LA GIUSTIZIA IN CAMPANIA

LA GIUSTIZIA IN CAMPANIA

Tra tempi biblici e arretratezze strutturali

Processi e indagini preliminari che durano troppi anni, intercettazioni che costano annualmente più di 12 milioni di euro e che, in diversi casi, come per le intercettazioni a strascico, finiscono per essere dichiarate inutilizzabili. Lentezza burocratica, difficoltà nei processi di digitalizzazione e criticità connesse all’edilizia giudiziaria sono soltanto alcune delle spine nel fianco di una giustizia – quella italiana – in cronico affanno.

L’Italia, da sempre terra di cultura e tradizioni, patria del diritto, presenta un sistema giudiziario inefficiente e, sotto il profilo amministrativo, ben lontano dai crismi di buon andamento ed imparzialità degli uffici giudiziari.

Le note criticità sono il riflesso di quelle serpeggianti in maniera più o meno evidente nelle realtà territoriali regionali e in esse, talora, assumono connotati parossistici.
In particolare, nel territorio campano, il sistema giudiziario – oltre a presentare le ataviche criticità legate alle carenze di personale, ai ritardi nei processi di informatizzazione, all’edilizia giudiziaria – primeggia per i grandi numeri, quelli che caratterizzano sia la mole di processi che i tempi di durata degli stessi.
Qui la domanda di giustizia è notevole per via di un elevato numero di contenziosi civili e per la presenza di un alto tasso di delinquenza, mentre i tempi di definizione dei processi sono spesso biblici sia per le carenze di organico che per quelle di dotazioni strumentali e digitali.

Il primato, quanto a durata dei processi, sembra essere detenuto dal Tribunale di Vallo della Lucania, che, complice la carenza di magistrati e cancellieri, conta circa 1.500 procedimenti pendenti per ogni ruolo per ciascuno dei dodici togati della pianta organica cilentana e “vanta” il processo più lento su tutto il territorio nazionale, con una causa per questioni ereditarie che risale all’anno 1966, ad oggi non ancora definita con sentenza. Per gli uffici del giudice di pace, poi, il percorso di telematizzazione è ancora lontano nonostante la mole di contenziosi, dove si registrano rinvii nell’80% dei casi e hanno tempi molto lenti spesso anche per le iscrizioni a ruolo di nuove cause. Il processo di innovazione non è neppure ancora in fase di avvio. In più, da un lato, c’è la fissazione di un tetto massimo di dieci cause che possono essere trattate da ciascun giudice, con il sistematico rinvio delle restanti che rappresentano anche l’80%; dall’altro, si registrano ritardi nelle iscrizioni a ruolo delle nuove cause o, in caso di pronta iscrizione, le prime udienze slittano e vengono fissate in un futuro incerto.

Il primato, quanto a tempi di fissazione della prima udienza, sembra essere stato conseguito proprio qualche giorno fa dall’Ufficio del G.d.P. di Napoli. Il caso è quello di un napoletano che per ben diciotto anni ha atteso di veder celebrata la prima udienza istruttoria di un giudizio intentato contro l’Amministrazione per un pacco mai recapito e distrutto (contenente giocattoli per i figli, lettere e fotografie per l’amata, ricordi e oggetti con valore soprattutto affettivo, spediti dal carcere di Secondigliano dove all’epoca, vent’anni fa, l’attore era recluso). Il paradosso è che, visti i tempi occorsi per la sola fissazione della prima udienza, ora saranno maggiori i danni dovuti dallo Stato, in base alla legge Pinto, per il ritardo della giustizia, rispetto a quelli in concreto subiti dall’attore per il mancato recapito del pacco in sé.

Anche nelle isole, Capri, Ischia e Procida, la giustizia arranca per mancanza di personale.
A Capri, senza un cancelliere in pianta stabile e con il decesso dell’unico dipendente in servizio all’ufficio del Giudice di Pace, a inizio anno è stato necessario trasferire temporaneamente l’ufficio a Napoli.
Ischia è sede distaccata del Palazzo di Giustizia di Napoli, che da sei anni viene tenuta in vita a forza di proroghe (fino al 31 dicembre 2022 secondo l’ultimo Decreto Milleproroghe): qui, delle undici unità di personale amministrativo previsto, ne risultano in servizio quattro e nemmeno tutte stabilmente, perché due sono applicati da altri uffici giudiziari, e siccome manca un funzionario giudiziario, sostituito solo per brevi periodi da cancellieri inviati da Napoli, si registra un ritardo notevole nella definizione dei processi, nella pubblicazione delle sentenze, nel pagamento dei giudici e in vari altri adempimenti.
A Procida, infine, nel settore penale ci sono 25 procedimenti pendenti, ma i tempi di definizione sono lunghi perché presso l’Ufficio del Giudice di Pace non è presente un giudice titolare ma ci sono giudici che si alternano di sei mesi in sei mesi con tutti i disservizi che questa alternanza comporta. E addirittura, come emerge dall’ultima relazione del presidente del Tribunale, «l’ufficio è ancora in attesa di due computer e di uno scanner richiesti da tempo».

La crisi emergenziale, infine, ha messo semplicemente a nudo questo immenso disagio, relegando la giustizia a Cenerentola della pubblica amministrazione anche nelle realtà giudiziarie più grandi.

A Napoli, per esempio, in Tribunale non si possono regolarmente celebrare i processi perché l’edificio, sviluppato in verticale, ha mostrato tutta la sua vulnerabilità soprattutto in questo periodo. Si è tentato di sopperire con la fissazione di udienze a trattazione scritta.
Inaccettabile la situazione con riguardo ai procedimenti penali in Tribunale e di fronte ai Giudici di pace, sia civili che penali. Nel penale, infatti, i canali telematici poco si adattano alla necessità di svolgere le attività di persona e, comunque, si registrano serie difficoltà per fissare un appuntamento con gli Uffici o per essere ricevuti per gli adempimenti. Tutto ciò ha portato al giudice monocratico napoletano un arretrato di oltre 34 mila pendenze.
Da ultimo ha poi destato scalpore e indignazione, l’imposizione di una tassa agli avvocati penalisti per accedere alle cancellerie del settore dibattimentale del Tribunale di Napoli allo scopo di conoscere il rinvio di un’udienza. Provvedimento questo sospeso dopo l’eco mediatico che ne è derivato e le proteste dalle Camere penali.

E’ ormai chiaro a tutti che la giustizia in Campania (ma non solo!) sconta mali atavici che allungano a dismisura i tempi del processo, arrivando a una vera e propria denegata risposta alle richieste di tutela dei diritti da parte dei cittadini, soprattutto di quelli meno abbienti.

E’ fondamentale procedere da subito con interventi atti

– a snellire i procedimenti giudiziari mediante la digitalizzazione di quelli pendenti innanzi gli uffici del G.d.P. e l’implementazione di quelli penali. Avuto riguardo a quest’ultimo rilievo, si auspica un’assimilazione del processo penale telematico a quello civile che, a differenza di quello penale, consente agli operatori del settore di prendere visione ed estrarre copia degli atti processuali e dei provvedimenti giudiziari in tempo reale, all’atto del deposito. In tale prospettiva, non possono assurgere a motivi ostativi ragioni discendenti dalla segretezza che connota il processo penale atteso che se ciò assurge a verità per la fase delle indagini preliminari, non altrettanto è a dirsi per la fase successiva all’esercizio dell’azione penale;

– a programmare e attuare una riforma organica che porti alla semplificazione e riconduzione ad unità della normativa esistente. Ad oggi sono in vigore tante norme, circa tredicimila tra i settori della giustizia penale, civile, amministrativa e tributaria (una selva normativa, fatta di leggi, regolamenti e decreti nati troppo spesso più sull’onda dell’emergenza del momento che in un’ottica di sistema);

– a implementare le risorse umane e strumentali degli uffici giudiziari.



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