La nostra Storia dipende da Noi
Sarebbe bello se qualcuno ci dimostrasse che siamo in errore quando riscontriamo tutte le storture del nostro tempo. Meraviglioso sarebbe se la deriva sociale e il disagio relazionale fossero soltanto l’errata percezione di persone troppo ambiziose o sognatrici.
Vorrebbe dire che potremmo dirigere altrove tutti gli sforzi che invece mettiamo nel progetto e che, alla fine, va tutto bene, che l’ambiente non sia in continuo pericolo, che occuparci solo di noi stessi e ignorare i bisogni dell’altro è giusto.
La verità è che il senso di umanità sta cedendo il posto al virtuale. L’intelligenza artificiale sembra destinata a rimpiazzare i talenti, anche quelli sportivi che oggi sanno tanto di autentico, catturano e affascinano. Si perde la voglia di vivere il sacrificio degli allenamenti, lo stesso che porta alla gioia per la vittoria e all’amaro per la sconfitta.
E tutto questo nella più generale indifferenza.
Ognuno si preoccupa di coltivare il proprio orticello, le proprie ambizioni personali. Chiudendo gli occhi al disastro che si consuma tutto intorno.
Ho letto di recente un libro di Michael Bailey, sulla storia di un giovane rinchiuso nel braccio della morte di una prigione americana. Voleva togliersi la vita, dandosi fuoco in una chiesa, ma causò soltanto la morte di altre persone. Morirono tutti i presenti, tranne lui e una giovane. Continuò a vivere, ormai privo della libertà e comunque condannato alla pena capitale, nello struggimento per il proprio gesto sconsiderato. Voleva far male a se stesso, e invece aveva causato morte e sofferenza nelle vittime e nelle loro famiglie, che nulla avevano a che fare con i drammi della sua esistenza.
Philip Roth, in più scritti, dipinge esattamente la realtà di un mondo svogliato, capace di accettare supinamente qualunque cosa, pronto a battersi solo per il superfluo.
È di qualche giorno fa la notizia che una delle case farmaceutiche più in auge in tempo di pandemia abbia deciso di fare un passo indietro e di ritirare i propri vaccini dal mercato. Neppure questo ha catturato l’attenzione. Nessuno che si sia indignato chiedendo verità.
Nessuno che scenda in strada per manifestare contro le prepotenze delle poche lobby che controllano il mercato dell’energia. Nessuno che si preoccupi davvero per il processo di desertificazione ormai avanzatissimo anche sul nostro territorio.
Per molti sarebbero solo battaglie inutili. Come inutile sembra ricavare un po’ del tempo a disposizione per aiutare l’altro.
Per risolvere i problemi comuni, o almeno per tentare di fare la propria parte, è necessario sporcarsi le mani e imparare a guardare il disagio da vicino, anche avvicinandosi a realtà all’apparenza lontane o non perfettamente rispondenti ai personali interessi.
Il contatto con gli altri, con persone nuove e diverse, arricchisce moltissimo e fa scoprire delle cose anche di sé. Fa scoprire che non ci sono vite più semplici delle altre. Ci sono alti e bassi per tutti. Momenti positivi e momenti (anche molto) negativi. E si impara così a evitare invidie e gelosie, e a condividere di più.
Alla fine, dicevo all’inizio, c’è da sperare di avere torto.
Nel frattempo continuiamo a combattere l’unica battaglia per la quale vale davvero la pensa sacrificarsi. Quella per la salvezza. Di sé, delle relazioni umane, del Pianeta. L’unica battaglia che merita le nostre energie.
Recuperiamo il coraggio e l’audacia di Robespierre, Churchill, Moro, De Gasperi, Mandela, Maria Teresa di Calcutta, Martin Luther King, Napoleone Bonaparte. Cogliamo l’insegnamento della Storia, che, nei momenti più complessi, ha aperto alle più importanti rivoluzioni.
Cerchiamo di essere davvero differenti, come diciamo di voler essere. Con le opere. Non con i proclami.
Facciamo uno sforzo in più e, negli affanni delle nostre giornate, ricaviamo qualche minuto da regalare alla causa comune.
La nostra storia dipende da Noi.