LA COESIONE SOCIALE COME METODO DI LAVORO
Dall’inclusione sociale all’inclusione occupazionale
Al fine di implementare meccanismi di sviluppo che incidano in maniera congrua e durevole sull’economia del Paese, sarà indispensabile modificare radicalmente il metodo di concepire la programmazione territoriale e nazionale. Sarà opportuno ripartire dalla coesione sociale, nonché dal coinvolgimento concreto e sostanziale di tutti i cittadini e dei portatori d‘interesse.
Proprio intorno al concetto di coesione sociale, locuzione su cui oramai fanno perno le politiche europee e del Piano di Ripresa e Resilienza – eppure talora fraintesa e più spesso banalizzata, come quella di ‘benessere sostenibile’ –, si gioca la reale partita dello sviluppo economico dei territori e delle comunità.
Il punto è considerare la coesione non un obiettivo, ma un ‘metodo’.
Perché è proprio attraverso la coesione che si può perseguire l’obiettivo dell’inclusione sociale, pilastro da ultimo politiche europee, ma anzitutto del piano costituzionale. Già l’art. 3 cost. sollecita la rimozione di ogni squilibrio economico e sociale.
Si potranno ‘realizzare Comunità’ e stabilire forti relazioni territoriali che garantiscano la sostenibilità dello sviluppo soltanto mettendo la Persona al centro del progetto, consapevoli che l’emarginazione è sempre una sconfitta, della Cultura, della Civilità.
Se la coesione è il mezzo, il fine sarà quello di assicurare a ogni persona la possibilità di vivere e lavorare in modo sostenibile, cioè in modo armonico e in un sistema che garantisca pari opportunità, equilibrio e merito nelle scelte.
Insomma, solo attraverso la mobilitazione d’intelligenza collettiva a realizzare comunità, possa esserci ripresa e resilienza. Solo attraverso la coesione si potrà perseguire il fine di costruire la potenzialità di vivere ogni dimensione della propria vita: un reddito equo e in media con quello degli altri Paesi, un’istruzione accessibile a tutti, l’accesso paritario agli strumenti di cura della persona, servizi sociali e sanità in primis.
A tal fine, un passo fondamentale è indirizzare le politiche attive per il lavoro verso una crescita solidale, promuovendo un’occupazione sostenibile e di qualità, sostenendo l’occupazione e la mobilità dei lavoratori, aiutando i cittadini a trovare posti di lavoro migliori, assicurando a tutti opportunità lavorative più eque, investendo nel capitale umano con un’attenzione alle fasce deboli, investendo in istruzione, formazione, orientamento, certificazione delle competenze e apprendimento permanente, promuovendo l’inclusione sociale e combattendo povertà e discriminazioni.
L’attuale crisi economica rende questa sfida ancora più ambiziosa, poiché fondamentale è il ruolo svolto dall’occupazione nel favorire l’integrazione dei cittadini nella società.
Gli sforzi volti a sostenere l’occupazione e l’inclusione sociale vanno moltiplicati secondo gli obiettivi di
– creare maggiori opportunità per i giovani, ossia i) potenziare i progetti per acquisire know-how e opportunità per entrare nel mondo del lavoro, con particolare attenzione ai NEET (giovani né occupati né iscritti a corsi d’istruzione o formazione); ii) sostenere maggiormente l’orientamento alle scelte d’istruzione; iii) intensificare apprendistati e tirocini prima dell’uscita dal ciclo scolastico, volti ad aiutare i giovani nella transizione dal mondo della scuola a quello del lavoro; rafforzare i corsi di formazione; iv) promuovere una formazione continua, il c.d. apprendimento permanente, per consentire l’adeguamento delle competenze alle sfide future;
– sostenere le imprese: il successo delle aziende è essenziale per l’aumento dell’occupazione e per la creazione di nuovi posti di lavoro. Poiché gran parte di questo successo si basa sulle competenze della forza lavoro e sulla sua capacità di adattarsi al cambiamento, è fondamentale aiutare le aziende e i lavoratori ad affrontare queste sfide attraverso corsi di formazione volti a incrementare la competitività, ad esempio utilizzando metodi di lavoro nuovi e sostenibili. Servirebbe anche intensificare i servizi e i contributi per la creazione d’impresa e per il sostegno alle strat-up, promuovendo altresì la creazione di ‘mentori’ o la formazione di reti di imprenditori al fine di scambiare esperienze e offrire sostegno;
– sostenere la flessibilità e la mobilità: tanto i lavoratori quanto le aziende sono alle prese con repentini mutamenti dei modelli lavorativi. Per trarre beneficio da queste trasformazioni, devono entrambi diventare più flessibili e imparare a convivere con il cambiamento, anticiparlo e gestirlo. Occorre, i) sostenere il c.d. ‘invecchiamento attivo’, incoraggiando i lavoratori meno giovani ad aggiornare le proprie competenze, che potrebbero essere obsolete e contemporaneamente, incoraggiare le aziende ad assumerli; ii) incrementare le misure volte a promuovere le pari opportunità, la partecipazione attiva alla società, l’equilibrio tra vita professionale e vita privata, compreso l’accesso all’assistenza all’infanzia e alle persone non autosufficienti; iii) potenziare i percorsi di inserimento socio-lavorativo dei soggetti appartenenti alle categorie svantaggiate e disoccupati di lunga durata; iv) rafforzare i servizi per l’impiego, in una prospettiva di rete nazionale e di rete con gli altri servizi di welfare territoriale.