LA PERFORMANCE TRA PUBBLICO E PRIVATO

LA PERFORMANCE TRA PUBBLICO E PRIVATO

Quali punti di incontro?

L’articolo vuole evidenziare come, in relazione al tema d’analisi, i contesti pubblico e privato sono paragonabili a due rette parallele che si avvicinano costantemente ma che, al momento, non trovano un punto d’incontro.

Il comparto privato presenta delle peculiarità che non possono essere meccanicamente esportate nel pubblico e viceversa. In riferimento specifico alla valutazione della performance delle risorse umane, tra i due ambiti emergono molteplici asimmetrie, sebbene, nel corso del tempo, siano state compiute delle sperimentazioni più o meno apprezzabili di accostamento.

Il settore privato utilizza modelli di gestione e valutazione del personale avanzati e differenziati sulla base di più variabili, tra cui la dimensione dell’impresa, il posizionamento, il settore produttivo di appartenenza, sviluppando un mercato del lavoro che si nutre sulla base dei fabbisogni e della composizione della domanda.

La Pubblica Amministrazione, arrivata tardi alla consapevolezza della valutazione quale fondamentale impulso per la gestione e l’organizzazione del personale, avverte la necessità di misurarne l’efficacia e l’efficienza, in termini di risultati conseguiti, e gli obiettivi raggiunti, rispondenti alla sua missione istituzionale che si concretizza nell’erogazione di servizi al cittadino. Sta di
atto che nelle diverse pubbliche organizzazioni, che adottano ed aggiornano annualmente, previo parere vincolante dell’Organismo Indipendente di Valutazione (OIV), il sistema di misurazione e valutazione della performance organizzativa ed individuale, ad oggi, si registra un sistema non pienamente condiviso, visto come uno strumento in corso di sperimentazione, che si muove al passo con l’evoluzione e la modernizzazione dell’amministrazione stessa.

E’ da considerare come, già precedentemente alla Riforma Brunetta, almeno sulla carta, vi siano stati anche nel contesto delle pubbliche amministrazioni tentativi di sperimentazione di metodologie e sistemi simili a quelli adottati nel mondo privato. Nella PA attualmente sono ancora utilizzati stili di gestione uniformi ed omogenei per qualsivoglia settore di riferimento, che sacrificano le specificità dei diversi ambienti di lavoro e frenano il contatto con altre realtà, chiari indici di refrattarietà all’adozione e all’integrazione dei criteri innovativi sperimentati dal settore privato.

L’economia privata fonda la sua esistenza su un circuito di mercato nel quale e il consumatore stesso a dettare il successo o l’insuccesso di un’azienda, inducendo le organizzazioni ad impostare la loro azione in termini di risposta ai suoi bisogni. Gli effetti di un eventuale insuccesso ricadono inevitabilmente sulle risorse umane da cui discende il lavoro impiegato per realizzare l’output finale; in questo circuito l’economia di mercato investe implicitamente sulla valutazione della qualità della prestazione erogata da quanti operano nell’azienda.

Nel mondo pubblico, caratterizzato da situazioni di monopolio, vi è una sostanziale assenza di logica di mercato. Ciò che manca è la presenza di una concorrenza tale da indurre comportamenti altamente performanti delle risorse umane che vi operano, come reazione al timore dell’insuccesso e della correlata perdita economica. Proprio dalla mancanza di un giudizio valutativo di tipo implicito, imposto direttamente dal mercato, dovrebbe discendere la fondamentale importanza nei contesti pubblici, ancorché in quelli privati, della presenza di un valido sistema di misurazione e valutazione della performance del personale.

Inoltre, l’attività di contrattazione collettiva con cui si esplica il confronto tra datore di lavoro e rappresentanti dei lavoratori, che nel settore privato costituisce il motore della maggior parte delle innovazioni nel mondo del lavoro, nella PA appare notevolmente depotenziata, nel suo ruolo e nelle sue finalità, a causa di alcuni fattori che limitano fortemente il confronto tra le parti, tra cui le scarse risorse a disposizione per il rinnovo dei contratti, limitate e definite a priori, a differenza del mondo privato in cui l’attività negoziale si fonda proprio su tale allocazione.

Risulta evidente come questo limite economico possa avere negative ripercussioni sull’efficacia dei sistemi di valutazione nei contesti pubblici, poiché il fatto di avere poche risorse a disposizione produrrà cospicue limitazioni nell’erogazione di premi ed incentivi volti a promuovere l’impegno e il miglioramento della prestazione del dipendente; al contrario, porta, invece, ad una distribuzione uguale per tutti che non tiene conto del merito.

Di conseguenza, un ulteriore fattore che impedisce la convergenza tra i due contesti e dato dall’insufficiente comprensione nel settore pubblico del valore aggiunto che un sistema di valutazione delle performance può avere se correttamente implementato, in termini di benefici e di effetti positivi che esso può comportare sul clima organizzativo e sulla sfera motivazionale della singola risorsa, attraverso l’adozione di incentivi premianti che incidono sulla retribuzione e sulle progressioni di carriera.

Inoltre, se nel settore privato la gestione e la valutazione delle risorse umane sono curate da personale preposto a tal fine, formato e costantemente aggiornato sul tema della valutazione, ciò non avviene nel campo pubblico, dove proprio gli incaricati di tale compito, figure dirigenziali apicali, non sono adeguatamente preparati per un corretto adempimento dello stesso.

A differenza che nel privato, che privilegia un approccio di tipo aziendale, nelle organizzazioni pubbliche la scelta valutativa si basa, anziche sulle esigenze e caratteristiche dell’ente, sull’ossatura normativa di riferimento in ossequio al cosiddetto approccio giuridico. Un altro handicap ravvisabile in tale contesto, e costituito dall’eccessiva incidenza del sistema burocratico che pervade tutti gli ambiti del pubblico settore: esso tende a diffondere la cultura dell’impersonalità, attraverso comportamenti che
depotenziano la valutazione, per far si che non emerga alcun elemento di soggettività. Il personale della p.a. opera, quindi, in un contesto oggettivo ed uniforme che indebolisce gli strumenti valutativi tanto da distorcerne le finalità.

A ciò si aggiunga che molte difficoltà che rischiano di acuire il divario fra pubblico e privato sono dovute all’utilizzo pratico ed operativo di un sistema di valutazione della performance che non prevede un coinvolgimento nel processo valutativo di tutti gli attori coinvolti, tra cui gli stessi valutati, e alla rigidità delle norme legislative, che comportano l’impossibilita di adattare perfettamente le metodologie ed il sistema valutativo alle caratteristiche organizzative e agli obiettivi impliciti di ciascun ente pubblico.

Tutte le suddette criticità insieme alla lenta modernizzazione della PA comportano che la valutazione assuma, nonostante gli auspici della riforma Brunetta, un ruolo marginale; tra esse vi è innanzitutto la ricorrente assenza di una valutazione quanti-qualitativa dei contributi apportati dai singoli dipendenti, giustificata dalla necessità di tutelare la neutralità del dipendente pubblico, difendendolo da giudizi che potrebbero ledere i suoi diritti o incidere negativamente sulle sue azioni.

Più in generale, preme evidenziare che un corretto funzionamento del sistema di valutazione del personale non potrà mai prescindere da ingenti e continui investimenti in termini di risorse e competenze, dall’accettazione del sistema stesso, dalla diffusione e dalla condivisione di una “moderna” politica della performance, anche a rischio di stravolgere qualche caposaldo del sistema.
Di CATIA SCIGLIANO



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