La cultura dello sviluppo e dell’impresa
Per una diversa sensibilità politica
Negli ultimi anni si è assistito a una politica sempre più orientata all’assistenzialismo e alla promessa, talora pure mantenuta, di aiuti a pioggia. In periodo di campagna elettorale come nell’ordinario esplicarsi dell’attività.
Eppure i tempi sarebbero maturi per promuovere una reale Cultura dello sviluppo, mirata ad accompagnare le piccole e medie imprese nella crescita continua, per promuovere poi di riverbero la serenità dei privati e delle famiglie.
Gli interventi normativi degli ultimi anni sono stati rivolti alla crisi e alle emergenze, ma la prospettive della contingenza deve cambiare.
È necessaria una rivoluzione culturale che porti il sostegno allo sviluppo sull’altro piatto della stessa bilancia che regge gli interventi assistenziali. Per un perfetto equilibrio.
I dati forniti dall’Istituto Tagliacarne sullo stato dell’arte dell’accesso ai progetti dei PNRR, già più volte analizzato da Meritocrazia Italia sotto diversi aspetti, offrono un dato sconfortante perché dimostrano che, se, da un lato, le grandi imprese ne stanno traendo beneficio, o comunque si approssimano a farlo, dall’altro le PMI – che rappresentano il cuore dell’imprenditoria e del Made in Italy – o sono in grave ritardo o non proveranno neppure ad accedervi. Rinunceranno alla nuova progettualità e a una scommessa di crescita per attestarsi su un’organizzazione tradizionale e rodata, e su una produttività stabile che, tuttavia, potrebbero non reggere al veloce correre del modo di fare impresa o al passaggio generazionale in senso ampio. Sia quello delle imprese familiari sia quello di chi dovrà rilevare realtà già esistenti.
I motivi di questa ritrosia sono tanti, ma due oggi attirano maggiormente l’attenzione: la scarsa conoscenza degli strumenti contemplati e previsti dal PNRR e la complessità eccessiva nella presentazione delle domande.
Le aziende, infatti, sono costrette spesso a ricorrere ad Agenzie specializzate nel seguire le procedure di presentazione delle istanze stesse, o comunque ad Organismi privati come le Camere di Commercio, con inevitabile aggravio di costi, atteso che l’iter è troppo complesso, e spesso lo è anche interfacciarsi con una pubblica amministrazione, anche solo per ottenere il rilascio di un documento.
L’ostacolo istituzionale rappresentato da un apparato farraginoso, che ambisce a digitalizzarsi ma che è subordinato all’invio del cartaceo per la scarsa conoscenza delle procedure, rappresenta un dissuasore efficace per qualsiasi attività.
Appare, dunque, necessario promuovere una nuova sensibilità politica: accanto a quella che incentiva i supporti alle famiglie e ai privati – per il tramite di servizi e sportelli gratuiti presso gli Enti locali – che è arrivata a concepire figure come i c.dd. navigator in relazione al funzionamento di un’unica misura, deve necessariamente affiancarsene una che induca a concepire aiuti sostanziali per le piccole e medie imprese, nell’affrontare le sfide di questi tempi.
Le PMI sono un enorme patrimonio collettivo ed è inaccettabile la scarsa attenzione loro riservata, in termini di informazione e consulenze personalizzate, in una giungla di procedure, di controlli privi di coordinamento, di interpretazioni differenti, se non contraddittorie, che possono anche esporle a rischi penali. Si pensi, ad esempio, su tutte, alla normativa in materia ambientale.
Deve essere invece una costante preoccupazione della politica mettersi nei panni delle imprese, immaginare le loro difficoltà e affiancarle.
Per questo è improcrastinabile l’istituzione di organismi territoriali multidisciplinari di professionisti che possano supportare l’impresa nella sua vita e nella sua crescita e non solo nella fase della crisi. Che il supporto non sia sostegno assistenziale che interviene quando ormai l’impresa è già in crisi, ma sia supporto che aiuti a evitare l’ingresso stesso in una fase di crisi.