafforzando le normative ambientali, potenziando le risorse umane, normative e finanziarie. È fondamentale che i governi si impegnino a costruire, sostenere e mantenere la competenza istituzionale relativa alle acque sotterranee.
Una delle maggiori criticità della cattiva gestione delle risorse idriche italiane è quella della dispersione sulle reti di distribuzione, ormai vecchie e in alcuni casi obsolete.
Sfortunatamente, le manutenzioni o l’aggiornamento dell’esistente, non portano voti e in questi trent’anni i tagli invisibili hanno fatto grossi danni, soprattutto quando lo Stato ha pensato di risolvere il problema privatizzando o dando le reti in concessioni decennali (esempio su tutti la storia incredibile dell’acquedotto di Latina)
In Italia, il consumo pro-capite è altissimo (specie rispetto ad altri Paesi europei) e, se si aggiunge una rete idrica colabrodo, che perde dalla fonte al rubinetto circa il 42%, si ha una ulteriore dispersione di 156 litri al giorno per abitante. Quanto basterebbe a soddisfare ogni anno le esigenze idriche di circa 44 milioni di persone in più.
A tutto ciò, si aggiungono comportamenti scorretti personali o collettivi. Virtuoso sarebbe installare diffusori a basso flusso su ogni lavandino; chiudere il rubinetto nei momenti di inutilizzo mentre ci si insapona, ci si spazzola i denti o ci si fa la barba; comprare lavatrici o lavastoviglie con efficienza idrica dichiarata e usarle sempre a pieno carico.
Utile sarebbe introdurre l’obbligo di avere un contatore per unità familiare, al posto di quello condominiale, con frazionamento pro-capite dei relativi sprechi, suddivisi su tutti.
Plinio il Vecchio (23-79 d.c.) scrisse: «Chi vorrà considerare con attenzione la quantità delle acque di uso pubblico per le terme, le piscine, le fontane, le case, i giardini suburbani, le ville; la distanza da cui l’acqua viene, i condotti che sono stati costruiti, i monti che sono stati perforati, le valli che sono state superate, dovrà riconoscere che nulla in tutto il mondo è mai esistito di più meraviglioso».