LA FORMA DEL VUOTO – 6 SETTEMBRE 2020
Lo scenario è desolante. La deriva ambientale, sociale e culturale va oltre il più bieco pessimismo. E impone una reazione.
Sovvertire il trend involutivo è ancora possibile, ma serve la cooperazione dei tutti. Ora, più che in passato, è indispensabile risvegliare le coscienze dei disillusi, dei disfattisti e dei nichilisti. Occorre spiegare lo sguardo all’orizzonte, oltre i confini del proprio mondo, e concedere parte del tempo a diposizione alla cura dell’altro, che finisce sempre per essere anche cura di sé. Perché l’attenzione riservata alla famiglia o al lavoro è dispersa se a circondarla è il nulla.
Dopo il Novecento, l’incontrollato progresso tecnologico e un dinamismo sociale scomposto si sono rivelati deleteri per lo sviluppo sostenibile domestico e mondiale.
Ciò è potuto accadere soltanto perché la politica ha abdicato al proprio ruolo, consentendo che le ragioni dell’economia e del mercato prendessero il sopravvento e ammettendo una globalizzazione senza rotta, agenda o progettualità. La dinamica è la stessa a livello nazionale e sovranazionale; anche l’Europa ha dismesso la propria originaria funzione, per comporre un’azione comune indifferente alla varietà di equilibri e alla diversità delle identità che la compongono e delle problematiche che invocano soluzione nei singoli Stati.
Le forze politiche che si sono avvicendate negli ultimi anni non sono state in grado di colmare il vuoto pregresso, di intercettare il disagio dei più e di conservare la rappresentanza della classe operaia. Le iniziative delle categorie in difficoltà non sono state incentivate, ma mortificate. Da qui, la sofferenza comune a tutti i lavoratori.
Il concetto di equità sociale non ha più contenuto. I guadagni milionari di sportivi e gente dello spettacolo non sono riservati anche a chi, per mestiere, salva le vite umane. Una pressione fiscale troppo aggressiva stringe in una morsa la libera iniziativa economica, a discapito di imprenditori e lavoratori dipendenti. Liberi professionisti sono costretti a rinunciare alla propria attività. Il debito pubblico è una voragine che lascia scampo.
All’altare della ricchezza si sacrifica la qualità della vita di tanti. Nella direzione del massimo sfruttamento possibile delle risorse naturali e umane, la politica statunitense rimette in discussione il patto ambientale, che non riguarda un solo Paese o un solo Popolo, ma serve la sopravvivenza del pianeta. Anche le scelte di politica europea, non ultima quella secessionista della Gran Bretagna, sono indotte dal miraggio di un presto arricchimento.
La patrimonializzazione dello ‘star bene’ è retta dalla miopia di chi non si avvede che ciò che è economicamente conveniente, l’efficientismo e la razionalità economica non sempre rispondono a equità, solidarietà e merito.
Meritocrazia Italia punta a un ribaltamento della gerarchia dei valori in essere, per restituire rispetto al disegno costituzionale. Riporta l’Uomo al centro di ogni riflessione.
Questo recupero del piano di legalità sembra avere del rivoluzionario in un contesto in cui, al netto di pochi slogan accattivanti, al centro dell’attenzione politica è sempre e solo la crescita del prodotto interno lordo. Quasi fosse questo il misuratore del benessere del Popolo.
Nella battaglia dei valori, la forza di Meritocrazia sta nell’umiltà con la quale persegue l’obiettivo, nell’altruismo dell’azione quotidiana, nella promessa di verità e coerenza. Non cede alle lusinghe del potere, che non dà la felicità personale e mortifica il senso civico. Il Paese merita serenità di vita, serietà di programmazione e verità. Merita partecipazione consapevole. Merita giustizia e non giustizialismo, verso un più dignitoso equilibrio sociale. Merita Istituzioni capaci di dar garanzia ai diritti fondamentali.