LA GIUSTIZIA OLTRE IL GIUSTIZIALISMO
A garanzia dei diritti
La contrapposizione tra le due culture, del primato delle garanzie e dei diritti dei singoli, quella ‘garantista’, e del primato del potere punitivo dello Stato, ossia quella ‘giustizialista’, ripercorre l’intera storia del diritto.
Con il termine ‘garantismo’ si indica quel sentimento secondo il quale la priorità è assicurare il rispetto dei diritti individuali e delle garanzie costituzionali poste a tutela dell’essere umano. In ambito giudiziario, questo richiama all’osservanza delle garanzie processuali e sostanziali per indagati e imputati, con il fine ultimo di assicurare il diritto alla difesa e all’equo processo.
Per contro, il termine ‘giustizialismo’ è usato per definire l’intenzione di chi, per convinzione personale o per dar voce all’opinione pubblica, esprime l’ansia di affidare alla giustizia chi si è reso colpevole di reati.
Nella costante tensione tra queste due anime, ciò che risulta evidente è che, nel corso della storia e a partire dal periodo tardo medioevale, dai Codici liberali del 1865 al Codice del 1930, fino a quello del 1988, il contrasto tra la potestà punitiva statale e i diritti inviolabili del singolo si ripropone secondo equilibri diversi.
Nel periodo fascista, il Ministro Rocco sosteneva che la presunzione di innocenza fosse frutto di un «sentimentalismo aberrante e morboso, che tanto aveva indebolito la repressione e favorito il dilagare della criminalità». E ancora, nel 1939, altro giurista, Maggiore Giuseppe, auspicava l’abbandono del principio dell’«in dubio pro reo», a favore del principio dell’«in dubio pro republica».
L’atteggiamento di oggi emerge dalla cronaca quotidiana, pronta ad alimentare odio e bisogno di rivalsa nei confronti dell’altro. L’indagato sconta spesso una inesorabile condanna sul piano mediatico prima di ogni eventuale condanna sul piano giudiziario.
Con amarezza, si costata che parte della politica cavalca l’onda del malcontento fomentando una richiesta di giustizia sociale che, in un contesto sensazionalistico, travalica i limiti del garantismo, assumendo le forme del giustizialismo estremo, utile ad avere la meglio sull’avversio in campagne elettorali perenni.
Pure è dato ascoltare discorsi nei quali il diritto di difesa è descritto come ostacolo all’ordinato iter giudiziario, oppure si fa della prescrizione un privilegio di pochi.
La legittima voglia di verità e l’insofferenza per le ingiustizie sono alla base di una richiesta indiscriminata di condanna. Vincono le convinzioni soggettive di ciò che è bene e di ciò che è male. In un finto moralismo, che altro non è che la sopraffazione dell’etica.
Si afferma un ‘diritto penale del nemico’, che risponde logiche di vendetta, rivolta e desiderio di annientamento di un presunto avversario, a scapito della verità e della giustizia.
L’effetto gravissimo è la distruzione della vita dei singoli, relazionale e professionale. La mortificazione delle aspirazioni, delle opportunità di realizzazione di sé.
In questo quadro, il garantismo torna a essere barriera contro l’onda punitiva della voce popolare e di un giornalismo che spesso tradisce la sua funzione e interferisce con il sereno esercizio della funzione giudiziaria, per il riscatto delle libertà individuali e collettive, contro sanzioni eccessive e arbitrarie.
Le garanzie processuali, da ripristinare con una riforma seria e di sistema, diventano baluardi contro il libero arbitrio del giudicante e soprattutto contro il condizionamento dell’opinione pubblica, utili sia alla ricostruzione della verità processuale.
Il faro della presunzione di innocenza deve orientare l’attività processuale, dalle indagini preliminari fino alla sentenza di Cassazione, ripristinando il sentimento della Legalità oltre l’odio e le distrazioni mediatiche. In questo, utile sarebbe una modifica della Carta costituzionale con introduzione del principio dell’«oltre ogni ragionevole dubbio». Essenziale anche una revisione dei mezzi di ricerca della prova e delle misure cautelari e custodiali, per riportare il processo penale allo scopo proprio di accertamento del fatto e sottrarlo alle storture che lo hanno nel tempo trasformato in mezzo di lotta e repressione.
Ma, a monte, occorre promuovere una vera Rivoluzione culturale, grazia a una nuova classe politica che, proiettata allo studio, al sacrificio e all’impegno, sappia riacquistare credibilità e fiducia. Coraggiosa, perché capace di mettere in discussione le proprie idee, alla ricerca della verità.
Il garantismo non è una scelta, una tra le opzioni possibili, ma è modello unico a cui uniformare l’andamento corretto della gestione dell’ordinamento giudiziario, nel rispetto del piano di legalità costituzionale.