La dipendenza da farmaci
Conoscere e prevenire
Quasi tutti, almeno una volta nella vita, fanno uso di farmaci per risolvere problemi fisici o psichici di natura ed entità diverse.
Può accadere che l’uso improprio o l’abuso fatto in automedicazione o per raggiungere stati alterati di coscienza (euforia, rilassamento, etc.) porti allo sviluppo di una vera e propria dipendenza. Dall’utilizzo secondo raccomandazione medica si passa a un aumento della dose e/o a un aumento della frequenza di assunzione, alla modifica della via di somministrazione, a utilizzare la prescrizione di un’altra persona o all’abbinamento con altre sostanze.
Va detto che abusare di un farmaco non significa automaticamente esserne dipendenti; l’abuso è condizione necessaria, ma non sufficiente allo sviluppo della dipendenza.
I farmaci di cui si abusa più frequentemente sono gli oppioidi (antidolorifici), i sedativi (per trattare insonnia, ansia, epilessia, etc.) e gli stimolanti (usati nel trattamento di ADHD o narcolessia).
La dipendenza da farmaci è un problema di salute globale in forte crescita, che può manifestarsi a qualsiasi età ma è più frequente negli adolescenti e nei giovani adulti.
Persone inattive e disoccupati sono maggiormente soggetti ad ansia e depressione cronica rispetto agli occupati, eppure i dati a disposizione rilevano l’abuso grave di psicofarmaci soprattutto tra i professionisti e i manager di alto livello. L’uso di benzodiazepine (ansiolitici) aumenta di pari passo con l’età, fino a raggiungere il 54% degli anziani ricoverati nelle case di riposo.
Anche chi fa uso di sostanze illegali tende ad abusare di questi psicofarmaci, sia per aumentarne gli effetti, sia per attenuare eventuali crisi di astinenza.
L’Istituto europeo per il trattamento delle dipendenze (IeuD) ha reso noto che, durante l’emergenza Covid, è aumentato il consumo di psicofarmaci, in particolare delle benzodiazepine, ovvero ansiolitici (+4% nei primi sei mesi del 2020), nonostante il limitato accesso agli studi medici e alle strutture ospedaliere per il timore di contagio.
Questo perché stati d’animo come paura, sfiducia, rabbia, preoccupazione, tristezza e frustrazione sono stati esasperati dalla pandemia e relativi lockdown. Lo scenario di incertezza e pericolo ha creato le condizioni per lo sviluppo dei sintomi e dei disturbi che portano alla richiesta di sollievo attraverso l’uso di psicofarmaci.
La predisposizione all’abuso e alla dipendenza è il risultato di più fattori talora convergenti: genetici, individuali (età, ricerca di gratificazioni, desiderio di sperimentare gli effetti del farmaco, scarsa informazione riguardo le norme di assunzione e i rischi), familiari (storia familiare di abuso o dipendenza da sostanze, traumi infantili); ambientali e sociali (facile accesso alle prescrizioni mediche, condizionamenti sociali, come la volontà di aumentare la concentrazione e la performance scolastica o lavorativa, disturbi psichiatrici preesistenti, etc.). Si aggiunge l’abitudine a pensare che per ogni problema ci sia una soluzione in un farmaco.
Riguardo ai sintomi da abuso, essi variano da farmaco a farmaco.
In particolare, l’abuso di oppioidi può provocare stitichezza, nausea e vomito, restringimento delle pupille, sensazione di euforia e confusione mentale, ipersensibilità al dolore, coordinazione compromessa. Quello di sedativi (come le benzodiazepine) provoca sonnolenza, confusione mentale, capogiri, difficoltà nel parlare, ridotta concentrazione, problemi di memoria. Sia oppioidi che sedativi, assunti in maniera sconsiderata, possono rallentare la frequenza respiratoria fino al blocco completo, con rischio di coma e morte per overdose.
L’abuso di stimolanti può indurre agitazione psico-motoria, aggressività, ansia, aritmia, ipertensione arteriosa, aumento della temperatura corporea, diminuzione dell’appetito, insonnia, paranoia, allucinazioni e convulsioni.
Con l’utilizzo prolungato del farmaco il corpo si assuefà alla presenza e agli effetti della sostanza e si manifestano i classici sintomi della dipendenza, ovvero tolleranza (necessità di dosi sempre più alte per ottenere gli effetti iniziali) e sindrome d’astinenza (se si sospende bruscamente la sostanza, insorgono depressione, ansia, disturbi del sonno, agitazione, convulsioni, dolore ai muscoli e alle ossa, brividi, vomito, diarrea).
Il dipendente psicologico ricerca i farmaci in maniera compulsiva; si parla di craving, desiderio impellente di consumare la sostanza che assume i tratti della compulsione, soprattutto in presenza di stimoli specifici e situazioni di rinforzo (frustrazioni e ambienti sociali in cui è accettato l’abuso di farmaci).
Ma come si giunge alla diagnosi di una dipendenza da farmaci?
Tre i passaggi fondamentali: colloquio con un medico e raccolta della storia familiare e individuale della persona, dei sintomi di abuso e di dipendenza; esami di laboratorio (test tossicologici) che rilevano la presenza dei farmaci in sangue, urina e saliva; esami strumentali, che vanno ad integrare il quadro complessivo per studiare le conseguenze dell’uso della sostanza sui diversi organi.
Come le altre dipendenze, anche quella da farmaci è curabile, ma il percorso è lungo, a causa della natura cronica e recidivante del problema, caratterizzato da frequenti ricadute.
La disintossicazione da oppioidi prevede l’utilizzo di farmaci specifici, come il naxolone, che inverte rapidamente gli effetti da overdose e ripristina la respirazione in chi ha smesso di respirare, e il metadone e la buprenorfina, che agiscono sugli stessi recettori cerebrali degli oppioidi, ma con minore intensità e più a lungo, non producendo gli effetti della dipendenza e permettendo al corpo di eliminare la sostanza tossica in circolo. Il naltrexone, inoltre, evita le ricadute dopo una completa disintossicazione.
Per quanto concerne sedativi e stimolanti, non esistono farmaci approvati che aiutino a disintossicarsi. È necessario diminuire gradualmente la dose, senza una interruzione drastica, che avrebbe come conseguenza una severa sindrome d’astinenza, senza apportare alcun miglioramento. Va ricordato, inoltre, che molto spesso si abusa di sedativi in concomitanza con alcol o oppioidi.
La disintossicazione fisica va supportata da un percorso di psicoterapia di tipo cognitivo-comportamentale individuale, familiare o di gruppo, che aiuti a modificare il modo di pensare e il comportamento patologico, fornisca risorse per gestire il craving ed evitare probabili ricadute, aiuti ad individuare attività costruttive e gratificanti, migliori le relazioni sociali.
Riconoscere tempestivamente un abuso di farmaci permette di evitare l’insorgere di una dipendenza psico-fisica vera e propria. Come sempre, quindi, la miglior cura è la nella prevenzione.
Quindi, quando si assumono farmaci pere lungo tempo, risulta fondamentale attenersi scrupolosamente alle indicazioni della prescrizione, informare il medico di eventuali altri farmaci o integratori assunti in concomitanza, non interromperne bruscamente l’assunzione, non variare le dosi senza consulto medico, non associare ai medicinali prescritti alcol o sostanze illegali, non utilizzare prescrizione di altra persona.
Sarebbe auspicabile, poi, maggiore attenzione da parte dei medici di base e professionisti della salute mentale nel prescrivere psicofarmaci per lunghi periodi e una più capillare informazione riguardo i rischi derivanti da un abuso degli stessi.
FONTI:
– www.thewomhealty.it
– www.aboutpharma.com/sanita-e-politica/ieud-aumenta-labuso-e-la-dipendenza-da-psicofarmaci-a-causa-di-covid-19